Ago e filo: le istituzioni e le regole. Per “Ricucire l’Italia”. Felice l’intuizione del tema conduttore della manifestazione di Milano promossa sabato scorso da “Libertà e giustizia”. Un’Italia diversa da quella degli scandali e delle latitanze del Governo, schiacciato sulle leggi ad personam e lontano dai problemi concreti dell’economia, del lavoro che manca e o si perde, di una scuola privata di bussole, di un Paese insicuro, è in movimento. Una piazza, quella di Milano, che fa sentire una voce carica di significati e di speranze per un recupero di fiducia nelle istituzioni democratiche e che concorre, con decine di altre iniziative in corso in tutta Italia, anche questa settimana, a evidenziare che tanta gente lavora per tenere insieme un’Italia lacerata, per una convivenza civile fondata sulla libertà, di tutti e non sulla “legge del privilegio”.
La trama della vita pubblica e civile oggi è fortemente sbrecciata. La Costituzione è il punto di tenuta da salvaguardare per un riavvio salutare.
La Costituzione e le bandiere tricolori, le uniche portate dalla folla dei manifestanti di Milano, parlano persino più dei discorsi degli oratori che si sono alternati sul palco. Più che simboli sono la materia concreta della trama del tessuto democratico civile.
Una bella manifestazione davvero. Anche per i giornalisti e la libertà dell’informazione, bene che non è di loro proprietà, né degli editori, né dei Governi ma dei cittadini.
E i cittadini mostrano sempre più di capire che il disegno di legge sulle intercettazioni, il progetto di mettere il silenzio sulle notizie e sulle inchieste giudiziarie, il bavaglio ai mezzi di informazione, è un attacco alla libertà di tutti. Governo e maggioranza ci provano ancora e ora vogliono il carcere, addirittura, per chi diffonde notizie non più coperte da segreto giudiziario ma poste alle cognizione delle parti. Notizie pubbliche e perciò pubblicabili, in un Paese normale, perché di pubblico interesse e che, su vari aspetti, tali sono a prescindere dal fatto che siano notizie di reato. È un disegno, questo, irresponsabile, illiberale che fa danno all’Italia, che si aggiunge ad altri atti contrari alla convivenza sociale e che fa fare brutta figura al nostro Paese nel mondo, costringendo tutti – dalle imprese, ai lavoratori, agli intellettuali, alle istituzioni responsabili – a un confronto con l’esterno che parte sempre con un handicap grave.
Ormai il “marchio” italiano che passa è quello delle piacevolezze di vita del premier Berlusconi, tanto che un imprenditore di questo settore in Argentina, a Rosario, gli ha dedicato una “casa Berlusconi”, un “Palacio” di spettacoli e intrattenimenti per uomini con tante donne (a pagamento). Una volta almeno il marchio era quello del Milan, che al massimo divideva i tifosi ma animava importanti competizioni sportive. Sicuramente, quella “Casa” non l’ha chiesta lui, ma questo è ciò che accade e resta oggi ed è una mortificazione per gli italiani nel mondo.
Il manifesto del professor Gustavo Zagrebelsky (e con lui di altri costituzionalisti come il professor Valerio Onida) chiama al confronto civile per una politica di valore e di valori, attorno a grandi idee politiche per il Paese su cui rendere di nuovo vitale la democrazia e la capacità di iniziativa delle istituzioni.
“Insistere, insistere, insistere”, ha ripetuto il professor Zagrebelsky per risposte adeguate alla crisi che investe nelle fondamenta il nostro Paese.
Per questo c’è bisogno di una stampa libera, non intimidita né piegata da multe milionarie o da minacce di carcere per chi non fa mancare il circuito delle notizie che contano per la formazione dell’opinione pubblica.
Le nuove misure portate davanti al Parlamento per piegare giornali e giornalisti sono perciò uno dei motivi di animazione e vitalità della piazza di Milano e di tante altre piazze, in cui vanno radunandosi persone e proteste. Associazioni come “Libertà e Giustizia”, “Articolo 21”, Movimenti di insegnanti e studenti, sindacalisti, hanno scelto non da oggi di rompere silenzi e catene e di ricorrere anche alla piazza, come luogo di movimento e di iniziativa, per recuperare decoro e rendere chiaro, qui e nel mondo, che c’è un’Italia della dignità che non accetta manomissioni alla Carta costituzionale, che non cede all’antipolitica, né alla tentazione dell’indifferenza.
Già da mercoledì (12 ottobre al Pantheon a Roma, alle 17) altri presidi cercheranno di far capire al Parlamento che deve fermarsi davanti a proposte di legge così dannose per il Paese e la convivenza come quella sulle intercettazioni. Sabato tante altre piazze faranno sentire altrettanto chiara la loro voce. E, presto, se questo ddl andrà avanti, un’altra grande piazza come quella del 3 ottobre del 2009 (Roma, piazza del Popolo) farà vedere e sentire come i cittadini hanno deciso di “insistere, insistere, insistere”, con ago e filo per riconquistare la società delle regole condivise, oggi ferita e mutilata.
* Segretario Federazione Nazionale della Stampa italiana