Quegli schiaffi del Duce a Venezia

04 Gen 2020

L’acqua alta della democrazia si misura all’alba degli anni Venti del terzo millennio: e che sia accaduto in piazza San Marco, proprio lì, è l’ultima beffa del caso. Il branco di vigliacchi che allo scoccare della mezzanotte del 2020 in mezzo alla folla gioiosa di Venezia ha pestato Arturo Scotto al grido di «Anna Frank sei finita nel forno» e «Duce duce!», non è solo il pessimo esordio del nuovo anno.

È l’ennesimo segnale di un fenomeno preoccupante e (ancora) sottovalutato: lo squadrismo nazifascista 2.0. Gruppi di estremisti che, persino in una notte di festa, e dunque un contesto neutro, scevro dalla contaminazione dell’odio politico, si calano in testa il cappuccio dell’infamia e dalle parole – le più vomitevoli, quelle che lordano i social e rimbalzano nelle curve nere degli stadi – passano ai fatti. Stavolta è toccato a un politico. La notte del 31 dicembre è in piazza con la moglie e il figlio quattordicenne per brindare al Capodanno: da padre di famiglia, tra decine di migliaia di persone. C’è l’ uomo e basta, non il politico. E tutto avrebbe immaginato, Scotto, aspettando il rituale countdown e i fuochi di artificio, tranne che ritrovarsi con il volto tumefatto dai cazzotti di otto ragazzi; otto picchiatori travestiti da festa che colpiscono l’ex parlamentare di Sel (oggi dirigente di Articolo 1-Mdp) per fargli pagare la sua colpa: avere difeso i valori della democrazia nata dall’ antifascismo.

La violenza cieca deflagra quando Scotto osa l’inosabile, almeno per chi rimpiange i dittatori e si esprime con le mani: chiedere alla comitiva di piantarla di gridare «Duce Duce» e intonare cori nazisti. Giù pugni. L’esaltazione dei forni crematori e le botte a cavallo del Capodanno sono lo schifo che può produrre l’animo di chi ha l’odio nelle vene e la testa in modalità vuoto pneumatico. Non ha importanza sapere se i nazistelli che cantavano «Duce tu scendi dalle stelle» e che dopo il pestaggio sono scappati come conigli fossero anche ubriachi. Ciò che conta, purtroppo, è che questi delinquenti – criminali ideologici ancor prima che autori di un’ aggressione – girano tranquillamente e da tempo si sentono ringalluzziti, in parte anche sdoganati. E, se non protetti, comunque non più fuori dal perimetro della società.

Armate dagli slogan dei loro padrini – leader politici, ex ministri, ex governatori, anche da una certa stampa che usa le parole come manganelli – le squadracce nere entrano in azione perché godono di buon vento. E a volte di una sostanziale tolleranza (non solo) da parte della destra fasciosovranista. Continuando a minimizzare il fenomeno, e definendolo figlio di una violenza generica, si diventa complici. E il più grande favore che si può fare ai fascisti e ai nazisti è dire che non esistono.

Dopo la vergogna di Venezia (vergognoso anche il consiglio dell’agente della polizia locale che ha suggerito a Scotto «faccia denuncia domani», come se festeggiare l’ inizio dell’ anno nuovo fosse più importante che cercare un branco di naziskin) chiediamo: quanto tempo ancora dovrà passare prima che lo Stato intervenga per sciogliere le organizzazioni fasciste? Fino a quando si continuerà ad indugiare di fronte allo squadrismo? Che non abbia mosso un dito il governo Lega-M5S si può comprendere (c’ era un ministro dell’Interno che all’estrema destra strizzava l’occhio). Ma l’esecutivo attuale, perché non batte un colpo? Lo chiediamo al premier Conte. Lo chiediamo ai ministri che, come i loro predecessori, hanno giurato sulla Costituzione antifascista.

la Repubblica, 2 gennaio 2020

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