Lettera alla Cittadina Deputata Mara Mucci

05 Apr 2013

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Lo strisciante accettare da parte di ognuno di rinunciare alla propria responsabilità, e alla propria faccia. E’ questa, la nostra neolingua. Ma questa forma di coscienza consortile fuori dal Palazzo prende il nome di omertà. Il vostro silenzio la giustifica e la perpetua. Svegliatevi, Cittadini parlamentari. Vi abbiamo affidato la nostra voce – non zittitela, anche voi. Se non ora, quando?

Onorevole Mucci, o se preferisce, Cittadina Mara Mucci,

“E’ assolutamente prioritario far partire le Commissioni Parlamentari”, leggo sul suo sito.
In effetti da giorni mi chiedo che cosa i parlamentari stiano aspettando, precisamente, a mettere in atto il loro sacrosanto diritto di iniziativa. Da giorni mi chiedo se uno, almeno, o una, avrà la tranquilla fedeltà alla nostra Costituzione che serve a promuoverla, almeno quella legislativa: ma perché non quella di una figura “alta” per un governo di rinnovamento? Mi fa piacere che abbia messo in vista nel suo sito le semplici regole, che consentono a ciascun parlamentare di presentare un’iniziativa legislativa in modo che le Commissioni parlamentari possano cominciare a funzionare per la fase dell’istruttoria, in cui si acquisiscono le informazioni utili per la decisione. Non aveva lo stesso Presidente del Senato presentato una serie di iniziative importanti? Non avete sottolineato tante storture da correggere e infamie da eliminare, in campagna elettorale?
E dunque la ringrazio di ricordarle ai suoi colleghi. Ma se qualcuno frena sull’istituzione delle Commissioni, cosa aspettate a farlo sapere al mondo? Ma se, invece, vi si offre via libera per proporre “nomi a voi graditi” per guidare un governo che attui le misure da voi suggerite, perché dire di no?
Ricordi che nulla è più atrocemente contrario a quella “Cittadinanza” che pure Grillo mi pareva preconizzare e promuovere, che l’impersonalità, l’anonimato, in definitiva quello sparire dei volti nella massa del collettivo, quel tacersi delle voci nell’urlo di uno solo, che oggi il capo del vostro Movimento sembra non tanto chiedervi, e neppure esigere, quanto dare per scontata, per ovvia, per indiscutibile: e chi non la pensa così ha sbagliato a votare M5S. Dunque evidentemente ritiene che una discrepanza di opinione con se stesso equivalga a una contrarietà al M5S. Dunque – per proprietà transitiva – ritiene il M5S identico a se stesso.
Questo è il contrario di quanto ha sostenuto durante tutto il periodo precedente al vostro sbarco in Parlamento: e mi chiedo chi avrebbe potuto seguire quel movimento – se non forse alcuni animali gregari – se tale fosse veramente stata la regola.
La nostra Costituzione, Lei lo sa bene, non prevede affatto vincolo di mandato per il Parlamentare, che rappresenta la Nazione. Estendere al Parlamento un vincolo che può al massimo, se uno lo accetta, valere per un uomo di partito, e per di più farlo proclamando di non appartenere a un partito, è semplicemente incomprensibile al cittadino non deputato. Che è cittadino come lei, e non farebbe il suo dovere se non chiedesse ai suoi rappresentanti in parlamento di rendere pubblica ragione delle loro scelte e decisioni. Che cosa significa un Parlamento di muti? Niente altro che la tremenda degenerazione partitocratica prima, banditesca, collusa e corrotta dopo, del sistema parlamentare: quella degenerazione che voi volevate correggere.
Almeno quando un duce tacita un’assemblea legislativa, chi vi si sottomette ha subito, e infine accettato, una violenza: non ha egli stesso volontariamente destituito se stesso, la sua libertà, la sua responsabilità, la voce della sua coscienza. Non sì è da solo tagliato la testa per porgerla su un piatto d’argento a un capo. Non ha chinato il suo proprio capo senza neppure chiedersi perché lo fa. Questa si chiama libido serviendi. Non c’è servitù se non volontaria.
Non siete i soli, se chinate il capo. Grandi e anziani, antichi cittadini, grandi costituzionalisti perfino, hanno in questi giorni chinato il capo: e, quello che è ancora più incomprensibile, non a un uomo l’hanno chinato, ma all’insieme di infondate e viziose consuetudini che hanno ridotto il Parlamento italiano come è ora, uccidendone l’autonomia sotto lastre di piombo di negoziati, mediazioni, compromessi, accordi. Uno di loro, un “Saggio”, non solo ha accettato di essere cooptato in una compagnia triste di oligarchi potenziali tratti da un cappello costituzionalmente inesistente “per mettere d’accordo”, parole sue, le parti su un programma di minima – ma, vittima di uno scherzo crudele come l’infanzia, ha mostrato al mondo quanto scetticismo possa crescere dentro a un uomo che dichiara inutile ciò che egli stesso accetta di fare. Ma lo scetticismo può accecare a tal punto, che non si riesce più a vedere il cittadino che grida, fuori dal Palazzo: ma perché volete “accordare” il diavolo e l’acquasanta? Ma perché bisogna trovare un compromesso fra la parte di uomini che disprezzano a voce alta le leggi e la Magistratura, e la parte di uomini che con enorme dispiego di tempo, di energia, di passione, abbiamo mandato in Parlamento perché finisca, e finisca per sempre, l’epoca del disprezzo delle leggi e della magistratura, l’epoca della compravendita dei deputati, delle leggi ad personam, delle leggi non applicate anche quando ci sono? Ma non li ho io cittadina mandati in Parlamento, quegli uomini e donne, proprio perché non si facessero più simili accordi sciagurati? E a quale cielo dovrò appellarmi se anche voi, uomini saggi e dotti, cooperate a tacitare e infine uccidere il Parlamento?
Questo diremo agli uomini saggi e antichi. Ma a voi cosa diremo, Cittadini? A voi che avevamo mandato in Parlamento perché esprimeste le vostre voci, e che tacete, e tacendo date agli oligarchi ragione, dato che bisogna pure che qualcuno prenda una qualche iniziativa? Gli oligarchi – è ancora un nome troppo nobile per il disegno di sempre. Perché parlare, perché discutere, perché chiedere ragione di questa particolare infamia, di quella particolare ingiustizia? Mettiamoci prima d’accordo, e poi vedremo. Un piccolo scambio utile, un piccolo compromesso, si trova sempre. E noi questo chiamiamo “responsabilità”. Lo strisciante accettare da parte di ognuno di rinunciare alla propria responsabilità, e alla propria faccia. E’ questa, la nostra neolingua.
Ma questa forma di coscienza consortile fuori dal Palazzo prende il nome di omertà. Il vostro silenzio la giustifica e la perpetua.
Svegliatevi, Cittadini parlamentari. Vi abbiamo affidato la nostra voce – non zittitela, anche voi. Se non ora, quando?

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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