Caro presidente, ci aiuti a non aver paura

11 Giu 2010

Dopo via D’Amelio, Caponnetto disse: “È finito tutto”. Ho pauro di arrivare al punto di dirlo anche io, di non avere più speranza e fiducia nel futuro

Stefano Canti

“È finito tutto”. Nel pensare alla presentazione del libro “Il Patto – Da Ciancimino a Dell’Utri. La trattativa Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato”, di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (edito Chiarelettere), avevo in mente l’immagine di Antonino Caponnetto, colui che mise in piedi il mitico pool con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, subito dopo la strage di via D’Amelio. Quell’ unica frase che riusciva a pronunciare in quel video, che ogni tanto rivedo, dopo la morte del suo ragazzo, a poco più di un mese dalla morte dell’altro suo ragazzo, Giovanni Falcone, mi è rimasta subito dalla prima volta che l’ho vista nella mente come un incubo.

Un incubo. Dire “è finita”, è un incubo per me. Ci si pone ogni tanto la domanda: “Di che cosa ho paura?”.  Ecco, vede signor presidente della Repubblica, ho paura di arrivare al punto di dire “è finita”, di non avere più speranza e fiducia nel futuro.

Vede signor presidente della Repubblica, io non le chiedo di non firmare il Ddl sulle intercettazioni, ho profonda stima per lei e rispetto del suo ruolo. Chiedere di non firmare sarebbe condurla nella battaglia politica e farle prendere una posizione, la quale lei non deve prendere visto il ruolo che riveste.

Ma, vede presidente, lei sa meglio di me che “qualunque regime autoritario e oligarchico che si nasconde dietro la faccia di democrazia ha bisogno per esistere di fondarsi sul segreto e sull’inganno”. Vede, io non penso che siamo al fascismo, ci riuniamo, manifestiamo, ancora la libertà d’espressione c’è l’abbiamo; però, signor presidente, ci sono segnali preoccupanti.

Non è un caso che la presidente dell’associazione di cui faccio parte, Sandra Bonsanti, ha parlato di “colpo di Stato Berlusconiano”. Da cittadini liberi abbiamo visto la progressiva esautorazione del Parlamento, che con l’approvazione, sottoposta a fiducia, del Ddl intercettazioni ha raggiunto il culmine. Il presidente del Consiglio, infatti, vincolando tutti i parlamentari di maggioranza (basta andare a vedere le sue dichiarazioni – diktat – il giorno prima del voto) a votare senza possibilità di scelta il Decreto ha fatto carta straccia dell’articolo 67 della Costituzione Italiana (e non solo di quello, ma di tutta la Costituzione come dirò più avanti): “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Tutto questo dentro a un conflitto d’interessi spaventoso, quel giorno subito dopo aver parlato da presidente del Consiglio ha preso le vesti di Ministro dello Sviluppo Economico ed ha attaccato la Rai (“da quanto è faziosa non firmerei il contratto”) come un qualunque datore di lavoro, un “padroncino” più precisamente, farebbe a un suo dipendente sentendosi in una posizione di netta superiorità.

Con l’approvazione al Senato dell’Ddl intercettazioni si va, signor presidente della Repubblica, verso la fine di qualsiasi organismo di garanzia, perché questo sono la Magistratura e l’opinione pubblica.

L’assalto finale alla Costituzione Italiana, di cui ci hanno già dato un assaggio il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il leader della Lega Nord Umberto Bossi e lo stesso presidente del Consiglio, che l’ha definita “catto-comunista” e ha detto che è “un inferno governare” tenendone conto, sarà la cosiddetta “ciliegina sulla torta”.

Sono sicuro che anche lei presidente della Repubblica è convinto che non è la Costituzione ad essere colpevole dei difetti di funzionamento della democrazia, ma è la politica che non riesce a ragionare al di fuori delle sue convenienze. E sono altrettanto sicuro che vigilerà per non far si che la Res publica non diventi “Res privata” di un uomo solo al (tele-)comando.

Non le chiedo, quindi, di non firmare, le chiedo di non farci aver paura. Di non far avere agli italiani la paura di cui parlavo all’inizio. Perché, signor presidente della Repubblica, tanti cittadini, giovani, potrebbero far rivivere quell’immagine di Antonino Caponnetto il giorno dell’approvazione definitiva del Ddl intercettazioni dicendo “è finito tutto”, non vedendo speranza e fiducia nel futuro in una democrazia svuotata e svilita. Lei rappresenta la Costituzione e sono sicuro che non farà accadere una cosa del genere, anche perché come abbiamo visto, Antonino Caponnetto aveva torto. Non era finito tutto come hanno dimostrato i pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, che senza perdere la speranza hanno continuato a cercare la verità, ed oggi siamo vicini ad essa.

* Stefano Canti, 23 anni, studente Scienze della Comunicazione a Urbino, coordinatore LeG Senigallia

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