Autonomia differenziata: in Senato il progetto di legge popolare contro il ddl Calderoli

25 Mag 2023

Questo contenuto fa parte di uno speciale Riforme

Pubblichiamo qui di seguito il ddl di iniziativa popolare per il quale sono state raccolte più di 105.000 firme, ora ufficialmente al vaglio del Senato della Repubblica. Anche i Circoli di Libertà e Giustizia hanno contribuito a un successo andato oltre le aspettative, con un numero di sottoscrizioni doppio rispetto alle 50 mila necessarie. Di questo ringraziamo tutti.
Il testo del progetto di legge – promosso dal Coordinamento per la democrazia costituzionale – intende modificare gli articoli 116, terzo comma, e 117, primo, secondo e terzo comma del Titolo V della Costituzione. L’obiettivo è l’introduzione una clausola di supremazia della legge statale e lo spostamento di alcune materie di potestà legislativa concorrente verso la potestà esclusiva dello Stato pr garantire che i diritti universali, dalla sanità all’istruzione, restino uniformi su tutto il territorio nazionale.  
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N. 764

Onorevoli Senatori. – L’accelerazione imposta sul tema dell’autonomia differenziata con l’avvio della XIX legislatura e le iniziative del Ministro per gli affari regionali e le autonomie Calderoli hanno portato all’attenzione della pubblica opinione un dibattito fin qui ristretto a pochi esperti e addetti ai lavori e mai giunto alla visibilità e alla chiarezza di un confronto nelle aule parlamentari.
Viene ora in evidenza che l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, introdotto con la riforma del titolo V del 2001, consente due letture, divergenti e persino in ultima analisi alternative.
La prima, restrittiva, è centrata sulla necessaria compatibilità delle « forme e condizioni particolari di autonomia » contemplate nella norma con il più ampio contesto costituzionale e, in particolare, con il principio di eguaglianza e l’unità della Repubblica.
La seconda, estensiva, privilegia il numero e la rilevanza strategica delle materie suscettibili di autonomia differenziata. Ed è ovviamente su questa seconda prospettiva che si radica l’opinione di un contrasto con i princìpi fondamentali della Costituzione. Il sopravvenire di autonomie differenziate in un Paese già segnato da devastanti diseguaglianze e divari territoriali è visto come un potenziale rischio e, per non pochi, una certezza che l’autonomia diventi sinonimo di separatezza e di rottura dell’unità del Paese.
L’opinione di una incompatibilità della autonomia differenziata così come oggi declinata con il più ampio contesto costituzionale non viene meno per la messa in campo di « leggi-quadro », comunque denominate, fino alla presentazione da ultimo dell’atto Senato n. 615, in discussione presso la 1ª Commissione permanente del Senato (Affari costituzionali). Una legge-quadro può offrire un framework normativo comune alla formazione di intese, ma non può – essendo legge ordinaria – porre argini giuridicamente insuperabili alle leggi speciali che, approvando le intese per le singole Regioni, determineranno quanta e quale autonomia viene attribuita a ciascuna di esse. Inoltre, come il dibattito ha bene chiarito, l’autonomia concessa in base a un’intesa stipulata e approvata con legge ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione è potenzialmente irreversibile e si sottrae persino al referendum abrogativo ai sensi dell’articolo 75 della Costituzione. È allora chiaro il rischio che dalla lettura estensiva del citato articolo 116, terzo comma, può venire alla coesione del Paese.
Né opinioni contrarie, dubbi e perplessità sono superati dalla previsione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per i diritti civili e sociali. Come è stato da più parti sottolineato, anche da ultimo nelle audizioni svolte nella 1ª Commissione permanente del Senato (Affari costituzionali) sul disegno di legge atto Senato n. 615, una significativa implementazione dei LEP in Regioni già appesantite da una spesa storica che ne aggrava i ritardi, evidenzia insostenibilità per il bilancio e indisponibilità di risorse. Più in generale, è chiaro che la concentrazione di risorse e funzioni sulle Regioni più forti toglie allo Stato poteri e risorse che sarebbero indispensabili per politiche pubbliche di riequilibrio territoriale ed eguaglianza nei diritti.
Va peraltro considerato che i rischi per l’eguaglianza e l’unità del Paese sussistono anche senza autonomia differenziata. L’esempio evidente è dato dalla salute, diritto fondamentalissimo. Il Servizio sanitario nazionale si è sostanzialmente dissolto, senza autonomia differenziata, solo in base all’attribuzione alle Regioni della potestà legislativa concorrente di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Le conseguenze sono state evidenti nella crisi per la pandemia da Covid-19. In altro campo, abbiamo visto la regionalizzazione in un settore oggi con certezza strategico come l’energia, per il settore idroelettrico. Lo stesso potrebbe avvenire per la scuola, il lavoro, le infrastrutture strategiche materiali e immateriali, e altro ancora.
Si rende allora evidente la ragione di un disegno di legge di iniziativa popolare di modifica degli articoli 116, terzo comma, e 117 della Costituzione, che, in base all’articolo 74 del regolamento del Senato, perverrà alla calendarizzazione in Aula. Si renderà in tal modo necessario che tutte le forze politiche prendano posizione e assumano responsabilità in ordine alle correzioni da introdurre nel titolo V riformato nel 2001.

Il disegno di legge ha quattro punti focali.

Il primo punto: riscrivere il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione anzitutto per cancellare il carattere pattizio tradotto nell’intesa. È il carattere pattizio che restringe l’attribuzione dell’autonomia alla trattativa di stampo privatistico tra la singola Regione e l’Autorità di governo competente in materia di autonomie, emarginando il Parlamento, e ne irrigidisce il regime giuridico risultante in una potenziale irreversibilità. Inoltre, va chiarito e rafforzato il legame necessario a specificità del territorio che giustifichino il regime differenziato. Va infine introdotta la possibilità di una verifica consentendo la richiesta di referendum nazionali sia approvativi che abrogativi delle leggi recanti le intese.

Il secondo punto: all’articolo 117, riformulare i livelli « essenziali » delle prestazioni in livelli « uniformi ». Si cancella in tal modo il concetto di una diseguaglianza costituzionalmente consentita e si ripristina una più corretta e piena implementazione del principio fondamentale di cui all’articolo 3 della Costituzione.

Il terzo punto prevede che, sempre all’articolo 117, vengano spostate dal catalogo delle competenze concorrenti di cui al terzo comma alla potestà esclusiva statale di cui al secondo comma alcune materie strategiche: la salute, la scuola, unitamente all’università e alla ricerca, il lavoro, ed ancora materie relative alla infrastrutturazione materiale e immateriale, o rilevanti sotto il profilo di diritti individuali, dell’eguaglianza e dell’efficienza complessiva del sistema Paese.

Il quarto punto propone, infine, l’introduzione di una clausola di supremazia della legge statale per la tutela dell’unità giuridica ed economica del Paese e dell’interesse nazionale, analoga alle clausole che si ritrovano anche nei sistemi federali in senso proprio, come gli Stati Uniti o la Germania.

La crisi sanitaria, economica e sociale derivante dalla pandemia ha posto in immediata evidenza le intollerabili diseguaglianze, accresciute progressivamente nel tempo e aggravate oggi dalla crisi, nel godimento di diritti fondamentali come la salute, l’istruzione, la mobilità, il lavoro. Si è segnalata da più parti la necessità di rafforzare il ruolo dello Stato a tutela dell’eguaglianza e dei diritti, con la formulazione e l’implementazione di politiche pubbliche forti finalizzate in ultima analisi a consolidare l’unità del Paese. L’urgenza di una iniziativa così indirizzata è in particolare sottolineata dalla necessità di attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza secondo le indicazioni e i tempi dati dall’Europa. Mentre una pericolosa spinta in senso contrario si ricava dalle persistenti richieste di autonomia differenziata avanzate da alcune Regioni.

In questo quadro, la proposta di riforma si volge alla modifica dell’articolo 116, terzo comma, e dell’articolo 117, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione.
Per l’articolo 116, terzo comma, alle Regioni possono essere attribuite « forme e condizioni particolari » di autonomia.
La modifica intende riportare il riconoscimento dell’autonomia differenziata a una condizione effettivamente diversa e propria del territorio interessato, senza lesione dell’interesse di altre Regioni. Si cancella la possibilità di autonomia differenziata oggi prevista nelle materie affidate alla potestà esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettere l)n) ed s): giustizia di pace, norme generali sull’istruzione e tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali). Si prevede che possano essere richiesti un referendum nazionale approvativo della legge attributiva dell’autonomia prima della sua entrata in vigore e un referendum abrogativo successivamente, entrambi oggi preclusi in base al testo vigente e alla giurisprudenza della Corte costituzionale. Si recupera infine flessibilità, cancellando la natura pattizia e lasciando il legislatore statale libero di adeguare le « forme e condizioni particolari » già riconosciute a esigenze diverse e sopravvenute che ne suggeriscano la revisione.

L’obiettivo della modifica proposta è consentire una limitata e giustificata variabilità dell’autonomia regionale, espungendo però gli elementi che la rendono potenzialmente pericolosa per l’unità del Paese. Si intende così anche porre un argine alle inaccettabili letture dell’autonomia differenziata che sono alla base delle richieste avanzate in specie da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
I commi primo, secondo e terzo dell’articolo 117 della Costituzione definiscono il quadro delle potestà legislative attribuite allo Stato e alle Regioni.
La modifica proposta introduce nel primo comma una clausola di supremazia della legge statale finalizzata alla tutela dell’interesse nazionale e dell’unità giuridica ed economica della Repubblica.
Nei commi secondo e terzo si propone una parziale ridefinizione del catalogo delle potestà legislative. Si segnala in specie nel secondo comma la modifica che affida alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la determinazione di livelli « uniformi » e non più « essenziali » delle prestazioni per i diritti civili e sociali. Si riportano in ampia misura alla potestà esclusiva materie come la sanità ed in particolare il Servizio sanitario nazionale, la scuola e l’istruzione a tutti i livelli, il lavoro e la previdenza, le infrastrutture materiali e immateriali di rilievo nazionale e di valenza strategica. La potestà legislativa concorrente attribuita alle Regioni rimane, ma senza la possibilità di derive che mettano a rischio l’unità e indivisibilità della Repubblica garantite dall’articolo 5.
Una modifica che chiaramente imputa al legislatore nazionale il potere e conseguentemente la responsabilità di formulare e attuare forti politiche pubbliche, oggi rese necessarie e urgenti dalla crisi sanitaria, economica e sociale derivante dalla pandemia.
L’obiettivo ultimo della riforma che qui si propone è introdurre un più saldo presidio per l’eguaglianza dei diritti in ogni parte del Paese, premessa necessaria per una effettiva unità.

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

(Modifica dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, in materia di autonomia differenziata)

1. All’articolo 116 della Costituzione, il terzo comma è sostituito dal seguente:

« Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e giustificate dalle specificità del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sentiti la Regione e gli enti locali interessati, nel rispetto dell’interesse delle altre Regioni e dei princìpi di cui agli articoli 117 e 119. La legge è sottoposta a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. La legge promulgata ed entrata in vigore può essere sottoposta a referendum abrogativo secondo le modalità e con gli effetti previsti dalla legge di attuazione dell’articolo 75 ».

Art. 2.

(Modifica dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione)

1. All’articolo 117 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:

« La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali. La legge dello Stato può disporre nelle materie non riservate alla legislazione esclusiva, comprese le materie disciplinate con legge regionale in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, quando lo richiede la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale. La legge regionale non può in alcun caso porsi in contrasto con l’interesse nazionale ».

Art. 3.

(Modifiche all’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, in materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato)

1. All’articolo 117, secondo comma, della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera e), dopo le parole: « sistema tributario e contabile dello Stato; » sono inserite le parole: « coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; »;

b) alla lettera i) è aggiunta, in fine, la seguente parola: « ; professioni »;

c) le lettere m)n) e o) sono sostituite dalle seguenti:

« m) determinazione dei livelli uniformi delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; tutela della salute e del Servizio sanitario nazionale; tutela e sicurezza del lavoro; scuola e università, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e universitarie, ricerca scientifica e tecnologica;

n) reti nazionali e interregionali di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti civili di rilievo nazionale e interregionale; reti e ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale e interregionale dell’energia;

o) previdenza sociale, previdenza complementare e integrativa; ».

Art. 4.

(Modifica dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di potestà legislativa concorrente Stato-Regioni)

1. All’articolo 117 della Costituzione, il terzo comma è sostituito dal seguente:

« Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; assistenza ed edilizia scolastica; istruzione e formazione professionale; sostegno all’innovazione per i settori produttivi; assistenza e organizzazione sanitaria; assistenza sociale; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile a carattere regionale; governo del territorio; porti e aeroporti civili di rilievo regionale e locale; tributi regionali e locali; valorizzazione dei beni culturali e ambientali di rilievo regionale e locale e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato ».

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