La riforma prevede la riscrittura dell’articolo 117, comma 4. “Spetta alle regioni la potestà legislativa esclusiva nelle seguenti materie:
a.assistenza e organizzazione sanitaria;
b.organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l´autonomia delle istituzioni scolastiche;
c.definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
d.polizia amministrativa regionale e locale;
e.ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”. (Art. 39 Riforma).
Questa formulazione coinvolge materie relative a “diritti fondamentali” come la salute, l’istruzione e la sicurezza. Per tali diritti le prestazioni garantite non possono essere diverse da regione a regione perché si violerebbe il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione e dall’art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale).
La “devolution” prevista dalla riforma smantella l’universalità dei diritti fondamentali, esaspera le disparità fra Nord e Sud, fra zone ricche e zone povere del Paese. Inoltre potrebbe avere influenza sulla situazione dei dipendenti pubblici dei settori interessati per i riflessi sulla legislazione del lavoro pubblico e per il rischio di una possibile messa in discussione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
Contrariamente a quanto affermano i sostenitori di questa riforma si finisce in tal modo perledere anche la Prima parte della Costituzione e il ripristino del c.d.
interesse nazionale (artt. 14 e 41 Riforma) da essi sbandierato risulta del tutto ininfluente ai fini dell’uniformità dei diritti.
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