Il rischio lacerazioni sulla campagna elettorale

20 Dic 2012

C’è almeno un punto fermo. Si andrà a votare il 24 febbraio. Uno slittamento di una settimana rispetto all’ipotesi iniziale, ma non quanto Berlusconi sperava. Alcuni commentatori prefigurano, per la prossima legislatura, una possibile collaborazione tra un centrosinistra che, con le primarie, ha fatto un investimento lungimirante e un centro impegnato a colmare un vuoto nell’area moderata e a battere il populismo berlusconiano.

C’è almeno un punto fermo. Si andrà a votare il 24 febbraio. Uno slittamento di una settimana rispetto all’ipotesi iniziale, ma non quanto Berlusconi sperava. Il capo dello Stato ha posto il suo stop al tentativo del Pdl di portare per le lunghe l’approvazione della legge di stabilità, adempimento da cui dipendono le dimissioni di Monti e l’avvio delle procedure di scioglimento delle Camere. Dunque, il Cavaliere dovrà accontentarsi appena di qualche giorno in più per concionare dalle televisioni libero dalle regole della “par condicio”, esibendosi in attacchi insensati e promesse impossibili. Qualche giorno per recuperare l’elettorato perduto, per smussare le resistenze della Lega, per vedere di logorare “l’operazione Monti”, col Professore costretto a “pazientare” fino a quando la legge di stabilità non ha la ratifica definitiva? A queste smargiassate anche molti dei suoi fedelissimi ormai non credono più. La maionese impazzita del post-berlusconismo ha cancellato ogni scenario plausibile di possibile rimonta.

Passiamo a Monti, dunque. Siamo vicini alla tappa conclusiva: le dimissioni, lo scioglimento delle Camere, la conferenza di fine anno del Professore, dalla quale si attendono le parole “chiarificatrici”. Sulla sua “discesa in campo” da tempo non si nutrono più dubbi. Darà il suo sostegno alle due liste centriste, quella civica ( Verso la terza Repubblica) e quella politica (Casini-Fini) che si ritrovano “senza se e senza ma” nella sua agenda per l’Europa.Tuttavia, in che modo  questo avverrà? Sarà il punto di riferimento della neonata coalizione, il suo capo simbolico, ma senza mettere in gioco la propria persona nella competizione? Oppure si getterà direttamente nella mischia, facendo campagna elettorale nella anomala figura di candidato che però, al tempo stesso, non è candidato in quanto senatore a vita? Ci si può girare attorno finchè si vuole. Ma nessun artificio potrebbe presentarlo, in questo caso, come premier “super partes”. La scelta che Monti farà è destinata ad avere implicazioni istituzionali. E implicazioni politiche altrettanto evidenti.. E’ chiaro che dalla veste che assumerà dipenderà anche il suo appeal elettorale. Un Monti solo capo simbolico porterà con sé tutto il suo prestigio, ma sembra destinato a convogliare meno consensi sullo schieramento centrista. Non dimentichiamolo: il centro ha rappresentato finora una forza tanto evocata quanto evanescente, che stenta a toccare, elettoralmente, la doppia cifra. Se il Professore ha l’aspirazione di incarnare per la prima volta in Italia una componente importante del partito popolare europeo, deve correre i suoi rischi. Però, i paradossi che si celano dietro al Monti politico sono evidenti.

Come che andrà a finire, alcuni effetti già si registrano. Uno è certamente positivo: è tramontata infatti, se mai si era davvero profilata,  la possibilità che Monti desse il suo nome a un patto federativo di tutto il centrodestra. Verso Berlusconi ha alzato il ponte levatoio. Con un partito dominato dal Cavaliere non intende in nessun caso allearsi. E, a questo punto, il signore di Arcore ha scritto, nell’agenda dei suoi nemici, il nome di Monti assieme a quello di Bersani. La sua campagna elettorale punterà dunque a delegittimare tutta l’azione del premier. Come annunciano gli attacchi alla Germania, la promessa di abolire l’Imu, la minaccia di fare uscire “entro tre anni” l’Italia dall’euro se non si porrà fine all’ “egemonia tedesca”. Ma non è questo il solo fronte. Un altro se ne aprirà perché Monti è destinato a misurarsi ben presto con il centrosinistra. Non dovrebbe avere interesse a entrare in rotta di collisione con Bersani. Gli converrebbe essere un suo potenziale interlocutore. E lo stesso metodo intende adottare, a sua volta, sull’altra sponda, il Pd. Alcuni commentatori prefigurano, per la prossima legislatura, una possibile collaborazione tra un centrosinistra che, con le primarie, ha fatto un investimento lungimirante e un centro impegnato a colmare un vuoto nell’area moderata e a battere il populismo berlusconiano. Ma oggi sono più le ombre. Del resto, la campagna elettorale si sa come comincia, ma non si sa come finisce. Basta poco a trasformarla  in uno scontro lacerante.

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