Intercettazioni/Felice Casson: L’ex pm “Le norme sulle telefonate ci sono già”

12 Apr 2016

Con i processi e le carte, Felice Casson, ha una certa confidenza. Prima come pm a Venezia, ora come senatore (iscritto al gruppo Pd, ma autosospeso dal partito) alle prese con la riforma del processo penale e la delega al governo sulle intercettazioni. E vista l’aria che tira -col premier Matteo Renzi schierato contro i “pettegolezzi” finiti sui giornali- quello che sarà scritto in quella delega conta parecchio.

Perché dice che quel testo è “quasi incostituzionale”?

La Carta dice che si può delegare la funzione legislativa al governo purché ci siano principi e criteri direttivi. Io qui non ne vedo. La delega è troppo generica: si vuole impedire la pubblicazione delle conversazioni irrilevanti. Ma come? Bisogna specificarlo.

La riforma del processo penale affronta questioni che dividono la stessa maggioranza, come la prescrizione. Teme sarà complicato?

Dipenderà da come si muoveranno le forze politiche, da quanti emendamenti presenteranno. Detto questo, sul tema delle intercettazioni, non escludo di sentire i procuratori che hanno emanato delle circolari sul tema.

Lo hanno fatto a Torino, Roma, Napoli.

Tutti dimostrano che le norme in questa materia già ci sono, basta che vengano applicate. Quelle circolari non fanno elucubrazioni, ma dipingono la situazione normativa vigente. Sono quasi delle scalette, un vademecum per polizia giudiziaria e magistrati.

Nessuna innovazione?

Lo stralcio delle telefonate irrilevanti esiste da anni e ci sono magistrati che lo dispongono da sempre. Poi c’è anche chi si è comportato in maniera diversa. Ma ci sono strumenti per intervenire nei confronti di chi non rispetta le norme.

 Vale anche per i giornalisti?

Si, anche se qui c’è un aspetto ulteriore di cui tenere conto: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già condannato paesi, come la Francia, che hanno processato giornalisti limitando il loro diritto/dovere di informare e quello dei cittadini di conoscere.

 Renzi dice che in molti casi si tratta di “pettegolezzi”.

Ci sono intercettazioni, anche penalmente irrilevanti, che hanno un rilievo pubblico notevole. E nel caso di reati come quelli al centro dell’inchiesta di Potenza (traffico di influenze, ndr) è previsto che ci siano specifici approfondimenti sui rapporti personali. Che diventano essenziali se dovessero esserci reati di tipo associativo. Solo i magistrati lo possono valutare.

 Il premier ha tirato in ballo la sicurezza nazionale, a proposito delle indagini sul Capo di Stato maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi. Si è corso un rischio?

Mi devo mettere a ridere?

 Faccia lei.

Facciamo come in Sudamerica: un fuero para los militares! Un foro per gli ammiragli e i generali? Non scherziamo…

 Davigo è il nuovo presidente dell’Anm e ha già sottolineato frasi del premier che non gli sono piaciute. Si apre una stagione di tensione tra politica e magistratura?

Non certo per colpa di Davigo. Lo conosco e lo stimo.

 Quindi la tensione la creerà la politica, il governo?

Nel Pd ci sono persone più attente ai richiami del premier, altre più attente a rapporti istituzionali equilibrati.

 Renzi ha perso l’equilibrio?

Forse è un po’ sotto pressione e gli capita di dire cose senza fare attenzione. Ha detto che la procura di Potenza non arriva mai a sentenza a sei ore di distanza da una sentenza arrivata proprio da lì. Uno scivolone enorme, anche di chi non l’ha informato. Segno che c’è qualcosa che non fila.

 Il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2016

 

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