Sicilia: le gravi opacità da superare

18 Gennaio 2013

Per questo ci preoccupiamo perché al di là della linearità, positività, Bersani, da noi, dove è assolutamente, anche per via della legge elettorale al Senato, avere un significativo risultato – la nostra è una delle regioni determinanti sul piano nazionale – queste satrapie locali aumentino la disaffezione, tra astensione e voto che va altrove, come mera indignazione.

A quaranta giorni dalle elezioni, con il riaffacciarsi del brutto sogno Berlusconi, e quindi dei rischi che corremmo nel 2006 con Prodi, alla partenza vincitore senza  problemi, occorre che Bersani  faccia un altro passo. Il Segretario fin qui ha dimostrato, soprattutto negli ultimi mesi, tenacia nella scelta dei raccordi  di strumenti  rischiosi, come le primarie e di un qualche rinnovo dei protagonisti. Lo ha fatto con sicurezza, lealtà, limpidezza, anche caparbietà. E il consenso, come Pd, siamo gli unici ad averlo potuto registrare nella battaglia per un’Italia giusta.  Certo  sono da definire i punti essenziali dell’Agenda, in modo chiaro e rispettando le priorità che emergono drammaticamente dal paese, scrive  Arturo Meli. Coniugando le urgenze dell’uscita dal baratro, del risanamento, dell’equità, dell’eguaglianza, con il rilancio di un movimento che sostanzi  percorsi possibili di ripresa, anche con la doverosa rilettura del Welfare… Quante volte in termini di grande consapevolezza culturale la sinistra ha guardato alle congiunte necessità di rilanciarlo, questo welfare,  frutto dei momenti migliori della nostra democrazia e dei rivoluzionari doveri costituzionali e di sfrondarlo dai parassitismi di quanti pensavano ( lo hanno fatto) di promuoverlo e utilizzarlo come mero strumento di consenso. Appunto nella logica dei gruppi, delle clientele, dei familismi.
A partire dalle politiche di formazione, nel mezzogiorno, soprattutto in Sicilia, assolutamente disancorate da logiche di produttività e di occupazione: solo invece costruzione, certo casuale, di ammortizzatori sociali. Con la stessa improntitudine di un ex ministro napoletano (poi dirà che si era trattato di un lapsus) che ebbe a dire che in fondo anche la ‘ndrangheta, tutto sommato, finiva con  avere una funzione di ammortizzatore.
Certo, l’agenda dovrà riassumere temi enormi, dovrà evitare di imbozzolarsi nel formato di vocabolari di passate elezioni, quelle che facevano dire a Berselli, nella sua “Storia sentimentale di una catastrofe politica”, che, anche per questo, dovevamo considerarci i Sinistrati della sinistra. Dovrà soprattutto definire, assieme ai valori del nostro essere uomini di una Costituzione incompiuta, da attuare e difendere.
Per questo ci preoccupano certe derive onnipotenti, che nel territorio il Pd non ha saputo evitare, ma per evitarle tutto il tema del rapporto partito-aree di cittadinanza doveva essere riconsiderato nel suo modo di accadere, di imbastardirsi in situazioni che invece andavano rischiarate…con lo stesso spirito con cui 20 anni dopo le stragi di Palermo, nel dovere che avvertivamo di dover corrispondere al sacrificio dei nostri poveri eroi morti ammazzati per aver tentato di rendere più gentile il futuro della nostra terra, quando decidemmo che la Dc andava smantellata, perché dimentica dei suoi meriti storici aveva tradito i valori. Con difficoltà, rimpianti, anatemi all’Eur, con un Martinazzoli riluttante, venne fuori il PPI. Certo con traversie, sbandamenti inenarrarabili, ma arrivammo all’Ulivo e al Partito democratico. Tanti i temi che emergono dai modi antichi, cronici del far politica, lì dove politica non è soprattutto ricognizione di fini e di strumenti adeguati per perseguirli, interpretazione dei bisogni, scalettamento di azioni congrue, controllo da parte dei cittadini: cittadinanza piena, insomma  in tutta la sua significazione. Per questo ci preoccupiamo perché al di là della linearità,  positività Bersani, da noi, dove è assolutamente, anche per via della legge elettorale al  Senato, avere un significativo risultato – la nostra è una delle regioni determinanti sul piano nazionale – queste satrapie locali aumentino la disaffezione, tra astensione e voto che va altrove, come mera indignazione. Certo, la speranza, con alcuni fondamenti reali però. Siamo in coalizione con Crocetta. Mesi fa, qui, su LeG cercai di spiegare il significato positivo della candidatura Crocetta. Adesso penso che il suo manifestarsi convulso, forse, sicuramente libero, può essere zattera di recupero di una minore condivisione intorno al Pd, in certe aree… Del resto è la regione che può dare seguito alle pronunce della Corte dei Conti, che si è già espressa.  A Messina, dove si è realizzata con Lombardo, e manifestata anche a livello nazionale e sulla stampa straniera, una situazione scandalosa, ma anche a Trapani, certo altrove,  questo esserci coalizzati con Crocetta potrebbe essere quel tanto che manca ( molto, poco?) al Pd per aggregare un consenso, a rischio di disaffezione…  Credo però che di scandali, di ras territoriali nessuno sentiva il bisogno.
Ora la salvezza è forse soprattutto nelle mani di questo iniziale Crocetta che se, con la sua candidatura autogestita, aveva tolto le mani dal fuoco ad un Pd che, per il copioso, contradditorio, non sempre efficace leaderismo, non sapeva che pesci prendere – come alle comunali di Palermo dove era riemerso, dopo lunga fedeltà dipietrista, un redivivo banalizzato Orlando – adesso può contribuire, anche con attenta severa vigilanza e denuncia dei suoi poteri regionali sui settori inquinati e inquinanti, può, dicevamo, in modo determinante, contribuire a un successo necessario, messo a rischio da affari border-line (?), quelli della sempiterna antropologia vetero dorotea, che ci ha visti in colpevole opacità.

*L’autore è stato presidente della Regione Sicilia dal ’92 al ’93. Diviene presidente subito dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio e guidò il primo governo regionale che vedeva in maniera organica la sinistra ex comunista (due assessori del  Pds) in Giunta. Resta all’ARS fino al 1996. E’ socio di LeG Messina.

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