Dal NO alle Olimpiadi alla trasparenza nella ricostruzione del post terremoto passando per la politica culturale disastrosa del governo Renzi. Parla lo storico dell’arte: “Di Maio non è la soluzione ma a maggior ragione non lo è la Boschi, in questo momento il pericolo concreto di uno scadimento oligarchico della democrazia italiana sta nella riforma costituzionale scritta dal Pd”.
intervista a Tomaso Montanari di Giacomo Russo Spena
“Ma quali Olimpiadi, governare la normalità è la vera sfida: il resto è distrazione di massa e carne da macello per la corruzione”. Tomaso Montanari, storico dell’arte e professore universitario, si schiera con la scelta della sindaca Virginia Raggi di ritirare la candidatura per Roma 2024. Nello stesso momento, non risparmia critiche al M5S per la sua condotta nella Capitale: “La nomina della Muraro va sicuramente rivista”.
Professore, partiamo dal terribile terremoto dello scorso 24 agosto. Ad Amatrice molti cittadini non vogliono abbandonare le proprie case e chiedono di essere ascoltati nei progetti di ricostruzione. Teme si possano ripetere gli stessi errori commessi all’Aquila dove è sta edificata una new town senza ascoltare le richieste della popolazione?
Renzi e Del Rio, in modo condivisibile, hanno detto che Amatrice ed Accumoli risorgeranno com’erano e dov’erano. Come Venzone in Friuli, per capirsi. All’Aquila è avvenuto qualcosa di atroce, che ancora non si è ben capito: si è distrutta a tavolino una città, forse per sempre. Il tessuto sociale difficilmente si rimarginerà, e l’Aquila che c’era prima del 2009 è volata via per sempre. Certo, il rischio c’è anche ad Amatrice: bisogna dare alloggi decenti subito e partire con la ricostruzione. Di corsa.
L’emergenza – come è risaputo – è diventata un enorme business, come evitare che questa nuova tragedia diventi la solita mangiatoia per avvoltoi e speculatori?
L’unico modo è la totale trasparenza. Sembreranno concetti estranei al terremoto ma invece sono collegati: bisogna depenalizzare la diffamazione a mezzo stampa e togliere gli strumenti civilistici con cui viene strangolata la libertà di cronaca. La battaglia per la ricostruzione pulita è la stessa di una democrazia trasparente e si vince con una stampa senza bavagli oltre che con una magistratura che dispone di mezzi adeguati.
Oltre che un discorso di civiltà, molti ne fanno anche una questione meramente economica: i costi per la ricostruzione post terremoto sono elevatissimi, quelle cifre non potrebbero essere utilizzate in prevenzione?
A noi purtroppo manca totalmente la cultura della prevenzione. L’unica grande opera necessaria di cui avremmo bisogno è la messa in sicurezza del territorio mentre il governo insiste su progetti come il Ponte sullo Stretto. Prossimamente il premier Renzi andrà ad inaugurare il Crescent di Salerno, uno scempio paesaggistico e urbanistico del suo amico De Luca. Finché la cultura della politica è quella dei palazzinari, nulla verrà messo in sicurezza. Ricordo che per il 2016 abbiamo in bilancio per la prevenzione antisismica di tutta Italia 44 milioni di euro. Solo l’arena del Colosseo – progetto del ministro Franceschini (che è una boiata pazzesca) – ne costa 18. Ecco le nostre priorità.
Al di là dei facili slogan è possibile mettere in sicurezza il nostro territorio e allontanarlo dal pericolo di distruzione insito nei terremoti? L’Italia non è un Paese dal punto di vista paesaggistico estremamente diverso, ad esempio, dal Giappone?
È possibile limitare al minimo i morti e le distruzioni. Il rischio zero non esiste, e l’Italia non è il Giappone. Ma chi non vorrebbe aver avuto solo il 5 per cento di questi morti. È un risultato tecnicamente possibile. Ci vogliono soldi. Ma quando si approverà la prossima Legge di Stabilità quanti politici e quanti direttori di giornale si ricorderanno delle bare di Amatrice? È in quei giorni che tutto si deciderà.
Il governo ha designato Vasco Errani commissario straordinario alla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto. Alle spalle ha un’esperienza maturata quale Commissario delegato per l’attuazione degli interventi sui territori emiliani colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Eppure c’è chi critica la sua nomina per le sue vicende giudiziarie – dove recentemente è stato assolto – e per i finanziamenti in Emilia Romagna alla coop del fratello. Lei che idea si è fatto, Errani è l’uomo giusto?
Non un’idea felicissima. Il partito della nazione sembra trasformarsi nella nazione del partito: il Pd si prende tutto, anche quando bisognerebbe essere lontanissimi da logiche di partito. E la ricostruzione in Emilia non è esente da zone d’ombra, sia per la tutela del patrimonio artistico, sia per le infiltrazioni malavitose. Prendiamo il buono: Errani ha l’occasione di dimostrare che si è imparato dagli errori.
Passiamo alle Olimpiadi 2024. Lei è d’accordo con la candidatura di Roma?
Sono radicalmente contrario. Lo dissi a suo tempo personalmente a Virginia Raggi e sono tornato a scriverlo, insieme ad altri, in questi giorni.
Non trova che, se fatte con trasparenza e sotto l’attenta vigilanza dei Corti dei Conti, possano essere un’immensa risorsa per rilanciare l’immagine della Capitale? Faccio presente che Paolo Berdini, l’assessore all’urbanistica della giunta Raggi e ostile ai poteri forti, è possibilista all’ipotesi di Olimpiadi.
Basta fare politica con l’immagine e con il grande evento! Me lo faccia dire male: la sindrome della «grande occasione», questo miserabile anelito alla vincita della lotteria, è una delle cose che fottono l’Italia. Basta. Abbiamo bisogno di normalità.
Virginia Raggi sembra in serie difficoltà. Il M5S, a Roma, vive una faida interna e, tre mesi dopo le elezioni, la città non ha ancora un assessore al Bilancio. Col senno di poi, gongola per la sua scelta di non aver accettato un ruolo nella giunta Raggi?
Non gongolo affatto. Non ho accettato per questioni che riguardavano la mia vita, non la qualità di Raggi. E sarebbe irresponsabile gongolare per i guai di Roma, così come è irresponsabile gongolare per i guai dell’Italia in mano a Renzi (che non sono minori). Credo che a Roma il Movimento 5 Stelle stia dando una pessima prova, per ora: lacerazioni, carrierismi, inettitudine, improvvisazione. Scelte sbagliate: la nomina dell’assessore Paola Muraro va rivista. Invece, quelle di Bergamo e Berdini sono davvero ottime. E più a sinistra che in qualunque giunta Pd. Se pensiamo all’inettitudine di Matteo Orfini, alla corruzione del Pd e alla farsa in cui è stata trasformata l’esperienza a sindaco di Ignazio Marino…
Proprio ieri su Repubblica Michela Serra ha scritto che “dopo una vita a tifare per l’opposizione e a diffidare dei governanti, il livello della presente opposizione italiana mi fa sentire pericolosamente incline a sorvolare sulle colpe del governo (che sono tante). Piuttosto che essere governato da uno come Di Maio, che non sa niente ma se la tira come se sapesse tutto, sopporto, anche se non la supporto, Maria Elena Boschi”. È in disaccordo?
Il senso critico non può andare a corrente alternata. Questa sfiducia generale che rasenta il cinismo è parte del problema, la sindrome di un Paese che non vede alternative. Di Maio non è la soluzione ma a maggior ragione non lo è la ministra Boschi. In questo momento il pericolo concreto di uno scadimento oligarchico della democrazia italiana sta nella riforma costituzionale scritta dal Pd, mentre i 5 Stelle sostengono le ragioni del No. Credo che non dovremmo dimenticarlo.
Lo scorso 7 maggio è stato tra i promotori della manifestazione “E’ emergenza cultura” e aveva denunciato che “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico sono in grave pericolo”. Cosa è successo da allora?
Nessuna risposta dal governo Renzi, se non un’escalation di imbarbarimento del governo del patrimonio culturale. Ad Amatrice, Franceschini ha detto di aver subito mandato i caschi blu della cultura: cosa mai sarebbero, se non miserabile propaganda? La riforma della dirigenza dello Stato, con il suo ruolo unico, è la mazzata finale al sistema di tutela, che di fatto non esiste più. Siamo tornati a prima del 1939, con una regressione secolare. E il concorsone per i 500 funzionari del Mibact si sta celebrando in modo farsesco, per molto meno avremmo chiesto la testa dell’ex ministro Bondi a furor di popolo. Il sito di Emergenza cultura è uno dei pochissimi luoghi che accolgono le mille voci che denunciano, dall’interno, l’agonia del patrimonio culturale della nazione italiana. E non smetterà di farlo.
Ultima questione: recentemente è stato siglato presso l’ambasciata italiana a Mosca, un accordo – fortemente voluto dal premier Matteo Renzi – tra le Gallerie degli Uffizi e il Museo Puškin di Mosca. Un segnale di distensione e collaborazione con la Russia di Vladimir Putin. Ne gioveranno l’arte e la cultura italiana o siamo alla spreco di denaro pubblico?
Solo nei regimi, sono i governi a usare il patrimonio artistico come ostaggio delle relazioni diplomatiche. E noi non siamo un regime. Lo faceva Mussolini, ma Renzi non è il Duce. In Occidente le mostre si fanno per ragioni scientifiche, con un progetto culturale. Da noi le opere d’arte famose seguono i politici in catene, come i prigionieri seguivano gli imperatori romani durante i trionfi. È una regressione barbara. Il direttore degli Uffizi ha fatto un grave errore, che speriamo non abbia conseguenze: si è piegato al volere del governo che l’ha nominato, e che dovrà confermarlo, e ha spedito a Mosca opere il cui viaggio era stato definito letteralmente “molto rischioso” dall’Opificio delle Pietre dure, massima istanza italiana per il restauro. Una scelta molto miope anche perché, si sa, i ministri cambiano.
MicroMega online, 15 settembre 2016