Anno giudiziario/Decreto intercettazioni: ora più difficile indagare

31 Gen 2018

A introdurre qualche incrinatura nella letizia delle celebrazioni dell’anno giudiziario a Milano è arrivato il procuratore generale, Roberto Alfonso. Ha dedicato un capitoletto della sua relazione alle nuove regole sulle intercettazioni volute dal governo e promulgate con un decreto legislativo: “Un provvedimento che, dopo anni di discussioni, tenta di salvaguardare oltre alle indagini anche la privacy di persone non direttamente coinvolte nelle investigazioni”, ammette.

Ma con quali risultati? “I giudizi sul contenuto del decreto sono svariati: per i magistrati, si affida troppo potere alla polizia giudiziaria; per i giornalisti, si mette il bavaglio alla stampa; per gli avvocati, si limitano i diritti della difesa”. Critiche senza motivo? “Per quanto ci riguarda”, risponde il procuratore generale, “riteniamo che le modalità di acquisizione, di trascrizione e di utilizzazione delle conversazioni intercettate, previste dalle nuove disposizioni, possano limitare il quadro investigativo”. E non soltanto “nel procedimento nel quale le intercettazioni sono state disposte”, ma anche “in altri procedimenti ove esse potrebbero essere utilizzate, anche a distanza di tempo, sulla base di una rilettura contestualizzata e combinata con nuove acquisizioni investigative”.

È un allarme, seppur lanciato con toni prudenti. “Pur riconoscendo l’ indifferibilità di una nuova disciplina normativa, deve osservarsi che solo la concreta applicazione delle nuove disposizioni potrà chiarire se esse siano state in grado di raggiungere gli obiettivi perseguiti”, conclude Alfonso. Insomma, la nuova legge è, se non bocciata, almeno rimandata: “Una valutazione più approfondita sulle nuove norme deve necessariamente rinviarsi alla prossima relazione”.

Ancor più netto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi: “La recente riforma delle intercettazioni, a mio parere, rischia di non risolvere il problema da cui si dice sia nata, ma al contempo creerà enormi difficoltà interpretative e applicative: a chi indaga e a chi è sottoposto alle indagini, al pm ma anche agli avvocati e anche ai giudici”.

Lo Voi propone alla politica un “fermo biologico in materia di riforme della giustizia o del processo, necessario non per il ripopolamento, ma per riportare la calma nel mare dopo la tempesta delle riforme, non tutte positive, succedutesi in questi anni”. Insomma: cari politici, per un po’ fermatevi e smettete di mettere mano a nuove riforme in materia di giustizia. Per il procuratore di Palermo, “senza questo fermo biologico la confusione aumenterà e si allungheranno pure i tempi dei processi, vero grande problema della nostra giustizia”.

Critiche al decreto sulle intercettazioni arrivano anche dal procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo: “Le intercettazioni servono, servono eccome”, ha detto. “Qualcosa andava fatto sul piano della diffusione e sul piano della violazione del segreto”, ha concesso il magistrato torinese, che poi, però, si detto “perplesso” per “quella sorta di ‘appalto’ agli ufficiali di polizia giudiziaria nell’attività di selezione preventiva delle conversazioni da ritenere irrilevanti, estranee, private”. Perché “l’intercettazione è un atto di indagine del pubblico ministero, egli ha la responsabilità di quel che si fa o quel che non si fa e di come lo si fa”, ha osservato Saluzzo, “e non è ammissibile che si metta nelle mani dell’ amministrazione, al di là del vincolo gerarchico-funzionale verso il titolare dell’ indagine, un vaglio di tal genere”.

Da Milano, il procuratore generale Alfonso nella sua relazione ha introdotto anche altri due temi delicati: avocazioni e reati fiscali. Della nuova norma che prevede l’avocazione delle indagini “per mancato esercizio dell’azione penale” ha dato una interpretazione “leggera”, sostenendo che l’avocazione, da parte della Procura generale, di indagini non fatte o tirate in lungo dalla Procura è una facoltà, non un obbligo. Ma seduto davanti a lui, ad ascoltare – ironia della sorte – c’era il sindaco di Milano Giuseppe Sala, “vittima” proprio di una sua avocazione, per indagini su Expo, e ora imputato di falso ideologico e materiale e di abuso d’ ufficio. Non era l’unico imputato, nell’aula magna del palazzo di giustizia milanese: non distante da lui c’era Roberto Maroni, presidente della Regione, sotto processo per turbata libertà della scelta del contraente e per induzione indebita.

Quanto ai reati economici e fiscali, su dati forniti dal procuratore della Repubblica Francesco Greco (assente perché all’estero per la laurea della figlia), Alfonso ha sottolineato che dopo un anno d’applicazione dei nuovi decreti legislativi in materia fiscale, le notizie di reato in questo campo sono crollate dell’87 per cento, dalle 2.808 del 2015 alle 346 del 2016. Si è dunque verificata una sostanziale “depenalizzazione” a tutto vantaggio degli evasori.

il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2018

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