Senato e Italicum nella bolla

02 Luglio 2014

È l’immunità l’argomento del giorno: l’emendamento dei rela­tori Finoc­chiaro e Cal­de­roli la man­tiene in vita anche per i nuovi sena­tori, tutti sin­daci e con­si­glieri regio­nali, cate­go­rie ulti­ma­mente ber­sa­gliate dalle inda­gini. È una scelta impo­po­lare, ma obbli­gata. Pastic­ciata ma con­se­guente alla deci­sione di pro­muo­vere gli ammi­ni­stra­tori a legi­sla­tori.

governorenziLa riforma della giu­sti­zia è solo l’annuncio di un rin­vio. La riforma del bica­me­ra­li­smo, che ha già bucato due «ulti­ma­tum», fa pic­coli passi in com­mis­sione solo per­ché i sena­tori girano attorno ai pro­blemi, rin­vian­doli. E alla riforma della legge elet­to­rale, pro­messa per luglio, il senato potrà dedi­carsi sul serio dopo l’estate. Eppure Renzi man­tiene il pro­filo del cor­ri­dore, e risponde con appena 24 ore di ritardo al nuovo invito del Movi­mento 5 Stelle, che adesso lo marca per met­terne alla prova la volontà «dia­lo­gante». Il pre­si­dente del Con­si­glio non abbocca: su carta si dichiara dispo­ni­bi­lis­simo al con­fronto. Però demo­li­sce le pro­po­ste gril­line e riba­di­sce tutti i punti fermi dell’accordo che ha stretto con Ber­lu­sconi. Rin­via la palla nel campo dei 5 stelle, aspetta ancora l’ex Cava­liere (deci­derà domani): prende altro tempo.

La let­tera — che uffi­cial­mente è della dele­ga­zione Pd, ma è scritta in «ren­zese» puro ed è fir­mata secondo lo stile del segre­ta­rio con i soli nomi di bat­te­simo dei quat­tro che hanno rap­pre­sen­tato il par­tito nell’ultimo incon­tro in strea­ming — è aggior­na­tis­sima. Con­tiene un rife­ri­mento al vol­ta­fac­cia all’inno euro­peo dell’alleato Farage, epi­so­dio di ieri mat­tina a Sta­sburgo, all’interno di un ampio e facile capi­tolo dedi­cato alle male­fatte gril­line degli ultimi sei mesi. Così ben dispo­sto, Renzi rica­pi­tola le cri­ti­che alla pro­po­sta di legge elet­to­rale del M5S, tutte già fatte dal vivo. Sot­to­li­nea il fatto che le mag­gio­ranze con quel sistema si for­me­reb­bero solo dopo le ele­zioni — carat­te­ri­stica in teo­ria irri­nun­cia­bile di un regime par­la­men­tare, ma qui (e altrove) pre­sen­tata come una dan­na­zione. Sulle pre­fe­renze, invece — i gril­lini le chie­dono e l’Italicum le esclude — si sorvola.

Poi la let­tera del Pd cala il suo deca­logo, con il quale pro­pone una legge elet­to­rale fatta di bal­lot­tag­gio, pre­mio di mag­gio­ranza (ma a una mino­ranza) del 15% e col­legi pic­coli. L’identikit dell’Italicum, che è il sistema che prima delle euro­pee reg­geva il patto con Ber­lu­sconi e adesso è da veri­fi­care. Certo, per l’ex Cava­liere quello schema resta pre­fe­ri­bile ad altri in cui siano pre­vi­ste le pre­fe­renze o i col­legi, e per que­sto i suoi stanno ten­tando di legare il sì alle riforme costi­tu­zio­nali a un impe­gno del Pd al rispetto dell’Italicum (senza cioè andare troppo die­tro ai gril­lini). È pre­ci­sa­mente quello che garan­ti­sce la pre­si­dente della prima com­mis­sione Finoc­chiaro, pronta ad assi­cu­rare che licen­ziato per l’aula il dise­gno di legge sul bica­me­ra­li­smo, si comin­cerà a lavo­rare sull’Italicum. Luglio, a quel punto, vol­gerà al ter­mine e con lui i lavori par­la­men­tari. E in ogni caso in autunno la legge even­tual­mente appro­vata dovrà cer­ta­mente tor­nare alla camera per una terza lettura.

Ma la rispo­sta di Mat­teo & Co ai gril­lini non si ferma alla legge elet­to­rale. Allarga il campo anche alle riforme costi­tu­zio­nali e si tra­sforma in un elo­gio sfre­nato al dise­gno di legge gover­na­tivo, quello che il sena­tori stanno da due giorni len­ta­mente acco­gliendo in com­mis­sione. Anche in que­sto caso, però, spa­zio all’attualità. È l’immunità l’argomento del giorno: l’emendamento dei rela­tori Finoc­chiaro e Cal­de­roli la man­tiene in vita anche per i nuovi sena­tori, tutti sin­daci e con­si­glieri regio­nali, cate­go­rie ulti­ma­mente ber­sa­gliate dalle inda­gini. È una scelta impo­po­lare, ma obbli­gata. Pastic­ciata ma con­se­guente alla deci­sione di pro­muo­vere gli ammi­ni­stra­tori a legi­sla­tori. Il governo aveva pro­vato in un primo momento a sca­ri­care la respon­sa­bi­lità sui rela­tori, impos­si­bile: è un emen­da­mento deciso a palazzo Chigi. Per cui Renzi deve difen­derlo, e lo fa appro­fit­tando della let­tera ai gril­lini. «Siete dispo­ni­bili a tro­vare insieme una solu­zione sul punto delle gua­ren­ti­gie costi­tu­zio­nali per i mem­bri di camera e senato, indi­vi­duando una rispo­sta al tema immu­nità che non diventi occa­sione di impu­nità?», chiede reto­rico il pre­si­dente del Consiglio.Non è un det­ta­glio: quando la let­tera vede la luce, la sua «rispo­sta» è già stata votata in com­mis­sione. Scan­da­liz­zando i gril­lini — ma anche quella è pro­pa­ganda avendo loro pre­sen­tato emen­da­menti simili.

Domani sarà il giorno in cui si espri­merà Ber­lu­sconi, che fatica a tenere stretti i suoi nel patto con Renzi. Doveva essere il giorno in cui la riforma arri­vava in aula, ma è slit­tato al 9 luglio. Le dif­fi­coltà comin­ce­ranno allora.

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