Avrebbe potuto essere una grande occasione, e invece c’è un sentimento diffuso di delusione e di speranza tradita, in questo 20 aprile del 2013. Per la prima volta nella storia della Repubblica, i partiti in Parlamento non sono riusciti ad eleggere un capo dello Stato e hanno chiesto a quello vecchio di restare. Il sistema aveva chiesto un presidente della Repubblica che unisse il Paese e invece stasera si confrontano cittadini imbestialiti, nel cuore di Roma e altrove.
Avrebbe potuto essere la volta di un presidente scelto al di fuori dagli schemi del potere, fra uomini e donne di cultura e di diritto. Invece si è scelto di restare sotto la protezione di qualcosa di antico e di “sicuro”.
Ma di sicuro in queste ore c’è molto poco. Prevale infatti la sensazione che il Paese, la storia e noi con loro abbiamo tutti fatto un passo indietro, come se dal 25 febbraio e anche prima il nostro orologio si fosse fermato. Resta lo stesso presidente e il governo che nascerà, il governo con tutti dentro, sarà un governo politico ma appoggiato dagli stessi che hanno sostenuto il governo Monti.
Dunque, l’unico vero cambiamento emerso nei giorni di questa elezione è la fine traumatica del Pd di Bersani. E non è una cosa da nulla. Il segretario che da anni ormai viveva dentro un suo bunker, e non conosceva più il partito, né quello sul territorio né la nomenclatura che lo controllava da vicino e che, dai giorni del risultato elettorale aspettava soltanto l’ occasione per dargli la coltellata nella schiena.
Guardando alle prossime ore, si può pensare che già dalle parole che Napolitano pronuncerà al momento del giuramento si potrà capire a quale governo stia pensando.
Un governo di coalizione affidato a Giuliano Amato che rappresenterebbe un passo ulteriore verso l’antico e il non cambiamento? Sarà consentito a Silvio Berlusconi di ottenere tutte le sue richieste, e soprattutto il salvacondotto che pretende?
Insomma, da oggi tutto può accadere. Anche che il ritorno all’antico sia un vero salto nel buio, che ci lasci, noi italiani, ancora più divisi, ancora più disperati, ancora più distanti dalla politica e da quel che resta dei vecchi partiti.