Costituzione, classe politica e politiche dopo il 4 dicembre 2016

11 Mar 2017

Assistiamo arrabbiati, sgomenti, indifferenti al declino di una classe politica incapace di comprendere i reali bisogni del paese. La rappresentazione che oggi viene offerta da molti dei protagonisti evidenzia una lotta per il potere fine a se stessa. Le politiche prospettate appaiono strumentali al perseguimento del proprio potere.

Era abbastanza prevedibile immaginare che il risultato del 4 dicembre scorso venisse rimosso.
Le due diverse chiavi di lettura, voto sulla riforma e voto contro Renzi, sono entrambe “indigeste” a chi ha formulato una riforma pasticciata ed a chi ha personalizzato il

  1. Il quadro di riferimento offerto da molti esponenti dei partiti non lascia presagire nulla di costruttivo da qui alle prossime elezioni.

Non sappiamo quando si voterà e con quale sistema elettorale.
Non sappiamo quali partiti e/o coalizioni parteciperanno alle elezioni.

E da qui al giorno del voto molti protagonisti di oggi continueranno sui social e nei talk show ad offrirci politiche urlate e prive di contenuti. E non appaiono neppure consapevoli che dopo il voto sarà inevitabile dialogare.

Chi si è fatto carico di battersi per il no non può però limitarsi a considerare il risultato favorevole ottenuto e rinunciare a consolidare il ruolo di protagonista svolto dalla società civile.

È necessario continuare “a fare politica”, ad incalzare la classe politica che si prepara alle prossime campagne elettorali perché queste siano condotte su temi reali e ciascuna forza politica si pronunzi prima sugli stessi temi in modo esplicito.
Importantissimo, fondamentale sarà il ruolo dei giornalisti. Da essi dipenderà in gran parte se i temi reali saranno affrontati o evitati.

E non si tratta di temi di poco momento, a cominciare dalla difesa e dalla attuazione della carta costituzionale. La carta costituzionale ha bisogno di essere vissuta e non stravolta.
Una prima riforma, da più parti avvertita e già autorevolmente proposta in forma articolata , è relativa ad una modifica dell’art. 138.

A prescindere dalla maggioranza ottenuta in seconda votazione, dovrebbe essere sempre consentito l’eventuale ricorso al referendum e ciò per evitare riforme promosse da una maggioranza parlamentare dei due terzi non rispondente ad una reale maggioranza nel paese.
Questa sarebbe una riforma di buon senso e che non dovrebbe creare contrapposizioni ideologiche, essendo interesse di tutti che le regole costituzionali godano del più ampio consenso nei proponenti e della più ampia condivisione dei cittadini che alla legge votata prestino fiducia scegliendo di ricorrere o meno al referendum.

Questo è uno dei temi sui quali è opportuno che tutti i partiti si confrontino, da subito e in modo chiaro e preciso.

Così sarà opportuno che il confronto si concentri anche su altre auspicabili modifiche della carta costituzionale quali il bicameralismo perfetto, il numero dei parlamentari, la valorizzazione del decentramento, etc, sempre tenendo presente la necessità di proporre revisioni puntuali ed omogenee.

Sarà pure necessario che ci si confronti anche sulle politiche di tutti i giorni, quelle che si occupano del lavoro, della giustizia, dei diritti.

Nonostante l’autoreferenzialità di gran parte della classe politica, appare necessario che nel tempo che ci separa dalle elezioni siano realmente affrontati e discussi i temi per i quali noi cittadini potremo orientare consapevolmente il voto.

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(*) L’autore, già magistrato, è socio del Circolo di Messina di LeG. Questo articolo è stato pubblicato su lettera43.

 

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