Tormento Pd: chi voleva le larghe intese?

15 Novembre 2013

Esiste questo governo perché prima c’era stato il tentativo di Bersani. Il quale si è anche immolato dimostrando che un’altra ipotesi non era concretamente percorribile”. Ieri però le parole del premier sono sembrate a molti una riscrittura della storia. Di più, un’ammissione: che il tanto sbandierato governo di cambiamento fosse in realtà una messa in scena per arrivare all’esecutivo di larghe intese.

lettaEsiste questo governo perché prima c’era stato il tentativo di Bersani. Il quale si è anche immolato dimostrando che un’altra ipotesi non era concretamente percorribile”. Enrico Letta al Tempio di Adriano, l’altroieri, durante la presentazione di Giorni Bugiardi, il libro che ricostruisce le vicende che portarono dalle primarie dello scorso anno alla rielezione di Napolitano, scritto da Chiara Geloni e Stefano Di Traglia, collaboratori dell’ex segretario democratico, rende il consueto omaggio all’ “amico Pier Luigi”, per non avergli sbarrato la strada per Palazzo Chigi, anzi per averlo appoggiato e sostenuto. Manifestazioni di affettuosa stima che i due si rinnovano in ogni occasione. Ieri però le parole del premier sono sembrate a molti una riscrittura della storia. Di più, un’ammissione: che il tanto sbandierato governo di cambiamento fosse in realtà una messa in scena per arrivare all’esecutivo di larghe intese. La denuncia arriva da Pippo Civati, che estende il sospetto allo stesso Bersani (che al Tempio di Adriano ha sottolineato “dovevamo provarci”): “Era un diversivo: mica potevamo dirlo subito che andavamo con Berlusconi. Io non ho parole. Ci sbugiardiamo da soli”. Scrive nell’editoriale su Europa, Stefano Menichini: “Sarebbe molto scocciante dover dare ragione postuma a Grillo. Vorrebbe anche dire che perfino lo scandalo menato sui 101 sia stato strumentale. Non possiamo pensare cose del genere né di Bersani né di Letta. Preferiamo altre ipotesi. Tipo che solo uno dei due interpretasse il governo di cambiamento come l’avventura di un kamikaze”.

L’accusa nei confronti di Letta è pesante. E illumina una parte della verità: che il premier fosse molto meno convinto dell’allora segretario della praticabilità di un governo con Grillo. Ugo Sposetti, da molti indicato come quello che organizzò il voto contro Prodi per conto di D’Alema, dice la sua: “Adesso lo racconto io come sono andate le cose, scrivo io un libro”. Di certo, sarebbe interessante visto che la vulgata vuole i dalemiani in prima fila tra i traditori e Geloni e Di Traglia individuano in Matteo Renzi l’altro “colpevole” numero uno. Nell’ultimo libro di Marco Damilano c’è un virgolettato del pomeriggio in cui Prodi venne affossato da Vaccaro, uno dei fedelissimi di Letta: “Come finisce? Stasera salta Prodi, sarà rieletto Napolitano che incaricherà Letta di fare un nuovo governo”. In una storia in cui ognuno racconta la sua verità ogni indizio getta una luce sinistra sugli altri. Ieri la Geloni ha scritto addirittura un blog per smentire le interpretazioni delle parole di Letta. Mentre si attende la versione di D’Alema sul passato quella sul presente e sul prossimo futuro fa discutere. Renziani e cuperliani si combattono rivendicando la primazia tra gli iscritti. “Ride bene chi ride ultimo”, dice il Sindaco. E in un’intervista a l’Unità il Lìder Maximo avverte: “La partita non è chiusa”. E comunque: “Se Renzi dovesse diventare segretario non potrà pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia”. Di più: “Può esserci il rischio che una parte del Pd non si senta più nelle condizioni di viverci dentro”. Fantasmi di scissione. “Chissà perché quando D’Alema perde congresso subito evoca scissione. Mi ricorda quelli che quando perdevano si portavano via il pallone”, scrive su twitter il renziano Rughetti. Nella battaglia congressuale finisce anche Flavio Briatore. D’Alema chiede provocatoriamente. “Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?”. L’’imprenditore contrattacca: “Caro D’Alema, io i gazebo li saprei smontare ma non credo che tu saresti capace a montarli”.

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