La svolta di Messina

28 Giu 2013

Da alcuni giorni due eventi stanno scuotendo Messina e, varcato lo Stretto, trovano ampia risonanza non solo in Italia: uno è l’elezione a sindaco di Renato Accorinti e l’altro è costituito dalle indagini preliminari nei confronti del deputato nazionale Francantonio Genovese e di quello regionale Franco Rinaldi, entrambi del Pd e cognati, delle loro mogli, di loro congiunti e di persone a loro vicine.

Da alcuni giorni due eventi stanno scuotendo Messina e, varcato lo Stretto, trovano ampia risonanza non solo in Italia: uno è l’elezione a sindaco di Renato Accorinti e l’altro è costituito dalle indagini preliminari nei confronti del deputato nazionale Francantonio Genovese e di quello regionale Franco Rinaldi, entrambi del Pd e cognati, delle loro mogli, di loro congiunti e di persone a loro vicine. La procura della Repubblica indaga a loro carico con l’ipotesi di associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche per corsi di formazione professionale. Si noti che, in parallelo, un’altra indagine è condotta dalla procura di Palermo a carico di altri esponenti politici (quasi tutti di centrodestra) per ipotesi di reato assai simili, a testimonianza del viluppo che da decenni collega il settore della formazione professionale e le mire di ambienti politici-affaristici-clientelari.

Sull’elezione di Accorinti già il 25 giugno sul sito di Libertà e Giustizia è stato pubblicato un tempestivo e lucido commento di Santi Di Bella; sull’inchiesta giudiziaria certamente non dimentichiamo che si tratta di una fase preliminare. Ora vogliamo semplicemente svolgere alcune considerazioni di ordine politico e soprattutto capire se e quali connessioni possano sussistere tra le due vicende.

Renato Accorinti è un uomo molto noto in città (e non solo) per la coerenza, la generosità e l’onestà con cui ha dedicato 40 dei suoi 59 anni a battaglie pacifiste, ambientaliste e contro le mafie, talvolta solitarie ma non per questo meno risolute. Con pari passione insegna educazione fisica e fa il preparatore atletico, anche in territori di disagio sociale. Non c’è stata battaglia di civiltà che non abbia vista Renato Accorinti sempre in prima fila e tra la gente, incurante di rischiare lo scontro con poteri forti, come quelli che da decenni hanno dissipato pubbliche risorse per l’”operazione ponte sullo Stretto”. Sei mesi fa è stato indotto da migliaia di cittadini (docenti, giovani, operatori economici, artisti, impiegati, in breve: dall’autentica società civile) a candidarsi alla sindacatura di una città massacrata da una disamministrazione scellerata e poco contestata, che da anni ha prosperato nell’indifferenza di troppi e che ha condotto Messina sull’orlo di un temibile dissesto finanziario.

Perché non ci si è rivolti al Pd che, da partito d’opposizione alla giunta di centrodestra, avrebbe dovuto catalizzare l’attenzione di quei vasti ambienti che invece si sono rivolti ad Accorinti attorno al quale si è in breve tempo ingigantito il consenso popolare “per cambiare Messina dal basso”?

Sta qui la connessione con la vicenda – politica ancor prima che giudiziaria – di Genovese. Egli iniziò la sua vita politica nella Dc, poi nel Ppi, quindi nel Cdu e infine, passando per la Margherita, nel Pd, del quale è stato anche segretario regionale. A livello istituzionale è stato, tra l’altro, assessore provinciale di centrodestra, poi deputato regionale, sindaco messinese, deputato nazionale ora alla seconda legislatura. A 44 anni Genovese attesta un curriculum intenso da esperto navigatore, anzi traghettatore (attesi pure i suoi interessi imprenditoriali nello specifico settore), figlio e nipote di due politici democristiani di primo piano, quali il sen. Luigi Genovese e l’on. Nino Gullotti, più volte ministro, dai quali ha appreso pure la capacità di diventare il “signore delle preferenze” del Pd, conquistando il primato nazionale di ventimila voti alle “parlamentarie” ove riesce a far affluire undicimila voti anche a una giovane sconosciuta, che – grazie alle legge elettorale – diventa deputata ed è in atto indagata per un’altra vicenda con l’ipotesi di falso ideologico. All’Assemblea regionale una gran messe di voti viene destinata invece al cognato Franco Rinaldi, primo eletto in Sicilia. Con disdetta degli “occupypd”, a Messina il Pd non ha una sede cittadina, ma è ospitato presso la segreteria personale del giovane parlamentare, che ha per altro pure ospitato alcuni seggi delle primarie negli uffici di enti di formazione (giustappunto) controllati dalla sua famiglia.

Perché la formazione professionale in Sicilia da anni è considerata uno dei maggiori gangli di potere? Senza farla lunga: perché consente di attingere a fondi comunitari, statali e regionali e di controllare il consenso dei tantissimi disoccupati che passano attraverso i centri per accedere a un lavoro pubblico, spesso temporaneo e pertanto assoggettato a ricorrenti gioghi clientelari.

Su Rai 3, nello scorso dicembre, Report ha dedicato un’inchiesta sull’argomento e ha intervistato Genovese e Rinaldi. In un comunicato del circolo messinese di LeG sono stati allora stigmatizzati la “non risposta da consumato dribblatore” del primo e il sorrisetto sfottente del secondo che sosteneva l’equazione tra lavoro, formazione professionale e consenso elettorale.

Non sorprende, dunque, come con la forza di un vastissimo consenso elettorale Genovese abbia determinato la politica del Pd in Sicilia, in particolare promuovendo l’anomala maggioranza che, nella scorsa legislatura, ha sostenuto alla presidenza della regione Raffaele Lombardo, prima alla guida di una giunta di centrodestra.

Cos’è accaduto a Messina, città sprofondata in tutte le classifiche socioeconomiche e sul baratro del dissesto finanziario? Cos’è successo in questa città, dove alcune delle poche industrie chiudevano magari per far luogo, sulle aree di risulta, a edificazioni consentite con generosi cambi di destinazione? Ci si sarebbero attese dichiarazioni infuocate di Genovese, indiscusso leader Pd; si sono registrati, invece, silenzi assordanti e febbrile lavoro sotterraneo per vincere le elezioni comunali. Come? E’ ovvio: controllando i voti e i loro portatori. Quindi, attorno al candidato sindaco del Pd, voluto da Genovese, si è raccolta una coalizione con l’Udc (che qui ha il suo domino nel ministro Gianpiero D’Alia) e con Il Megafono, movimento del governatore Crocetta (che è anche iscritto al Pd), il quale aveva prima lanciato e poi inspiegabilmente fatto cadere la candidatura di un’apprezzata docente universitaria, stimatissima esponente della società civile.

In questa coalizione sono transitati per essere candidati – voti e bagagli alla mano – oltre 20 rappresentanti della maggioranza di centrodestra della consiliatura uscente, compresi 5 assessori e il capogruppo pdl.

Ecco le connessioni politiche tra le due vicende: da una parte, la trasformazione di un partito in una spregiudicata macchina clientelare che ha finito con il negare persino la speranza nel cambiamento; dall’altra, l’elaborazione di un progetto di cambiamento da realizzare con e nella partecipazione, riaffermando il significato più nobile e autentico della politica. Ecco perché sono desolanti le rituali dichiarazioni del segretario siciliano e del capogruppo del Pd all’Assemblea regionale, concordi nell’affermare fiducia nella giustizia, senza “garantismi pelosi” (sic!). Politicamente, di pelo ce n’è troppo… sullo stomaco; andrebbe tosato, come hanno iniziato a fare gli elettori messinesi.

* L’autore è socio di LeG Messina

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