Una debole strategia per la sicurezza

14 Feb 2006

Salvatore Palidda, insegna sociologia a Genova, ha condotto ricerche su questioni militari e sulle migrazioni per più di tredici anni presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi e il Cnrs francese. Tra gli esperti regolarmente consultati dall’Ocse, dalla Fondation pour les Études de Défense Nationale, dall’Institut des Hautes Études pour la Sécurité Intérieure, dal Forum Europeo per la Sicurezza Urbana, è autore di numerose pubblicazioni apparse in francese, italiano e altre lingue. Ha insegnato sociologia al Politecnico di Milano. Ha pubblicato per Feltrinelli il saggio Polizia Postmoderna.LeG gli ha chiesto di fare il punto sul capitolo del programa dell’Unione dedicato alla sicurezza. Di seguito, le sue considerazioni.
1) Non è vero che l’Italia ha “un numero di addetti ed un livello di spesa simili a quelli di altri paesi europei”: per numero di addetti e costi, in proporzione l’Italia spende per la sicurezza pubblica e privata più di tutti gli altri paesi democratici sviluppati. Il programma parla troppo genericamente della necessità di strategia politica, senza dire nulla di croncreto. Si accenna ai fatti di Genova, ma come la mettiamo con i governi di centrosinistra che hanno preparato il G8 e ne avevano messo in scena il prologo a Napoli? Il programma parla di “ricostruire una capacità strategica di analisi delle minacce e dei rischi reali alla sicurezza …”, ma è un proposito generico: chi farebbe questa nuova analisi? Chi sarebbero gli esperti dell’Unione …? Esisterà un’istanza per questo o solite consulenze dubbie?continua : – svilupperemo misure di controllo del territorio che consentano di ricostruire i flussi e i percorsi delle attività criminali (scritto così sembra quasi che promettono di favorire le attività criminali!) Per il resto mi sembra che il programma resti nel generico e nell’ambiguo: 1) non si dice che la vera insicurezza riguarda i più deboli, le persone più alla mercé dei meccanismi di precarizzazione e nuove schiavitù; allora perché non si dice nulla sulla necessità che le forze di polizia dovrebbero innanzitutto proteggere i più deboli e quindi i diritti fondamentali.Non si dice nulla sulle molestie e violenze sessuali che subiscono le donne nelle economie sommerse e sulle violenze che subiscono gli immigrati in particolare clandestini.

La prima priorità dovrebbe essere quella di garantire che le polizie tutelino effettivamente i diritti fondamentali di tutti e soprattutto i più deboli. 2) Non si dice nulla sul grave sviluppo del business del sicuritarismo: non serve a nulla far proliferare sistemi di sicurezza sofisticati che è dimostrato non sono utili alla prevenzione e rarissimamente possono essere utili alla repressione. Bisogna riequilibrare le spese, le forze e tutto l’apparato fra vera prevenzione sociale e attività delle forze di polizia: questo dovrebbe dire, a mio avviso, un programma democratico.Occorre innanzitutto una razionalizzazione democratica e trasparente delle polizie. Intanto la smilitarizzazione di tutte le polizie impegnate nella sicurezza interna; una ripartizione rigorosa delle competenze (finanzieri solo per i reati finanziari ed economici, una sola polizia per il controllo del territorio urbano; una sola polizia stradale; una per le telecomunicazioni; una per lezone rurali; sciogliere ROS e unità speciali a creare solo unità specializzate interforze con competenze specifiche e diverse (antimafia; antiterrorismo)Le polizie devono essere sottoposte a un controllo democratico rigoroso da un’apposita authority e la punibilità del personale che commette reati deve essere assicurata. Tutti gli incriminati devono immediatamente essere sospesi dal servizio sino a sentenza definitiva e ovviamente nel frattempo non possono avere promozioni di carriera come succede agli inquisiti per i fatti di Genova o anche ad alcuni generali del Ros).

Al capitolo “Valorizzare gli operatori della sicurezza”si adotta il tipico atteggiamento da promesse clientelari: ebbene no la sicurezza in Italia assorbe troppo, occorre ridurla e aumentare le spese per la prevenzione sociale: meglio un assistente sociale e un educatore di strada che videocamere e pattuglioni episodici sono peraltro sconcertato che non si dica nulla sull’enorme spreco della “guerra alle migrazioni” ben documentato dalla stasse Corte dei Conti, nè sulle violenze e violazioni dei diritti fondamentali commesse da operatori delle polizie e da militariun vero militare o poliziotto democratico non ha alcuna gratificazione di trovarsi accanto colleghi come il dirigente digos di Genova sospettato di aver preso a calci un minorenne.

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