La sconfitta

17 Maggio 2011

Consapevole dell’importanza del passaggio elettorale, Berlusconi aveva concentrato tutta l’attenzione su se stesso. Ha chiesto un referendum sulla sua persona. E l’ha perso. L’entità del colpo è micidiale.

È  una sconfitta personale e politica senza attenuanti. Le cifre urlano. E nessuna propaganda può nascondere la debacle berlusconiana. Era stato il Cavaliere ad annunciare che questa volta il voto era politico, non un voto ordinario per i sindaci, e che dunque entrava in gioco il futuro suo e del suo governo. Consapevole dell’importanza del passaggio elettorale, aveva concentrato tutta l’attenzione su se stesso. Ha chiesto un referendum sulla sua persona. E l’ha perso. L’entità del colpo è micidiale. Sono consegnati alla riflessione dati ai quali, il premier, per primo, all’inizio non voleva credere. Si avvera la profezia di Bersani: “Due vittorie al centrosinistra e due ballottaggi”. Ma il calcolo finale supera lo stesso ottimismo del segretario del Pd. Si poteva mettere in conto che, a Milano, Pisapia andasse al ballottaggio. Ma non che veleggiasse verso la partita decisiva, fra due settimane, con quasi sette punti di vantaggio su Letizia Moratti. Serpeggiano i primi dubbi sulla strategia del capo che, ultimo colpo, ha visto dimezzati anche i suoi suffragi elettorali. Lui ha voluto il muro contro muro. Lui ha cercato lo scontro a ogni passo, radicalizzando il conflitto fino all’inverosimile, tessendo la narrazione grottesca di un Paese che non c’è. Un Paese dominato da magistrati amici dei brigatisti, che rischia di finire nelle mani di governi comunisti pronti a imporre tasse patrimoniali. Lui ha coinvolto negli attacchi anche il capo dello Stato e la Corte costituzionale, avendo come scopo e approdo la conservazione di un potere che rappresenta uno stravolgimento di ogni equilibrio e di ogni regola.

L’estremismo e la paura sono state le armi di cui il premier si è servito. Soprattutto a Milano, snodo principale della competizione elettorale perché qui è la culla del potere berlusconiano, qui pesa il potere di contrattazione della Lega. Questa strategia si è configurata con la candidatura anomala al Consiglio comunale dello stesso Berlusconi che ha confiscato ruolo e immagine del sindaco uscente. Tuttavia, la drammatizzazione non ha pagato. Anzi, ha suscitato un sentimento di protesta in quella borghesia moderata che, altre volte, magari turandosi il naso, aveva votato per il Pdl. Né ha portato vantaggi la propaganda berlusconiana a Napoli dove si è manifestato il tentativo di una sorta di voto di scambio, con la promessa del presidente del Consiglio di bloccare la demolizione delle abitazioni abusive, malgrado la competenza in materia non sia del governo, ma regionale e comunale. Qui il Cavaliere è andato incontro a un altro insuccesso perché il suo candidato non solo non ce l’ha fatta al primo turno, restando nettamente sotto ogni previsione, ma rischia assai al ballottaggio, dopo l’exploit del “giustizialista” De Magistris.

È  il dato milanese, in ogni caso, ad assumere una portata storica, visto che da qui è partita, diciassette anni fa, la marcia berlusconiana. Nella roccaforte del Cavaliere, il centrosinistra  era de tempo ridotto al di sotto del 30 per cento, sembrava confinato a un ruolo di sterile testimonianza. L’inversione di tendenza non poteva essere più netta. Per il successo di Pisapia, e anche della coalizione che lo sostiene, con un Pd in risalita, che aaggaunta ora il Pdl . Il calo del partito di Berlusconi era previsto,  ma si pensava che le sue perdite sarebbero state drenate dalla crescita della Lega, come è già accaduto nel recente passato. E, invece, assieme a Berlusconi, perde anche Bossi. Anche la Lega è in calo,  quasi di cinque punti rispetto alle regionali di un anno fa. Ed è una tendenza che va oltre Milano, e si manifesta in molti comuni capoluogo, visto che solo a Bologna il Carroccio registra un incremento. Certo, si cercherà di tenere la crescente fibrillazione sotto controllo, almeno fino a quando non si andrà ai ballottaggi. Ma è impensabile che l’intesa tra Berlusconi e Bossi possa proseguire secondo lo schema consueto. Già i risultati del primo turno compromettono le mosse future del Cavaliere. Ritorna il fantasma della crisi. E appare seriamente pregiudicata  la possibilità di una sua candidatura alle prossime politiche.

Vedremo presto come la partita può risolversi. Ma è chiaro che questo voto colpisce al cuore il sistema berlusconiano. La credibilità del premier è in caduta libera. La sua narrazione, evanescente e fittizia, non trova più capacità di ascolto. Tutto ciò è connesso alla crescita dell’insicurezza e delle delusioni per i pessimi risultati dell’azione governativa. Ma, probabilmente, anche a un dato, più difficilmente certificabile, e tuttavia d’estrema importanza: il manifestarsi di un’etica pubblica e privata che non restare indifferente alla violazione della legalità e delle regole della civile convivenza. La personalizzazione, aggressiva e arbitraria, della proposta politica berlusconiana comincia a non pagare. Da tempo, il Cavaliere non ha più nulla da proporre al Paese. E resta imbalsamato nella ripetizione, ossessiva, della sua vecchia messa in scena.

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