Quello di separare le carriere di pm e giudici è diventato uno slogan per reagire alle iniziative giudiziarie. Ma, secondo me, non ci crede più nemmeno chi se ne fa portatore. Oppure non ne capisce nemmeno il significato. Il giudice fonda tutto sui dati processuali e sulla sua coscienza: che il pm abbia una carriera formalmente analoga alla sua è del tutto irrilevante.
Che conseguenze avrebbe separare le carriere?
La separazione delle carriere di fatto l’ ha già prevista la legge di ordinamento giudiziario del 2007, firmata dall’ allora ministro del centrosinistra Mastella con qualche modifica alla precedente legge delega del suo collega di centrodestra Castelli: se vuoi passare da pm a giudice devi cambiare regione e, se vuoi tornare pm, puoi dimenticarti di fare carriera, perché perdi anni di specificità e dunque titoli. Ormai, togliendo quelli di prima nomina o inviati nelle sedi disagiate, cambia funzioni meno di un magistrato su dieci.
E dunque perché la vogliono quasi tutti?
La separazione giuridica ha un senso solo se si vuol mettere le mani sulla indipendenza del pm, assoggettandolo al potere esecutivo, cioè al governo. Altrimenti l’ unico effetto sarebbe quello di accentuare la vocazione poliziesca del pm, sganciandolo dalla cultura della giurisdizione, fondata sulla ricerca della verità. Insomma se il timore, come si sente dire, sarebbero le iniziative giudiziarie “avventate” – e francamente ne vedo sempre meno – con un pm ancora più indipendente e autoreferenziale l’unico effetto sarebbe quello di moltiplicarle. A meno che il pm non sia controllato dalla politica.
Il fine ultimo è quello di far cadere un limite costituzionale all’esercizio del potere pubblico, ponendo forme di controllo sul pm. Se è per questo, tempo fa è stato anche proposto di togliere al pm ogni iniziativa investigativa (affidata alle forze dell’ ordine, dipendenti dal governo), e pure l’ esercizio della azione penale, relegando la sua funzione a quella di semplice rappresentate dell’ accusa in udienza. Un metodo più sbrigativo, per cui non è necessario neppure separare le carriere. In passato il controllo politico del pm fu un caposaldo del “Piano di rinascita” della P2: già sotto il fascismo i pm erano funzionari sottoposti al Guardasigilli. È una riforma che piace a tutti coloro che non gradiscono che qualcuno disturbi il manovratore.