Ddl Zan, si muove anche il Vaticano 

02 Lug 2021

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Conosciuto come ddl Zan, il disegno di legge approvato dalla Camera il 4 novembre 2020 e ora in discussione al Senato concerne le “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge”.

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Si occupa -prima di tutto- di apportare modifiche al codice penale per integrarle con un nuovo reato e rispettive pene per azioni lesive della persona «per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità». Per esempio, con le modifiche all’articolo 604-bis del codice penale si include tra i reati di “propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi” anche quelli “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”.

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Non si impone alcuna dottrina o idea o opinione, né si interviene sulla libertà individuale di scelta. Invece, si specifica che idee, opinioni o scelte sono libere “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Coerentemente alla tradizione liberale e dello stato di diritto, si chiarisce la distinzione tra idee o opinioni o scelte e la loro ispirazione esplicita a compiere atti “discriminatori o violenti”.

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A onor del vero, la definizione di “atti discriminatori” è tutt’altro che univoca e può essere oggetto di contestazione. Così pure, è complicato entrare nell’intenzione di un agente e individuare il “concreto pericolo” che da una sua opinione derivi il compimento di un atto discriminatorio.

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Il secondo tema oggetto di discussione, e sul quale si è concentrata la polemica di questi giorni in seguito alla nota verbale del Vaticano resa nota dai media, riguarda l’istituzione della “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” con lo scopo di “promuovere la cultura del rispetto” per queste differenze e sensibilizzare la coscienza contro atti o propositi discriminatori o di violenza.

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Questa giornata si affianca ad altre che la Repubblica dedica a questioni specifiche e sensibili, come per esempio la Giornata della Memoria della Shoah e dei crimini perpetrati di regimi nazista e fascista per ragioni razziali.  Come in occasione della Giornata della Memoria, anche in occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia “sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile” per la sensibilizzazione sul fenomeno discriminatorio.

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Le scuole sono direttamente coinvolte, come anche le altre amministrazioni pubbliche, nel senso che devono provvedere “alle attività” pedagogiche e di sensibilizzazione “compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente”.  E’ questo aspetto che più ha allarmato il Vaticano. Benché il ddl non faccia riferimento a percorsi curricolari obbligatori, tuttavia invita le scuole pubbliche e quelle private parificate a dedicare discorsi e riflessioni al problema della discriminazione per ragioni di scelta sessuale.

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Domani, 23 giugno 2021

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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