Una spinta ideale per ripartire

02 Gen 2006

A giudicare dalle passate esperienze anche questa volta gli italiani potrebbero dimostrarsi fondamentalmente indifferenti allo scandalo delle scalate bancarie e magari le malinconiche scoperte di questi giorni saranno del tutto ininfluenti rispetto alla scelta politica del 9 di aprile. Del resto, il regime berlusconiano che mezza Italia sente di dover mandare a casa è stato talmente dannoso che non dovrebbero servire grandi sforzi per convincere i cittadini al voto.Non ci dovrebbero essere dunque conseguenze importanti sui risultati delle prossime politiche: forse qualche piccolo spostamento a favore di questa o quella forza tra quelle che si contendono il voto al Senato, ma nell’insieme il quadro potrebbe non subire dei colpi significativi.Non è quindi guardando al 9 di aprile (o non soltanto a quella data) che penso che i cittadini italiani hanno bisogno di una spinta ideale per ripartire. Una sorta di ventata per riprendere fiato e guardare con un po’ di speranza ai mesi in cui tutto cambierà in Italia: presidente del Consiglio, governo, presidente della Repubblica (forse), referendum costituzionale, importanti sindaci e via dicendo. Abbiamo trascorso la vigilia delle feste e le feste stesse come sotto una cappa soffocante: il timore quotidiano di leggere le intercettazioni, il timore delle rivelazioni e delle confessioni, l’incertezza nel doversi fare un’opinione tra opinioni così diverse espresse sui giornali, la voglia di non avere idee preconcette ma anche la naturale tendenza a prender parte.

E questa fiumana di banchieri, affaristi, finti immobiliaristi, “salotti buoni” e “salotti meno buoni”, “poteri forti” e “poteri oscuri”, queste ricchezze che appaiono immense e poi forse sono fatte soltanto di immensi favori, di “plusvalenze” che assomigliano alle tangenti di un tempo che fu, tutto questo non è ancora finito. Non è certo bastato cambiare il Governatore, anche se ciò era assolutamente essenziale. No, l’affare continua e continuerà, non ci saranno sante alleanze a far stare tranquillo Bondi. E nemmeno rivelazioni decisive che riporteranno il sonno ai poveretti del centro sinistra.Tutto questo andrà avanti. Il vero rischio è che la delusione o comunque lo sconcerto contribuiscano a approfondire il famoso solco fra società e politica: responsabile, questa volta, non di ruberie o malaffare (per quanto se ne sa oggi) ma di esser stata troppo debole, di aver lasciato vuoti quegli spazi nei quali alcuni sono riusciti se le accuse saranno confermate a tentare la conquista di un potere illegale con metodi illegali. L’azione politica avrebbe dovuto esercitarsi prima, non attraverso consigli, informazioni, incoraggiamenti, sostegno palese ed occulto. Ma attraverso regole, leggi, legalità. Se ancora oggi siamo costretti a parlare di questione morale, non è perché i leader politici ne abbiano parlato troppo, ma troppo poco.A chi spettava, questa azione politica? Alla maggioranza di oggi, non c’è dubbio, ma anche in qualche misura all’opposizione negli anni in cui governava.

Però io sono contraria a cercare colpe e responsabilità (lo sono proprio come costume di vita) e preferisco cercare soluzioni ai problemi, quasi mai, ovviamente, riuscendoci.Ho l’impressione, dunque che serva soprattutto a sinistra qualche cosa che ci faccia ripartire. C’è davanti a noi il grande progetto del Partito democratico: ma può andare avanti senza che si sia chiarito l’aspetto politico della tempesta che ci ha investito? Può il disegno che dovrebbe indicare la via del futuro, fondare le sue radici nella fragilità dei silenzi o delle mezze parole e mezze verità?Si potrebbe, è vero, rinviare tutto a un momento meno delicato. Però la storia italiana ci ha insegnato che ci sono faccende che rifiutano di venir messe da parte: esse trovano sempre qualche malintenzionato pronto a disseppellirle quando meno ci pare opportuno. Oppure si potrebbe fare una scelta diversa, cominciando a ragionare sul serio sui problemi del capitalismo italiano, sul perché è sembrato interessante, negli anni e nei mesi scorsi, l’arrivo di persone la cui unica connotazione era la disinvoltura e la voracità. E’ persino possibile che uno di loro volesse comprare il Corriere senza sapere che farsene (se non cambiare tutto, che vuol dire?), anche se a questa ipotesi io non credo affatto. Ma la disinvoltura non è segno di modernità, bensì, credo, di volontà di non guardare in faccia a nessuno, di andare avanti aggirando la legge e deridendo il codice, anticaglie polverose buone per vecchi moralisti.Bisogna, allora, ragionare e trovare risposte sul perché è stato lasciato il maledetto vuoto, cioè sul perché la politica sia venuta meno ad un suo compito specifico.

Però i tempi non sono quelli dei seminari accademici. Noi abbiamo fretta, il Paese ha fretta e tutti vorremmo che l’affare finisse, vorremmo fermare la fiumana. Ora non bastano più le dighe.Servono una scossa, una svolta, un risveglio. Serve quel potente ideale di “buon governo” di cui Prodi si è fatto portatore, che tutti dicono di sostenere ma che forse più d’uno si adopra ad insidiare.

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