— Stasera a Milano Libertà e Giustizia ospita in un dibattito pubblico il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. È un primo contatto con la cosiddetta “società civile” in vista delle elezioni del 2013. A discutere con il leader democratico ci saranno Sandra Bonsanti e Gustavo Zagrebelsky. Il presidente emerito della Consulta apprezza alcune aperture del Pd nei confronti del mondo esterno ai partiti. Come la scelta di votare per il cda della Rai due personalità delle associazioni.
Intanto sulle riforme istituzionali si procede in ordine sparso e Berlusconi sembra pronto a far saltare anche quel tavolo.
«Ma davvero crediamo che il discorso sulle riforme costituzionali sia un discorso onesto, fatto cioè per il bene della Costituzione? A me sembra viceversa che serva strumentalmente a creare assi politici particolari, a lanciare messaggi all’opinione pubblica che sono appunto puri messaggi perché non si arriverà mai in fondo. Infine viene usato da alcune persone, anche nel Pd, per accreditarsi come protagonista di un clima costituente strizzando l’occhio all’avversario».
Fa bene Napolitano a difendere l’intesa raggiunta in commissione e ad avvertire la politica che fughe in avanti sono destinate al fallimento?
«Il presidente della Repubblica difende la funzionalità delle istituzioni e in questo svolge il suo ruolo. Ma a me non piace affatto la bozza in discussione. Meglio, molto meglio tenersi la Costituzione che c’è. Altri costituzionalisti la pensano così e loro non trafficano con la Carta, a differenza di quello che fanno i politici. Il rapporto tra Senato federale e Camera è un pasticcio inverecondo, la sfiducia costruttiva ingessa la vita politica estromettendo il presidente della Repubblica dalle sue funzioni di garante. Non sono il solo a essere contrario a certe proposte. Mi piacerebbe che il capo dello Stato rappresentasse anche queste posizioni».
Libertà e Giustizia al di là dei contenuti sostiene che questo Parlamento non è legittimato a cambiare la Costituzione.
«La risposta dei partiti è che l’articolo 138 sancisce la possibilità di modifiche. Definitive con il voto dei due terzi delle Camere, soggette a referendum con maggioranze della metà più uno. Ma quell’articolo presuppone che una larghissima maggioranza parlamentare coincida con la grande maggioranza del Paese. Oggi, siamo sicuri che sia così? Con i risultati delle amministrative, l’astensionismo, con l’esplodere del grillismo, questo Parlamento può pensare di mettere mano in profondità alla Costituzione? ».
Però a questo Parlamento chiedete di cambiare la legge elettorale.
«Cambiare il Porcellum sarebbe un atto di resipiscenza attiva. Dopo essersi accorti di aver fatto una schifezza, gli autori corrono ai ripari. Per pentirsi, qualsiasi rappresentanza politica è buona ».
Rispetto al Porcellum va bene tutto?
«Con la legge attuale abbiamo raggiunto il punto zero costruendo un sistema rovesciato dove il
mondo politico non è al servizio dei cittadini ma il contrario. Però non dobbiamo affidare agli strumenti di tecnica elettorale la soluzione di gravi disfunzioni politiche. Per dire, c’era qualcuno che aveva addirittura immaginato nelle prime bozze tre premi di maggioranza per i primi tre partiti. Ecco dove si può arrivare senza un’opinione pubblica vigile».
Quel qualcuno era il Pd. Con queste premesse il confronto diventerà un duello.
«Sulle questioni istituzionali LeG ha posizioni nette e vuole risposte altrettanto nette. Ma il dibattito con Bersani nasce nel clima più amichevole e costruttivo possibile. La nostra associazione è legata all’idea che una democrazia senza partiti non esiste. Siamo interessati a partiti che funzionino come canali di comunicazione tra cittadini-elettori e la politica. Temiamo la critica cieca ai partiti perché sappiamo dove conduce».
Bersani si è mosso in questa direzione con la scelta sulla Rai e con l’annuncio di un’apertura delle liste all’esterno?
«La vita politica non è fatta quasi mai di sole buone intenzioni bensì di risposte a necessità oggettive. Credo che il segretario del Pd sia davvero interessato, per convinzione, a un discorso di apertura e partecipazione. Ma anche se non fosse così il problema è recuperare alla vita politica due intere generazioni di elettori e contrastare fenomeni come l’astensionismo e il grillismo. Spero che in Bersani si realizzi un’unione feconda tra buona disposizione e stato di necessità».
Sulla Rai ha prevalso la prima?
«Badi che nessuno di noi ha mai chiesto posti e infatti nessuna associazione ha indicato nomi di propri membri presenti negli organismi dirigenti. La nostra aspirazione non è l’”entrismo”. Chi teme si voglia cercar posti, stia tranquillo. Ci auguriamo che molto presto non ci sia più bisogno di rivolgersi all’esterno per trovare persone degne di fiducia. La richiesta di aiuto è consolante da un lato perché dimostra disponibilità ma dall’altro è un segno di fragilità e impotenza. Perciò il nostro incontro ruota intorno alla domanda: come rianimare la vita politica del nostro paese ridando forza ai partiti e facendoli tornare ad essere attrattivi. Oggi sono repulsivi, soprattutto per le giovani generazioni».
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