La riforma della Giustizia formata dal ministro Alfano entra oggi ufficialmente in Parlamento. Separazione delle carriere, doppio Csm, azione penale non più obbligatoria, ma calmierata dal governo, responsabilità civile dei magistrati e maggiore autonomia della polizia giudiziaria che si vedrebbe affidata l’iniziativa di avvio delle indagini, sono tra i punti cardini cui vanno aggiunti, tra l’altro, quasi come corollari, il fatto che il pm non potrà più appellarsi alla sentenza, se questa è di assoluzione, e il nuovo ruolo oltre che i nuovi poteri del ministro della Giustizia.
Il via alla discussione che dovrà terminare in fretta, secondo gli annunci del ministro Alfano, è prevista per le 14, a Montecitorio, nelle sala del Mappamondo, a commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia. A presiedere i lavori saranno il Pdl Donato Bruno, la futurista Giulia Bongiorno. Il Guardasigilli Angelino Alfano seguirà la sua riforma passo passo.
Aprono la discussione due relatori, Gaetano Pecorella, ex legale di Berlusconi e docente di diritto penale, ex presidente dal 2001 al 2006 della commissione Giustizia; e Manlio Contento, anche lui avvocato, ex An rimasto nel Pdl, noto per la meticolosità normativa e la riservatezza. A loro il compito di illustrare cosa contiene questa riforma.
Entro luglio, secondo la tabella di marcia del ministro, il primo voto. Ce ne vorranno altri tre se le lettura procederanno senza intoppi. Poi, sarà la volta del referendum.
Libertà e Giustizia che il 21 febbraio ha lanciato l’appello La riforma della Giustizia non la fanno gli imputani (né i loro avvocati!) seguirà i lavori delle commissioni e dell’Aula, annunciando fin da ora la raccolta di firme per un possibile referundum contro questo progetto di legge che non riforma il sistema a favore dei cittadini, ma ha l’unico scopo di lenire le ossessioni giudiziarie di un presidente del Consiglio che non esita a stravolgere la Costituzione e ad attaccare la Corte costituzionale per risolvere i suoi personali guai giudiziari.
Il disegno di legge propone di modificare il Titolo IV, parte II, della Costituzione, quello dedicato alla Magistratura. Due gli obiettivi principali, esplicitati nella relazione introduttiva del provvedimento: assicurare l’indipendenza della Magistratura ed evitare che questa si estranei dalla vita della Nazione, divenendo un corpo chiuso.
Il primo cambiamento proposto, più formale che di sostanza, riguarda il nome del Titolo stesso della Costituzione: da “La Magistratura” a “La Giustizia”, per far sì che “l’ordine giudiziario non sia inteso come corporazione, ma come un bene essenziale per la vita dei cittadini e per la Nazione”.
La separazione delle carriere dei giudici e dei pm è il secondo cambiamento, fortemente auspicato dai firmatari, e tra i punti centrali dell’intera riforma. Tale proposta, si legge nel testo del ddl, è necessaria per “offrire un processo giusto al cittadino che vi sia imputato o parte”. I pm, infatti, assumerebbero uno status costituzionale proprio che “assicura l’efficienza, la responsabilità e l’eguaglianza nell’esercizio dell’azione penale”. Il Consiglio d’Europa stesso ha invitato gli stati membri a procedere a tale separazione “affinché lo status giuridico – come si legge nel ddl – , la competenza ed il ruolo procedurale dei pm siano stabiliti dalla legge”.
Altro cambiamento riguarda il Consiglio superiore della Magistratura, ovvero l’organo di autogoverno della magistratura. Il disegno di legge attribuisce le funzioni attualmente svolte dal Csm a tre diversi organismi di nuova istituzione: il Consiglio superiore della magistratura giudicante, il Consiglio superiore della magistratura requirente e la Corte di disciplina.
Si implementa anche il ruolo del Ministro della Giustizia: la riforma inserisce esplicitamente in Costituzione il compito ispettivo. Inoltre, sarà chiamato a “riferire annualmente alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine”.
Le altre modifiche del ddl Alfano riguardano l’ampliamento delle possibilità di reclutamento elettivo della magistratura onoraria, il rapporto tra autorità giudiziaria e polizia giudiziaria. Si introduce, inoltre, il principio dell’inappellabilità dei provvedimenti di assoluzione.
La riforma, infine, interviene sul principio della responsabilità professionale del magistrato. Prevede infatti che “il magistrato dovrà rispondere degli atti compiuti in violazione dei diritti, che cagionino un danno ingiusto al pari degli altri funzionari dello Stato”. Il ddl stabilisce, inoltre, che “la legge deve regolare con norme specifiche i casi di responsabilità civile derivante dalla lesione ingiusta della libertà personale dei cittadini”.