Lerner: un testo da trasmettere ai figli

30 Ottobre 2013

Martedì 29 a Milano la presentazione del libro di Sandra Bonsanti “Il gioco grande del potere” con Gad Lerner e Giuliano Turone. Un lavoro giornalistico che raccontando la storia italiana dal ’69 al ’93 ( da Gelli al caso Moro, da Gladio alle stragi di mafia) svela, a volte con disarmante candore, quali forme può assumere il potere, in un perverso intreccio tra la continuazione in altre forme del ventennio fascista, l’atlantismo, l’anticomunismo, la pervasività mafiosa e la sua economia criminale. Leggi il blog di Gad Lerner.

presentazioneMI“Sapevo che Sandra era una grande giornalista, ma non che avesse incontrato tanti mascalzoni…”. Così Gad Lerner in apertura della presentazione milanese del libro di Sandra Bonsanti “Il gioco grande del potere”. Tantissime le persone ammassate nella saletta della Feltrinelli di Piazza Duomo. Accanto all’autrice, anche Giuliano Turone, il magistrato che rinviò a giudizio Michele Sindona per l’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, e che con il collega Gherardo Colombo scoperchiò la pentola esplosiva della Loggia P2 di Licio Gelli. Perché nel libro si parla di segreti e minacce, di scontri e incontri inquietanti – prosegue Lerner – un testo di storia da passare ai nostri figli perché fornisce una documentazione precisa sul filo nero che ha attraversato e attraversa ancora la nostra Repubblica.

Un lavoro giornalistico che raccontando la storia italiana dal ’69 al ’93 ( da Gelli al caso Moro, da Gladio alle stragi di mafia) svela, a volte con disarmante candore, quali forme può assumere il potere, in un perverso intreccio tra la continuazione in altre forme del ventennio fascista, l’atlantismo, l’anticomunismo, la pervasività mafiosa e la sua economia criminale.

La P2, l’Antistato nel cuore dello Stato, “una sorta di cabina di regia per tutta quella melma che lavorava dentro lo Stato, a fianco e sotto le strutture istituzionali, avvolgendole in una abbraccio malato”. Quel piano di Rinascita che prevedeva il controllo dei media, stampa e TV, per limitare la libertà d’espressione; l’indebolimento della magistratura; lo stravolgimento della Costituzione in senso autoritario e presidenzialista.

Il caso Moro, di cui la giovane cronista de “Il Giorno” allora diretto da Gaetano Afeltra, si occupò insieme a “un gruppo piccolo ma affiatato di giornalisti” dal giorno del rapimento fino a quello, il 9 maggio del ’78, del ritrovamento del cadavere nella Renault rossa in via Caetani. Con puntigliosa esattezza riporta sul suo taccuino gli orari che scadenzano il drammatico evento.

Tutte le storie cominciano in Sicilia, così s’intitola il primo capitolo del libro e al viaggio per l’isola all’indomani delle stragi di Falcone e Borsellino è dedicato l’ultimo. Sulle strada di Rosario Livatino, il giudice ragazzino morto ammazzato nel ’91; su quella di Antonino Caponnetto, capo del pool antimafia a Palermo, che la invitò a “cercare gli eredi” di quelle stragi.

Nel libro si avverte, dice in chiusura Giuliano Turone, nonostante tutto e a dispetto del racconto di un’Italia avvolta in una spirale perversa da cui sembra non si possa mai uscire, una speranza.

Abbiamo avuto Andreotti e Sindona, ma anche Ugo La Malfa e Giorgio Ambrosoli, Carmelo Spagnuolo e Cossiga e Gladio, ma anche Sandro Pertini. Abbiamo avuto Berlusconi e Dell’Utri ma anche Falcone e Borsellino. Abbiamo avuto Licio Gelli ma anche Occorsio e Minervini e Tina Anselmi e Norberto Bobbio. Dunque lo Stato esiste e resiste oltre l’Antistato che è in lui. E che pur se sono stati “una sola cosa” c’è un’Italia migliore, libera e forte pronta a distinguersi, a separarsi e a battersi.

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