«Per la prima volta avevo il dubbio se andare a votare o meno. Per la prima volta nella mia vita. Ma no: bisogna andare a votare, sempre. Ha ragione il presidente Grossi».
Sandra Bonsanti, già direttrice de Il Tirreno, ex presidente di Libertà e Giustizia, trova giuste le parole del presidente della Corte costituzionale.Ma a «scuoterla» è stata un evento personale.
Perché, dopo i dubbi, ha deciso di andare a votare?
«Sono stata tentata a lungo di non andare a votare. Poi spiegherò il perché. Dopo di che, tre giorni fa, ho assistito agli ultimi momenti di vita di un mio cugino, che da un bambino aveva conosciuto il timore delle persecuzioni contro gli ebrei e della guerra. Era all’ ospedale con mille macchine che lo tenevano in vita, mi ha guardato e mi ha detto: “Devo andare a votare”. Un colpo al cuore: ho cominciato a pensare che se un essere umano, un individuo che sa di avere poche energie, ha come ultimo pensiero quello di votare, per compiere un dovere conquistato con quello che lui conosceva, non ci si può astenere».
E quindi ha ragione il presidente della Corte costituzionale.
«Sì, non si può non andare a votare. Occorre rispettare la nostra storia, la fatica della democrazia, pensando a quanto ed a cosa è stato necessario per riconquistare la libertà. E il primo segnale della conquista della libertà, è la possibilità di andare a votare».
Questa è una spiegazione emozionale, importante. Ma come si fa a spiegare agli astenuti cronici, in modo razionale, che è necessario andare a votare?
«Che se non cambia mai nulla è colpa nostra. La possibilità di cambiare c’è: anche quando vediamo un quadro stabile, dobbiamo convincerci che stabile non lo è mai. E solo se partecipi puoi spostare qualcosa. Occorre andare a votare: oggi sono più che convinta che mai».
Perché non voleva recarsi alle urne?
«Per protesta contro questa legge elettorale: con questo sistema si fa fatica a chiamarla una vera elezione. L’astensione era per dire: questa legge elettorale non ci consente di scegliere, il voto non è libero, non fa esprimere la mia volontà. Sarebbe stata una sorta di protesta democratica contro questa legge elettorale».
Solo che è un circolo vizioso: la legge elettorale, la cambia il Parlamento ma solo gli eletti in Parlamento possono cambiare le leggi elettorali.
«Esatto: quindi, dato che dobbiamo arrabbiarci con chi ha fatto questa legge elettorale a suon di fiducie, dobbiamo ancora usufruire di questo grande diritto-dovere.Non solo di andare a votare, ma di convincere gli amici dubbiosi. Anche questa volta.E ovviamente non dico per chi voto: perché nelle Costituzione c’è scritto che il voto è segreto, se l’elettore decide così. Se poi vorrò dirlo, lo dirò pubblicamente. Magari, riesco a convincere qualcuno».
Il Corriere Fiorentino, 24 febbraio 2018