LE RISPOSTE DEI CANDIDATI LEADER // Molti italiani parteciperanno il 14 ottobre alla elezione del leader e dell’Assemblea Costituente del Partito democratico. La competizione fra più candidati, differenti per personalità, storia, esperienze e programmi, rende vero questo importante momento di democrazia. Il libero confronto delle idee definirà l’identità del PD, sulla base delle scelte che verranno compiute dai democratici italiani. Vi sono tuttavia principi fondamentali e scelte fondanti, sui quali pensiamo che il PD debba trovarsi unito, perché costituiscono elementi essenziali della sua identità. Su questi principi e su queste scelte pensiamo sia giusto chiedere ai candidati alla leadership un impegno comune.I sottoscrittori di questa lettera aperta non sostengono tutti lo stesso candidato alla leadership del PD. Alcuni fra noi forse non voteranno neppure per il nuovo partito. Ma vogliamo porre tre questioni sulle quali tutti noi riteniamo importante, per la democrazia italiana, che il PD faccia una scelta chiara ed esplicita. E sulle quali ci permettiamo dunque di chiedere ai candidati una presa di posizione netta, solenne ed impegnativa.
La prima riguarda la Costituzione, i suoi principi e valori fondamentali, e le istituzioni repubblicane. La Costituzione è il presidio delle libertà e dei diritti di tutti i cittadini e dei valori fondamentali della collettività italiana.
Ristabilire il principio della supremazia, certezza e stabilità della Costituzione – mettendo fine a una stagione di riforme di parte, imposte a colpi di maggioranza – è il primo impegno che l’Unione ha assunto nel suo programma elettorale del 2006. I diritti, le libertà, le regole democratiche, le istituzioni sono di tutti. Non devono essere alla mercé dei vincitori delle elezioni, non possono far parte del loro “bottino di guerra”. Perciò il centrosinistra si è solennemente impegnato non solo a combattere la controriforma costituzionale approvata nel 2005 dal centrodestra, ma anche a “mettere in sicurezza” la Costituzione; a dare priorità a una revisione dell’articolo 138 della Carta che elevi la maggioranza necessaria per l’approvazione di leggi di riforma costituzionale. E si è impegnato a rispettare, nella pur necessaria e coraggiosa azione di ammodernamento delle nostre istituzioni, i principi, i valori, l’impianto fondamentale della Costituzione repubblicana. Le molteplici esperienze delle grandi democrazie parlamentari europee – dalla Gran Bretagna alla Germania, dalla Spagna alla Svezia – mostrano come possano costruirsi soluzioni innovative capaci di migliorare il funzionamento delle nostre istituzioni democratiche senza travolgere i principi della Carta del 1948.L’impegno a difendere e “mettere in sicurezza” la Costituzione ha trovato conferma e conforto nel referendum del 25-26 giugno del 2006, col quale una larga maggioranza degli italiani ha respinto la controriforma imposta a colpi di maggioranza dal governo Berlusconi.
Ma sulla questione, in questi primi mesi della legislatura, sembra essere calato una sorta di imbarazzato silenzio. Ribadiscono questo impegno i candidati alla guida del PD? Ne faranno una scelta qualificante e prioritaria del Partito democratico? Garantiscono che ogni azione sarà intrapresa perché una revisione dell’articolo 138 che ponga la nostra Costituzione (e dunque i diritti e le libertà dei cittadini) al riparo dall’arbitrio delle maggioranze del momento venga approvata prima che questa legislatura abbia termine?…
La seconda questione riguarda l’etica pubblica, il ruolo della politica, il rapporto tra politica ed affari, il rigoroso rispetto della legalità. La politica non è un affare, ma un servizio alla società, che comporta la capacità di progettare e di decidere, l’assunzione di responsabilità prima ancora che di potere. Gli affari sono, e devono sempre restare, un’attività privata, lecitamente perseguita dai privati all’interno delle regole stabilite, ma non devono interferire con la politica, né devono subire interferenze politiche. La politica fissa le regole; si assicura che arbitri imparziali le facciano rispettare; non prende parte al gioco degli affari. Su questo terreno, incertezze e ambiguità di comportamenti, anche nelle fila del centrosinistra, hanno alimentato il malessere e la disaffezione dalla politica che minaccia la democrazia italiana. Alle radici dell’antipolitica c’è l’impressione diffusa che la necessità di far sopravvivere e alimentare gli apparati di partito appiattisca spesso la politica nella gestione del potere, nell’occupazione partitica di ogni spazio istituzionale, mediatico, aziendale, professionale, nella complicità con corporazioni e lobbies, nella subalternità delle scelte pubbliche a interessi privati, nella commistione fra politica e affari, nella disinvolta elusione di principi etici e leggi civili e penali.Nel nuovo partito deve essere rafforzata e presidiata con attenzione ed energia la linea di separazione fra politica e affari.
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