Il diritto di emigrare è stato elaborato già agli inizi dell’età moderna. Fu un teologo spagnolo, il domenicano Francisco De Victoria, che nel 1538, in una relazione all’Università di Salamanca, lo definì un diritto naturale universale e, insieme, il fondamento del nascente diritto internazionale.
Questa definizione è stata generalmente riconosciuta e progressivamente ripresa, nelle università, nelle leggi nazionali, nei trattati, e appartiene oggi al diritto internazionale. Infatti il diritto a emigrare è riconosciuto dagli articoli 13 e 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dall’articolo 12 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e dall’articolo 35 della Costituzione. Una disciplina inclusiva, che ha avuto un riconoscimento clamoroso già nell’Acte constitutionel allegato alla Costituzione francese del 1793, che attribuiva i diritti di cittadino allo straniero che, “domiciliato in Francia da un anno, vi viva del suo lavoro, o sposi una cittadina francese, o adotti un bambino, o mantenga un vecchio, o sia giudicato dal parlamento avere ben meritato nei confronti dell’umanità”.
Questo è il quadro normativo, questa è la legalità. Dunque, in linea di principio, è illecita ogni iniziativa diretta a impedire l’esercizio di questo diritto, e di conseguenza, in particolare, ogni operazione di ostacolo nei confronti dei migranti che si trovano in mare. Peraltro, fin dagli ultimi decenni del secolo scorso, sono andate crescendo spinte protezionistiche che quella normativa, anche se formalmente vigente, hanno di fatto vanificato.
E infatti, oggi, in Europa e in Italia.
Oggi sono tempi difficili per coloro che esercitando un diritto vogliono emigrare, che vogliono lasciare in particolare l’Africa per venire in Europa. Da tempo le difficoltà sono andate crescendo, la logica dell’Europa “fortezza” ha sempre ispirato, negli ultimi trenta anni, misure di chiusura sostanzialmente dirette al respingimento degli arrivi, a partire dalla pretestuosa e inaccettabile distinzione fra migranti economici e richiedenti asilo, che anche l’Onu rifiuta (ma che l’Ungheria accetta pienamente, fino al punto di inserire il divieto di accogliere i primi addirittura in costituzione).
Eppure arriveranno. Pier Paolo Pasolini lo ha scritto in una poesia, “profezia”, del 1963:
… Porteranno con sè i bambini,/e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua/.Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali./Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,/a milioni, vestiti di stracci/asiatici,e di camicie americane. /Subito i Calabresi diranno,/ come da malandrini a malandrini:/”Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!” Da Crotone o Palmi saliranno /a Napoli, e da lì a Barcellona, ….
Arriveranno, ma la loro vita sarà molto difficile. Da qualche tempo quelle misure restrittive, di diversa natura, si sono andate inasprendo, soprattutto a opera di chi, agitando la bandiera della sicurezza, mira all’acquisizione per questa via del consenso popolare. Il succedersi di interventi di contrasto all’immigrazione costringe a misurasi con politiche governative ormai indifferenti non solo ai valori fondamentali della costituzione repubblicana ma anche a elementari principi di umanità.
La logica della chiusura ha messo radici profonde nelle politiche dei paesi dell’Unione: in alcuni, si entra solo se si dispone già di un regolare contratto di lavoro, dovunque il vecchio diritto di asilo viene interpretato restrittivamente. In generale, ciascun paese, intende per quanto è possibile impedire nuovi arrivi. Tutti i paesi europei costruiscono muri o stendono ai confini esterni il filo spinato. In questo contesto l’ Italia è protagonista in prima linea, da tempo, nell’adozione di provvedimenti di estrema durezza nei confronti dei migranti. Solo quando le esigenze economiche lo richiedevano si è proceduto in passato ad ampie sanatorie che hanno consentito la regolarità del soggiorno sul territorio italiano a centinaia di migliaia di persone. L’acquisizione della cittadinanza per la gran parte di costoro è però solo un miraggio. Anche la prospettiva dell’approvazione di una legge sullo ius soli si è rapidamente chiusa.
In questo inizio di secolo governi di segno diverso si sono succeduti in Italia, ma le scelte non sono cambiate, anzi, nel corso degli anni si sono inasprite. Se l’Europa grazie a un costoso accordo con la Turchia – alla quale è stato promessa un’accelerazione della valutazione della richiesta di ingresso nell’Unione – è riuscita a interrompere il corridoio dei Balcani, un’iniziativa sostanzialmente analoga ha adottato il governo italiano con l’accordo del 2 febbraio 2017 fra il ministro Marco Minniti e la Libia. A questo Stato, che viene per questo anche finanziato, spetta di pattugliare il mare e di fermare coloro che intendono attraversarlo per andare verso l’Europa. Anche utilizzando campi di concentramento che annullano ogni diritto delle persone che vi sono costrette, anche lasciando affondare gommoni e scialuppe che tentano di affrontare il Mediterraneo. Eppure, per la Convenzione di Amburgo del 27 aprile 1979 (legge 3 aprile 1989, n.147), luogo sicuro è quello dove le operazioni di soccorso sono concluse e la vita e la sicurezza dei sopravvissuti e le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure modiche) possono essere soddisfatte. Per giudizio di tutte le organizzazioni internazionali, e delle associazioni umanitarie, la Libia non ha nulla a che fare con tutto questo. Lo scorso anno, in aprile, è stata la stessa Procura presso la Corte penale internazionale, nell’acquisire il rapporto del Segretario generale delle Nazioni unite sulla sorte dei migranti in Libia, a comunicare l’avvio di un’indagine preliminare all’apertura di un’inchiesta formale per crimini contro l’umanità in relazione ai fatti che si verificano in quel paese ai danni delle persone straniere.
La Lega di Matteo Salvini
Tutti questi discorsi si sono d’improvviso rafforzati, il 26 maggio 2019, con il successo elettorale della Lega. E’ arrivato Matteo Salvini, il capitano. Ha saputo formare un suo popolo, un esercito sempre più numeroso, che guida e spinge a destra e che, in Italia come in Europa, cerca alleati di destra. Nel nostro paese, emarginato il “moderato” Berlusconi, ha rapporti sempre più intensi con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ma anche con le piccole frazioni di Forza Nuova e Casa Pound. In Europa, il Fronte di Marine Le Pen, l’ungherese Orban e gli altri paesi del gruppo di Visegrad, ma anche tutto quanto è possibile individuare fra i gruppetti xenofobi degli altri paesi, sono i suoi interlocutori privilegiati.
“Prima gli italiani”. Il no all’immigrazione è diventato poderoso, e si è diffusa l’ostilità a rom, sinti e persone di colore, tutti indicati pericolosi per l’ordine e la sicurezza. Un intero mondo va rassicurato nelle sue tradizionali certezze. Il capitano quando si tratta di rom e di sinti sa essere esplicito, anche dimenticando il passato: se in occasione del 2 giugno 2019 se l’è presa con il presidente della camera che aveva fatto gli auguri a tutti, anche a rom e sinti, perchè così facendo aveva rovinato la festa per i soldati italiani, faceva finta di dimenticare che solo nel 2013 aveva dichiarato, per la ricorrenza del 2 giugno, “amici, oggi non c’è un cazzo da festeggiare”.
Il rispetto delle vecchie istituzioni repubblicane è messo da parte. Così il ministro-capitano va a visitare un detenuto condannato per omicidio di una persona non con l’intenzione di visitare i carcerati ma per dare forza in maniera strumentale alle sue iniziative legislative volte ad affermare l’assoluta e indiscriminata possibilità di legittima difesa: e la persona uccisa era uno straniero. Il capitano si rivolge agli stranieri, ai profughi, con parole sprezzanti: “è finita la pacchia”, “preparate le valige”. E, a scanso di equivoci, affrontando il tema dell’immigrazione, dichiara la sua intenzione di “voler scaricare sulle spiagge africane i migranti con una bella pacca sulle spalle, un pacchetto di noccioline e un gelato”. Le noccioline, appunto, quelle che si danno per gioco alle scimmie.
Subito, appena insediato il nuovo governo, a fine maggio 2018, è stato emesso un primo decreto sicurezza, che apporta nuove limitazioni ai diritti dei migranti. Il provvedimento colpisce i richiedenti asilo e i titolari di protezione, e smantella il modello diffuso di accoglienza.In particolaresuscita preoccupazione il futuro dei minori stranieri non accompagnati che, dopo la conversione in legge del decreto, come ha sottolineato Magistratura Democratica, rischiano di trovarsi letteralmente in mezzo ad una strada, perdendo sia una sistemazione abitativa, che il precedente sistema degli SPRAR garantiva, sia le prospettive di inserimento, in molti casi avviate positivamente.
La chiusura dei porti
In questo contesto, un altro atto dell’alleanza Lega-Movimento 5 Stelle è stata la chiusura dei porti per le navi delle Ong, inaugurata con il respingimento della nave Aquarius e poi, nell’agosto del 2018, con la vicenda della nave Diciotti, il tutto con l’aperta rivendicazione del ministro Matteo Salvini, il quale ha dichiarato di voler confermare rigidamente in futuro questa linea di condotta. Anche a costo di dover ricorrere ai voti degli alleati di governo e delle opposizioni di destra per vedere respinta dal Senato l’autorizzazione a procedere richiesta dal Tribunale dei ministri di Catania per il delitto di sequestro di persona.
Che le organizzazioni umanitarie abbiano salvato migliaia di persone nel mare Mediterraneo è un fatto irrilevante, anzi dannoso, pertanto da contrastare. I porti italiani, ha assicurato il ministro con il suo solito linguaggio tracotante, le navi delle Ong “li vedranno solo in cartolina”.Questo impegno è preoccupante e grave. Come ha scritto Luigi Ferrajoli, conferisce infatti al comportamento del ministro un carattere eversivo: persistere nella violazione del codice penale e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite vuol dire abbandonare ogni principio di legalità. Il rischio è che questo ministro, con il sostegno della sua maggioranza e di Forza Italia, intenda alterare i fondamenti dello stato di diritto: non più la legalità costituzionale, ma il consenso elettorale quale fonte di legittimazione di qualunque abuso. Eppure trattati e leggi nazionali affermano il diritto del migrante di vedere vagliata la sua richiesta di asilo senza essere preventivamente respinto. Di fatto, oggi, l’esercizio del diritto di asilo viene preventivamente negato a migliaia di persone. A questa osservazione critica il governo italiano risponde con un alzata di spalle del suo ministro dell’interno.
Se a fronte di tante tragedie alcuni ricordano i doveri di salvataggio e le tradizionali leggi del mare in dissenso dalla scelta di lasciare le navi fuori dei porti con il loro carico di esseri umani, quali che siano le conseguenze di tale scelta, o di criminalizzare in ogni modo le Ong, la risposta è la stessa: un’ irridente alzata di spalle.
L’Onu e innumerevoli autorità possono dire ciò che vogliono dei lagher libici. Per l’Italia, chi dalla Libia parte alla Libia deve essere in un modo o nell’altro ricondotto; di certo non può entrare in Italia. Purtroppo le notizie delle tragedie in mare si susseguono. Se i quotidiani del giugno 2019 parlano di barconi affondati e di gommoni che inutilmente chiedono aiuto, nessun problema. Che si arrangino. Con il suo naturale linguaggio inevitabilmente ingiurioso il ministro Salvini ancora il primo giorno di un’estate drammatica ha saputo essere esplicito: “L’Onu e i professoroni possono dire quel che vogliono. Chi può entrare in Italia lo decide il Viminale”. Già, i “professoroni”: di loro e dei loro discorsi sui diritti il popolo che Salvini ha saputo aggregare non sa che farsene.
E intanto è stato emesso un decreto sicurezza bis che inasprisce ulteriormente le sanzioni nei confronti delle navi delle organizzazioni umanitarie.
La Sea-Watch e Carola Rackete
“Porti chiusi”, dunque; con violazione dei diritti delle persone e, a volte, con qualche conseguente pasticcio. Quando la nave di una Ong tedesca, la Sea Watch, il 12 giugno 2019 ha salvato 52 migranti al largo della Libia, il ministro, dopo avere esclamato “è una nave pirata!”, ha emesso un incredibile decreto per impedirne l’ingresso nelle acque italiane, affermando ancora una volta, ipocritamente, ciò che tutti negano, cioè che i porti libici possono essere considerati porti sicuri (cosa che oggi nega anche il ministro degli esteri italiano Moavero). Poi, quando con il passare dei giorni la situazione dei migranti sulla nave ferma al limite delle acque territoriali italiane s’è fatta difficile, il ministro Salvini ha inventato un ricatto internazionale fino a oggi sconosciuto: poichè la nave è iscritta al libro nautico olandese, che sia l’Olanda – da considerarsi responsabile di ogni inconveniente che dovesse capitare ai passeggeri, ha detto via social – a farsene carico. L’Olanda, ovviamente, a questo tipo di messaggio non dava alcuna risposta. Il 24 giugno, l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia faceva sapere di essere disposto a prendersi in carico “i fratelli e le sorelle che ancora sono sulla Sea Watch, senza spese per l’Italia”. Per il ministro questa volta il problema non era quello di risparmiare, come in altre occasioni, ma di replicare con forza la propria posizione di principio: “lei potrà destinare i soldi della Diocesi per aiutare 43 italiani in difficoltà”.
La comandante della nave Carola Rackete a questo punto s’è rivolta alla corte per i diritti umani di Starsburgo perchè ordinasse all’Italia di consentire lo sbarco dei migranti. La risposta di Salvini è stata: “questa è una provocazione politica; poichè la nave, di proprietà tedesca, s’è rifiutata di portare in un porto libico i migranti, la metà di questi vada in Germania, l’altra metà in Olanda”. La corte, senza ordinare lo sbarco, ha invitato l’Italia a continuare a dare assistenza ai migranti. Così dieci di questi, in cattive condizioni di salute, sono stati portati a terra.
Alle ore 13.50 del 26 giugno Carola Rackete ha deciso di fare ingresso con i suoi 42 immigrati nelle acque italiane dirigendo la nave verso Lampedusa. In uno scenario che qualcuno ha definito da battaglia navale il ministro dell’interno ha disposto l’invio di due motovedette della guardia di finanza per affiancare la nave e ordinarle di fermarsi: la nave ha proseguito il viaggio fermandosi davanti al porto di Lampedusa. Intanto Matteo Salvini, via social, sfogava in un lunghissimo messaggio la sua collera, definendo tra l’altro la comandante della nave “una sbruffoncella che fa politica”. Una sbruffoncella. Un uomo, il ministro, dagli atteggiamenti sempre arroganti e prepotenti; ma che forse si trova in forte imbarazzo davanti alle donne forti e coraggiose. “Non sbarcano, schiero la forza pubblica”; e una motovedetta della Guardia d finanza s’è fermata all’ingresso del porto, per impedire il passaggio della Sea-Watch. Con il suo solito linguaggio da strada il ministro afferma: “mi sono rotto le palle che l’Italia sia trattata dagli organismi internazionali e da alcuni Stati come un paese di serie B”. Peccato che nè lui nè il presidente del consiglio Conte siano andati a una recente riunione dei paesi europei dove si è discusso tra l’altro della convenzione di Dublino, tanto criticata dall’Italia. Per il governo italiano, evidentemente, i vari decreti sicurezza che il governo va emanando bastano e avanzano per affrontare la situazione. Intanto, nella notte fra il 29 e il 30 giugno Carola Rackete decideva che i 40 naufraghi che aveva a bordo dovessero essere sbarcati. Entrava pertanto in porto, giungendo a una collisione con una motovedetta della guardia di finanza che tentava di impedire l’attracco al molo. I naufraghi potevano finalmente scendere a terra, mentre la capitana veniva arrestata. L’ira del ministro dell’interno appariva incontenibile. Nel giro di poche ore entrava in polemica anche con vari paesi europei che contestavano la politica della chiusura dei porti. “Comunque sono pronto a contravvenire alle normative europee e non identificare più gli immigrati che arrivano in Italia, così ognuno sarà libero di andare per l’Europa dove crede”. Così per l’Italia arriverà una nuova procedura di infrazione.
Comunque vada a finire, la vicenda della nave Sea-Watch e della sua comandante simboleggia bene la politica dell’immigrazione del governo italiano.
Intanto il governo ha varato un’imposta dell’1,5% sui trasferimenti di denaro verso i paesi extracomunitari, ossia sui risparmi che gli immigrati inviano alle loro famiglie: una strana interpretazione dello slogan “aiutiamoli a casa loro”.
Nuovi arrivi
La difesa della razza bianca non è però semplice, qualche smagliatura comincia ad aprirsi anche nella tela dei “porti chiusi”. Le informazioni sono a volte confuse e incerte, ma alcuni dati sembrano sicuri. Nel maggio 2019 nei porti italiani riaperti per l’occasione dal presidente del consiglio Giuseppe Conte sono avvenuti numerosi sbarchi: 36 persone sono state portate ad Augusta da una nave militare italiana, 70 migranti ricuperati da tre motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza sono stati sbarcati a Lampedusa, ancora a Lampedusa sono sbarcate 30 persone dalla nave Mare Jonio, che subito è stata sequestrata con la solita improbabile accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La stessa avventura del 12 giugno della nave Sea Watch, già in altra occasione dissequestrata dalla magistratura di Agrigento per non essere configurabili reati nella sua attività, è l’ultima della serie: l’Italia ha dovuto comunque accogliere, dei passeggeri, i malati e le donne incinte.
Intanto, brevi notizie dei media fanno sapere che, migliorando con l’estate le condizioni del mare, barchini veloci e sicuri, gommoni di dimensioni ridotte e alcuni velieri, sempre più numerosi, capaci di affrontare la traversata senza bisogno di aiuti, cominciano ad approdare sulle coste italiane senza poter essere bloccati. O che “navi madri” portano carichi di persone fino al limite delle acque territoriali italiane, per lasciarle poi su gommoni o barchini. Ancora il 19 giugno la Guardia Costiera ha aiutato 40 migranti a entrare a Lampedusa; il giorno successivo, una barca che ne conteneva una trentina, e altri due barchini con un minor numero di persone di diverse nazionalità sono arrivati per conto loro. Il 21 giugno, un peschereccio è sbarcato a Licata. Il 24 una grande barca a vela è arrivata in Calabria a Capo Rizzuto con 50 sub-saariani. Proprio il 27 giugno, con la Sea.Watch ferma davanti al porto, sono arrivati nella notte una barca con 40 migranti e, in pieno giorno, un barchino con 8 persone; nei tre giorni successivi gli arrivi di barche e barchini si sono succeduti..
Ma poi ci sono quelli che arrivano a piedi dalla Slovenia, a volte, dicono le cronache, 80/100 in un giorno. Il ministro si è allarmato, e ha detto pubblicamente che, oltre a un’intensificazione della sorveglianza, provvederà a costruire un muro o a stendere il filo spinato sul confine, come altri paesi hanno già fatto. Altri paesi? Matteo Salvini si è evidentemente dimenticato che la Slovenia è un paese dell’UE, come l’Italia, per cui le barriere sui confini interni a cui pensa sono inconcepibili.
Dunque, nonostante ostacoli e tragedie, dall’inizio dell’anno sono arrivate e stanno arrivando in Italia molte persone, anche se in un numero nettamente inferiore a quelli degli anni scorsi; mentre rimane per fortuna modesto quello dei rientri, come impietosamente ricorda al ministro dell’interno l’alleato di governo.
Una politica di chiusura, della faccia feroce, con qualche aspetto curioso. Quando, il 2 giugno, 100 migranti salvati dalla marina militare sono sbarcati a Genova, Salvini si è affrettato a spiegare in televisione che una parte erano destinati ad altri paesi europei, e la maggior parte venivano presi in carico dalla Cei, aggiungendo con la faccia soddisfatta del mercante di vacche al quale sono andati bene gli affari che ciò avveniva “senza spese a carico degli italiani”. La stessa precisazione, e la stessa faccia, ha esibito una settimana dopo, quando un rimorchiatore italiano, l’Asso 25, ha raccolto 62 migranti dall’Africa subsahariana sbarcandoli a Pozzallo: “ringraziamo i vescovi per la disponibilità a prendersi carico dell’accoglienza di questi immigrati, così ognuno fa la sua parte”. Così i suoi elettori rimangono contenti: potranno essere costretti a ricevere in pagamento dei loro eventuali crediti verso lo Stato minibond di nuovo conio (governativo), ma avranno la soddisfazione che agli stranieri provvederà il Vaticano. Il governo italiano fa “la sua parte” garantendo che per gli stranieri non si spende. L’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, credendo di avere capito lo spessore morale della politica del ministro italiano, si è offerto di farsi interamente carico dei migranti della Sea Watch, senza spese per l’Italia. Questo tentativo, come s’è visto, non ha però avuto effetto.
Salvini tace però la circostanza che periodicamente dalla Germania, con costi rilevanti anche per l’Italia, per effetto della convenzione di Dublino, arrivano aerei pieni di migranti (“i dublinanti”) che, prima di giungere in qualche modo in quel paese, erano sbarcati in Italia: sono stati 967 da gennaio a maggio di quest’anno, sono più di 7.000 in lista d’attesa. Insomma, bisogna arrangiarsi per difendersi dagli africani, che però nonostante tutto arrivano.
E comunque i magistrati ai convegni sui migranti a parlare di diritti non devono andare, pena la loro schedatura: c’è il rischio che rendano sentenze non coerenti con la politica anti-accoglienza del governo. Anzi, visto che alcuni sequestri delle navi delle Ong sono stati vanificati dai magistrati competenti, in una pubblica conferenza stampa, il 14 giugno il ministro Salvini ha fatto sapere che in futuro adotterà un’altra tattica per evitare questi magistrati, cioè per impedire gli arrivi. Infatti, con il decreto sicurezza bis, è intervenuto “opportunamente” sulle regole della competenza territoriale. In futuro non sarà la procura della Repubblica di Agrigento, quella del dottor Patronaggio, a esaminare i casi di arrivi indesiderati, ma quella di Catania, quella secondo la quale non era reato il sequestro di decine di migranti sulla nave Diciotti.
Non passa lo straniero
Da dove arrivano i porti chiusi, i blocchi in mare, le minacce di espulsione, gli atteggiamenti ingiuriosi e la repressione penale? Fino a qualche anno fa per il populismo crescente erano l’euro e l’Europa i principali nemici dai quali bisognava difendersi, anche eventualmente abbandonandoli. L’indipendenza della Padania era una bandiera da sventolare in alto, il tricolore era uno straccio da gettare in un angolo, tutta roba entusiasmante per coloro che andavano scrivendo sui cavalcavia “forza Etna” in occasione di qualche eruzione del vulcano siciliano. Oggi la strategia di chi governa è parzialmente cambiata. La sovranità e l’identità possono essere difese in altro modo. Per quanto riguarda l’idea europea, quella dei padri costituenti, con politiche appropriate la si puo’ sostanzialmente svuotare: non è necessario uscire spontaneamente dall’Europa e abbandonare l’euro una volta riaffermato il ruolo decisivo dei governi nazionali. Eventualmente si può aspettare che sia l’Europa a espellere l’Italia. Quanto alle regioni ricche del nord, quelle “del Pil”, senza bisogno di proporre impossibili indipendenze, si può operare, con successo, per la loro autonomia finanziaria differenziata.
E’ invece l’immigrazione il nuovo nemico esterno. Qui i diritti di tante persone possono essere facilmente violati, ottenendo ampi consensi. Soprattutto per l’immigrazione un nuovo sovranismo ha intercettato il risentimento dei ceti impoveriti e indignati per il loro progressivo affiancamento ai poveri di sempre, con i quali bisogna gareggiare per gli aiuti elementari e l’assegnazione di case popolari. A questi ceti vengono proposte speranze e prospettive, offrendo loro un facile bersaglio, rappresentato appunto da migranti e dai rom, dallo straniero che minaccia la nostra sicurezza, usurpa i nostri diritti e contamina la nostra identità. Anche la coscienza cristiana di tante persone può essere tacitata. Baciare in pubblico nel corso delle campagne elettorali rosari e croci è un indice sicuro di affidabilità: le radici giudaico-cristiane del nostro popolo non saranno inquinate da persone di religione mussulmana. Qui anche i discorsi dei vescovi contano poco.
E’ il caso di notare che in tutto questo succedersi di leggi, divieti e decreti, il ministro Matteo Salvini non ha mai trovato l’occasione di parlare di accoglienza, integrazione e inclusione, o di costituzione, tematiche che evidentemente non lo riguardano. Anzi, con i due decreti sicurezza ha messo in crisi quanto di accoglienza si era faticosamente realizzato non nostro paese.
E i diritti dei migranti? Anche di questi non si parla nè nelle leggi e nei decreti sull’immigrazione, né nei pubblici discorsi degli attuali governanti italiani. Solo il presidente Mattarella e il pontefice Francesco ne ricordano spesso l’importanza.
Le domande sul che fare che tante coscienze libere continuano a porsi almeno per ora non trovano purtroppo risposta.
Esodo, giugno 2019