L’occupazione dei beni comuni è vera politica

10 Agosto 2017

“Agosto beni comuni non ti conosco!” può dirsi, parafrasando il detto popolare sulla moglie mia, di fronte alla notizia dello sgombero dei centri sociali Crash e Labas avvenuta, con uso di manganelli, l’8 agosto a Bologna. Siamo nella città amministrata dal Pd Merola, che non perde occasione di vantarsi del Regolamento per i beni comuni, modello che ha ottenuto voti di decine di Consigli Comunali che riducono i “beni comuni” a volontariato urbano.

Labas occupava dal 2012 parte di una caserma dismessa trasferita, con le solite opache operazioni di dismissione del patrimonio pubblico, a una società “privata”, CDP investimenti (70% CDP 15 % ABI 15% ACRI ), controllata di alcuni dei centri di potere più influenti della stagione neoliberale italiana.

In questi anni in cui si invoca l’ “innovazione sociale” (sic), Labas aveva dato vita a Campi Aperti, mercato dei produttori biologici, al laboratorio Labimbi per i più piccini e al progetto Accoglienza Degna per i migranti. Interrompere con la violenza tutto questo per realizzare una speculazione edilizia privata non soltanto è indegno di un paese civile ma è pure contrario alla Costituzione che all’ Art. 42 parla di funzione sociale della proprietà privata e che (Artt. 3, 9, 41, 43) mostra un chiaro atteggiamento ostile alla proprietà estrattiva e speculativa, fondata sulla privatizzazione della rendita fondiaria. Evidentemente, i beni comuni che interessano alla sinistra perbenista a caccia di voti sono solo quelli dei volontari che pitturano una panchina o tengono bene un giardinetto (cosa peraltro utile per fomentare odio nei confronti di chi purtroppo su quella panchina è costretto a dormire in modo “indecoroso” secondo la logica Minniti). Quando essi producono Politica (P maiuscola non a caso) diventano sovversivi e arrivano i manganelli.

Del resto, lo stesso aveva fatto Pisapia nel 2012 rispetto alla occupazione di un grattacielo milanese abbandonato da Ligresti, che il collettivo Macao voleva restituire alla fruibilità collettiva istituendovi fra l’ altro un centro di accoglienza autogestito per migranti proprio nei pressi della stazione Centrale.

Chiunque faccia due passi nel piazzale decorato dalla bella opera di Pistoletto si può render conto di quanto utile sarebbe stata una tale “innovazione sociale” per limitare l’ attuale disastro. Anche a Milano manganelli e scaricabarile, perché questi amministratori vili la responsabilità non le assumono mai.

Vogliamo parlare di Pisa dove, correva il 2013, una multinazionale predona in combutta con il Pd si voleva intascare la rendita fondiaria del Colorificio Toscano da essa stessa spolpato e abbandonato (con licenziamenti, delocalizzazione ecc.)? Anche lì una larga coalizione di movimenti benicomunisti in sei mesi aveva rigenerato l’ area industriale dismessa (laboratori, biblioteca, palestra, orto, asilo, mercato, scuola italiano per migranti..). Anche lì “innovazione sociale” spazzata via dalla proprietà privata estrattiva difesa a nostre spese dalla forza pubblica.

In tempi di astensionismo, la cittadinanza militante per i beni comuni (che è Politica, cosa ben diversa dal volontariato) andrebbe promossa. Lo sgombero del Forum Acqua, protagonista del referendum ultimo grande momento di partecipazione in Italia, mostra la sensibilità democratica trasversale dei nostri governanti.

Cade oggi il terzo compleanno dello sgombero (Pd) del Teatro Valle, l’esperienza che ha dato vita in tutta Italia alle occupazioni costituenti per i beni comuni, su cui tanti giuristi si sono spesi seguendo la guida del compianto Stefano Rodotà. Il Teatro più antico di Roma, vivissimo durante l’ occupazione, è ora un triste cantiere fermo. Se perfino Pigi Battista ha cambiato idea sulle occupazioni dei beni comuni possono davvero farlo tutti. Tranne, parrebbe, i sindaci legalisti dentro e fuori dal Pd.

il Fatto Quotidiano, 10 Agosto 2017

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