«MI sono impegnato a fianco di Benoît Hamon, pur non essendo membro del Partito socialista né di nessun altro partito politico: l’ho fatto perché è stato il solo candidato, in particolare sull’ Europa, che ha fatto delle proposte reali di democratizzazione e di cambiamento». L’ economista Thomas Piketty, autore del bestseller “Il capitale del XXI secolo”, spiega adesso che non è possibile essere di sinistra e riconoscersi nel programma di Macron, il candidato arrivato al ballottaggio.
Hamon è riuscito a imporre l’idea di un reddito universale nelle primarie, ma poi non è stato capace di far valere le sue idee nel prosieguo della campagna elettorale. Perché?
«Gli scandali hanno reso difficile parlare delle questioni di fondo. Ma Hamon aveva delle proposte economiche molto coerenti. La prima sul reddito universale, era per l’autonomia e la formazione dei giovani. La seconda riguardava la rivalutazione dei salari bassi».
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Lei dice che la campagna ha sovrastato col suo rumore le cose concrete. Ma Mélenchon a farsi sentire c’è riuscito eccome…
«C’è un sentimento del “tutti a casa” che probabilmente è stato sottovalutato. I partiti esistenti in qualche modo sono detestati, e questo lo posso capire. Al contempo, la cosa ingiusta nei confronti di Hamon è che non è stato lui il responsabile delle scelte economiche fatte dal Partito socialista con François Hollande ed Emmanuel Macron. Macron, con un gioco di prestigio incredibile, fortemente aiutato dai media, da finanziamenti che sono concentrati su qualche centinaio di donatori, è riuscito a far passare una cosa incredibile, che non c’entrava nulla con le scelte economiche del quinquennato e che incarnava il rinnovamento e l’antisistema. Hamon ha sofferto di questo».
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Hamon non è stato aiutato né dal Partito socialista né dal governo…
«È questa la cosa strana. Un doppio calvario. Fra gli elettori c’è chi dice “Non ne possiamo più del Partito socialista”, e al tempo stesso fra gli elefanti del partito socialista c’è il rifiuto di vedere le scelte dei cinque anni al potere sconfessate dalle primarie. Alcuni hanno deciso di passare direttamente con Macron, altri di non sostenere Hamon. Ma è molto incoerente. Se sei di sinistra, andare a sostenere un candidato come Macron, che propone una tassazione regressiva a tutti i livelli, anche sui patrimoni, che senso ha?».
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Macron vuole fare la differenza tra differenti redditi.
«Sì, ma tutte le attività finanziarie verrebbero esentate dall’imposta patrimoniale, e i grandi patrimoni sono composti al 90 per cento da attività e portafogli finanziari. In pratica equivale a dire che uno che possiede un appartamento da 300.000 euro e versa l’imposta immobiliare pagherebbe di più di Liliane Bettencourt. È una cosa che non ha senso se sei di sinistra».
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Jean-Luc Mélenchon, il candidato della sinistra estrema, parla di un piano B per l’Europa. La preoccupa?
«La cosa che mi inquieta in Mélenchon non è tanto l’idea del braccio di ferro con la Germania, della minaccia del piano B. Il problema è che dovrebbe dirci innanzitutto qual è il suo piano A. Lanciare degli ultimatum, pronunciare minacce quando le tue richieste non sono molto precise mi fa un po’ pensare all’ex premier britannico David Cameron. Abbiamo visto dove ci ha portato questo approccio».