Maria Romana De Gasperi/Ecco come nacque la DC

10 Apr 2022

Rossella Guadagnini Consiglio di Direzione Libertà e Giustizia

Oggi sono afflitta dalla scomparsa di Maria Romana De Gasperi: è passata una settimana da quando è venuta a mancare questa signora elegante, dai modi gentili, come si diceva una volta. Lei e Donna Francesca, la sua mamma, sono state al mio matrimonio, hanno tenuto a battesimo mio figlio. Erano due famiglie amiche le nostre e, in alcuni periodi, molto vicine. Se fosse vivo, mio padre avrebbe oltre 100 anni, poco più di lei. Era trentino, come lei -anche se nato a Innsbruck, a causa dello scoppio della I guerra mondiale.

In quel torno d’anni alcune famiglie italiane (mio nonno paterno era un funzionario dell’impero austroungarico e mia nonna una Battisti) vennero sfollate in Tirolo. Mio padre fece parte del gruppo di giovani intraprendenti che -dopo aver vissuto due guerre, di cui almeno una in divisa (come tenente medico, lui diventerà neuropsichiatra)- si riunirono intorno ad Alcide De Gasperi, pieni di entusiasmo e di grandi ideali. La sua figura era fortemente carismatica e attrattiva per i trentini e non solo.

Nacque così il primo nucleo della Dc di allora, molto molto diversa da quello che poi è diventata in troppi decenni di esercizio del potere. Quando i primi di loro si trasferirono a Roma erano considerati con una certa curiosità, mista a diffidenza, come fossero uno strano genere di italiani, arrivati da un nord poco conosciuto. Poi alcuni di loro entrarono nei palazzi della politica e ne ebbero in cambio cariche, onori e disonori. Se penso al presente mi prende un senso di sconforto. Se penso alla Fondazione Alcide De Gasperi a Roma, dove Maria Romana ha lavorato per tanti anni, instancabile come i suoi, generazioni diverse che a guardarle adesso sembrano forgiate col ferro e col fuoco.

I De Gasperi non somigliavano per nulla ai politici di oggi: erano persone sobrie e dirette, con quell’aria un po’ austera che si porta dietro chi ha vissuto momenti davvero difficili. Non parlavano a vanvera, non rivelavano le loro vicende personali a chiunque, non avevano alcuna ossessione della politica moderna: consenso, media, social. Erano gente schietta, che come tutti coloro che sono abituati a osservare i monti intorno, ad ascoltare il silenzio delle valli, parlavano per dire quello che c’era da dire. Ci si riuniva, si discuteva animatamente, si concludeva con una stretta di mano. Turpiloquio, kitsch e volgarità, era tutto da venire, come il consenso, i media, i social.

Certo erano altri tempi, un altro secolo. Non ho conosciuto Alcide, essendo nata in altri anni, ma ricordo che da bambina ci si riuniva a Trento, nel cuore dell’estate -mentre gli altri bambini, miei amici, erano al mare- per onorare la sua memoria, partecipando a una cerimonia, semplice e sentita, in occasione dell’anniversario della sua morte, avvenuta il 19 agosto 1954.

Mia madre invece era di Palermo e proveniva da una famiglia di ‘pirati’ e navigatori. Perciò in casa nostra -nei primi anni Cinquanta quando si sposarono- si fece  per davvero l’Italia unita, a partire dal connubio di civiltà e attitudini diverse, dall’uso diverso del burro e dell’olio. Tra i molto gloriosi antenati della sua famiglia c’è anche un noto archeologo e architetto Francesco Saverio Cavallari: era nato nel 1810 e aveva studiato a Gottinga. Tornato nell’isola, lavorò nella valle dei Templi di Agrigento e condusse scavi a Selinunte, Megara Iblea e soprattutto a Siracusa. Poi andò a Città del Messico a insegnare e fu tra i fondatori del Museo Nazionale di Antropologia della capitale messicana, che è un luogo meraviglioso con imponenti statue di pietra delle civiltà precolombiane esposte nei giardini tra le palme.

Ci sono stata da ragazza; a casa conserviamo ancora gelosamente alcune pagine dei suoi diari di allora, mia madre me le leggeva mentre attraversavamo le sale e ci chiedevamo come un siciliano della seconda metà del XIX secolo potesse aver affrontato l’oceano per recarsi in Messico a dissotterrare reperti millenari come le enormi teste di idoli sconosciuti che ci circondavano silenziosi. In Messico era noto con il nome di Javier Cavallari, che mi è sempre parso avere una nota esotica e seducente, degna di un precursore di Indiana Jones, nel novero dei suoi adepti, convinti seguaci e perfino ammiratori.

Roma, 8 aprile 2022

Giornalista e blogger, si occupa di hard news con particolare interesse ai temi di politica, giustizia e questioni istituzionali; segue vicende di stragismo, mafia e terrorismo; attenta ai temi culturali e sociali, specie quelli riguardanti le donne.

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