Il sabotaggio è pronto, arriva alle 12, questa mattina, quando prenderà il via il Consiglio dei ministri che ha aggiunto all’ultimo minuto, all’ordine del giorno, la modifica degli articoli 41 e 118 comma quarto della Costituzione.
La riforma procede su due binari distinti, due testi, uno di legge ordinaria sulla segnalazione di inizio di attività imprenditoriale, una di revisione della Costituzione. Gli interventi “regolatori” di Stato, regioni, enti locali che riguardano le attività economiche arriveranno, ma solo “ex post”, cioè dopo che l’impresa è già stata avviata.
L’articolo 41 della Costituzione verrà così integrato: “La Repubblica promuove il valore della responsabilità personale in materia di attività economica non finanziaria. Gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali che riguardano le attività economiche e sociali si informano al controllo ex post”.
All’articolo 118 della Carta viene invece aggiunto: “Stato, Regioni ed Enti locali riconoscono l’Istituto della segnalazione di inizio attività e quello della autocertificazione, lo estendono necessariamente a tutte le ipotesi in cui è ragionevolmente applicabile, con esclusione degli ambiti normativi ove le leggi prevedono fattispecie di delitto o che derivano direttamente dalla attuazione delle normative comunitarie o internazionali”. Ma cosa c’entra la semplificazione burocratica con l’equilibrio costituzionale, secondo il quale l’impresa è libera ma non può svolgersi contro l’utilità sociale o la dignità umana? Si vuole forse dire che può?
Per quanto riguarda la ‘materia urbanistica’ il Ddl prevede che Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge “provvedono anche ad adeguare le proprie normative in modo che le restrizioni del diritto di iniziativa economica siano limitate allo stretto necessario per salvaguardare altri valori istituzionali”. Stato, regioni, Province e Comuni, entro 3 mesi dall’entrata in vigore pubblicheranno degli elenchi di “casi” di imprese che rientrano in questa possibilità. In caso di mancata pubblicazione sarà fatta salva “la buona fede di chi ha intrapreso un’attività economica e sociale”.
La relazione al Ddl, in tutto 11 pagine, è corredata da una serie di grafici che dimostrano quanto il nostro Paese sia indietro sui tempi necessari ad aprire un’impresa e sul “peso” burocratico che i potenziali imprenditori devono sostenere.