La resa dei conti

21 Maggio 2012

Signori dei partiti, cala il sipario. I risultati dei ballottaggi segnano il corto circuito del sistema. E’ inutile attaccarsi ai soliti sotterfugi, cercare di ammorbidire, di ridimensionare. Questa volta le cifre urlano. E ci dicono che la disaffezione per la presente politica ha ormai abbondantemente superato il limite di guardia. La conquista di Parma, da parte del grillino Federico Pizzarotti, rappresenta per il Movimento 5 stelle una sorta di presa della Bastiglia.

Signori dei partiti, cala il sipario. I risultati dei ballottaggi segnano il corto circuito del sistema. E’ inutile attaccarsi ai soliti sotterfugi, cercare di ammorbidire, di ridimensionare. Questa volta le cifre urlano. E ci dicono che la disaffezione per la presente politica ha ormai abbondantemente superato il limite di guardia. La conquista di Parma, da parte del grillino Federico Pizzarotti, rappresenta per il Movimento 5 stelle una sorta di presa della Bastiglia. Mette in crisi tutti gli strumenti ai quali i partiti, e in questo caso soprattutto il vertice del Pd, si erano fin qui affidati. L’altro dato, che va di pari passo, e si è fatto sempre più allarmante, è la crescente percentuale del non voto. Questa volta abbiamo assistito a una vera e propria fuga dalle urne, che non ha precedenti nella storia delle nostre competizioni elettorali. E’ Genova, città di tradizionale impegno politico, a rappresentare la punta dell’iceberg. Vince, come era previsto, Marco Doria, appoggiato da tutta la sinistra, ma con un’impressionante flessione del numero dei votanti. Il crollo della partecipazione tocca la punta più elevata a Palermo dove Leoluca Orlando prevale su Fabrizio Ferrandelli e torna sulla poltrona di sindaco. La disaffezione dei siciliani non è una novità. Ha pesato, probabilmente, anche il fatto che lo scontro sia stato tutto interno alla sinistra. Ma il fenomeno non è per questo meno allarmante.

Ci sarà il tempo per riflessioni più approfondite e una valutazione complessiva dei flussi elettorali. Ma ogni alibi, fin dalle prime proiezioni, è caduto. Certo, sarà interessante vedere ora i grillini alla prova, obbligati a passare, per così dire, dalla “denuncia alla proposta”. Si dirà che alla vittoria di Pizzarotti, che era partito con venti punti di svantaggio rispetto al candidato del centrosinistra Vincenzo Bernazzoli,  ha concorso anche l’appoggio delle truppe del berlusconismo in  rotta, alle quali non è parso vero salire sul carro grillino per contribuire a mettere fuori gioco il candidato sindaco del Pd. Ma non è con le ritorsioni polemiche che si risolvono i problemi. E’ inutile attardarsi su questi temi, denunciare il populismo del comico genovese, che ha tenuto troppo spesso la sua campagna elettorale sul filo di uno spregiudicato cinismo. Il Pd deve avere il coraggio di guardare finalmente in casa propria. Chiedersi perché finora non ha trovato il coraggio di rinnovarsi nei programmi e negli uomini, come hanno saputo fare i socialisti francesi o la socialdemocrazia tedesca.

Conta relativamente, a questo punto, fare il conto di chi, nel campo dei partiti tradizionali, abbia perso in misura più marcata.  E’ chiaro che la sconfitta è stata rovinosa sul fronte del centrodestra, che il berlusconismo appare ormai moribondo. Ma questo non può essere motivo di consolazione per il centrosinistra se sarà incapace di proporsi come chiara alternativa di governo per le politiche dell’anno prossimo. Il “no” ai partiti, espresso da questo voto, non è un “no” alla politica. Se giustamente interpretato, è, piuttosto, la ricerca di una politica diversa. C’era l’occasione, nelle due settimane che sono passate tra il primo turno elettorale e i ballottaggi, per dare la dimostrazione di un’inversione di tendenza. I partiti avevano due appuntamenti per recuperare, almeno in parte, la credibilità perduta:  la riforma del finanziamento pubblico e la legge anticorruzione. Li hanno persi entrambi attardandosi fra trattative estenuanti e la subdola guerriglia del fronte berlusconiano. Ora, siamo alla resa dei conti. All’ultima chance. Con un anno di tempo da mettere a frutto. Un’altra prova d’appello non è prevista.

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