Un saggio di Gaetano Pecora, appena edito da Donzelli, illustra il profondo laicismo del filosofo torinese, che riteneva molteplici le facce della verità e argomentava sull’etica a partire dalla pietra angolare della libertà di coscienza.
“Il lumicino della ragione” è un’immagine a cui Norberto Bobbio teneva, ricorrendovi per spiegare il come e il perché del suo “convinto laicismo”, secondo la sua stessa definizione. La figura della piccola luce ripresa dal filosofo Locke, ben si addice infatti a illustrare un atteggiamento che trova riscontro nella concezione di uno Stato il quale, nel conflitto tra religione e ateismo, non prende posizione né per la credenza, né per la miscredenza.
E lascia così che ognuno segua i percorsi di una propria, autentica spiritualità. È questa una prospettiva che sarebbe assai valida nel caso di numerosi temi (bio)etici e sociali che tanto stanno surriscaldando il dibattito attuale: a volerne citare uno solo per tutti, ad esempio, c’è il fine vita: l’eutanasia è effettivamente un diritto oppure no?
Sarà una strada buona o cattiva quella presa dal singolo individuo, assecondando il suo sentire più alto? Non sappiamo – risponde Bobbio – sappiamo soltanto che è la sua strada. E tanto basta per chi “ritiene che la verità abbia molte facce e non vi sia alcun criterio oggettivo e assoluto per distinguere la verità dall’errore”. In questi casi, aggiunge il politologo torinese, “l’unico rimedio è l’incontro o lo scontro delle opinioni, dei giudizi, delle idee, vale a dire una situazione che non può attuarsi senza libertà”.
Parole anticipatrici che andrebbero tenute in maggior conto: ce ne gioveremmo soprattutto quando la consapevolezza del conflitto si attenua in direzione una superficialità pressocché assoluta, annegando poi del tutto nell’attacco gratuito e personale. Le sottolinea con grande chiarezza Gaetano Pecora, filosofo e docente di Storia delle dottrine politiche all’Università del Sannio e alla Luiss, che ha appena scritto un saggio intitolato appunto “Il lumicino della ragione”. Esce in questi giorni per i tipi di Donzelli e scruta con acribia ogni più riposta piega del laicismo di Bobbio.
.A contare è soprattutto la libertà di coscienza, vera e propria pietra angolare di Bobbio, che è contro il relativismo etico. Perché a fare da diga ai richiami di una fede ‘obbediente’ ci sono le esigenze dettate da una volontà autonoma, quella del singolo. Mentre contro i privilegi del confessionalismo, ecco arrivare le ‘parificazioni’ dallo Stato laico (oggi purtroppo in numero sempre minore). Pur nei toni “conversevoli che testimoniavano la squisitezza dell’uomo, quello di Bobbio è un pensiero ‘contro’ – precisa Pecora – che perciò non sopporta contaminazioni spurie, né troppo elastiche interpretazioni”.
Scrive Pecora: “Guardate, eccolo lì: quell’uomo ha attraversato la strada; un attimo dopo viene travolto da un’auto in velocità e muore. Perché? Ecco – spiega Bobbio – non c’è domanda più puntualmente, più ostinatamente filosofica di questa: perché? Dove quel «perché», evidentemente, non equivale a chiedersi per quale principio, empiricamente verificabile, è avvenuto l’incidente, ma significa interrogarsi sul senso che l’incidente porta con sé (ammesso che ne porti uno in grembo). Ecco, la domanda delle domande, la domanda dei filosofi, è una tipica domanda di senso. Ma esiste un senso? E qual è? (…)
Ora, sia dinanzi al caso che dinanzi alla necessità il pensiero di Bobbio prendeva quella nota di malcontento che gli faceva dire: «il caso spiega troppo poco, la necessità troppo». Aveva ragione? Aveva torto? Non sappiamo”.
L’autore non rinuncia a segnalare talune incertezze e oscillazioni nelle convinzioni espresse da Bobbio, ma giunge un punto “in cui gli sviluppi dei suoi presupposti fanno scattare la molla di un’ultima risoluzione che afferma: questo sì, questo no”. In altre parole, la tale idea è compatibile e può entrare nei territori della laicità, la talaltra è invece incongrua e deve restarne fuori.
.E qui viene da pensare non solo alla questione del laicismo in generale, quanto piuttosto a certe interpretazioni ed equiparazioni revisionistiche della storia che tanta destra al giorno d’oggi pratica assiduamente, ma anche ai ‘distinguo’ di cui si è persa traccia non solo nelle riflessioni degli intellettuali, ma pure nei comportamenti di buona parte dei politici di oggi.
Per cui, conclude Pecora, anche quando la ragione è ‘tremula’ – proprio come lo è la carne secondo la visione ironica e compassionevole offerta dal regista Almodovar – anche allora accende un cerchio di luce nel quale si vede ancora abbastanza bene. Quel tanto almeno da distinguere, separare e, se è il caso, contrapporre. Sono questi i meriti per i quali la lezione di Bobbio ha scavato un solco profondo nella memoria e ha tanto da insegnare, ancora oggi, a tutti noi. Che talvolta vediamo poco chiaramente perfino sotto la luce abbagliante del sole, figuriamoci cosa possiamo discernere nel crepuscolo delle idee.
.
Micromega, 1 settembre 2021