Conosco personalmente i funzionari del Senato. Sono professionisti di grande competenza ed esperienza che non avrebbero nessuna difficoltà a guadagnare nel privato il congruo stipendio che percepiscono nel pubblico. In particolare ai funzionari della commissione bilancio è sempre stata riconosciuta una grande preparazione. Senza di loro molti parlamentari non saprebbero da che parte incominciare a valutare un provvedimento economico. Nel fare le pulci alle coperture previste dal DDL che distribuisce i famosi 80 euro nelle buste paga di milioni d’italiani, hanno fatto il loro mestiere dando all’istituzione per la quale lavorano gli strumenti tecnici per esercitare quella funzione di controllo politico sull’azione di governo che è propria della democrazia. Eppure, per il Presidente del Consiglio sono solo burocrati che remano contro indispettiti per l’abolizione del Senato e per il tetto degli stipendi pubblici. Chiedere a Renzi una discussione che rispetti il merito delle questioni e le competenze degli istituti che nella loro pluralità definiscono la democrazia, è fatica sprecata. Le sue repliche alle critiche sono sempre astiose, presuntuose e aprioristiche rivendicazioni delle proprie indiscutibili verità. L’état c’est lui. I “professoroni” che criticano le riforme istituzionali temendo una deriva autoritaria lo fanno sul piano dottrinale. Io la temo soprattutto in ragione delle stigmate caratteriali che Renzi evidenzia ogni giorno di più. Speravo che l’epoca dei superuomini che lottano eroicamente per sconfiggere il male contro la malafede e la perfidia dei loro nemici fosse finita con Berlusconi, ma non c’è limite al peggio.
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