Lettera aperta al Sindaco Uscente di Milano

22 Gennaio 2016

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Caro Sindaco Uscente di Milano, caro Giuliano Pisapia,

le scrivo così, senza sperare che la mia voce che è quella di tanti le giunga: scrivo forse a quell’immagine di lei e della piazza del Duomo festante di ormai molti ani fa, con quell’ultimo incredibile sorriso del cielo, il famoso arcobaleno che sembrò a tutti il segno di un piccolo miracolo a Milano. Scrivo all’ultima immagine bella e serena della vita civile, della città, della democrazia, che io ricordi. Lo faccio ora, per fissare il ricordo tanto diverso di questa sera, una delle prime sere della campagna per le primarie che porteranno all’elezione del candidato sindaco di Milano del centrosinistra. Scrivo a lei perché questa sera segna la fine di quella stagione di speranza che lei aperse, non solo per la nostra città ma potenzialmente per l’intero Paese. Finisce nel suo esatto contrario: la rassegnazione dei cittadini che la votarono a quella che si annuncia come la quasi sicura vittoria dell’ex Commissario di Expo, Giuseppe Sala, sponsorizzato dal governo nazionale, dalla maggior parte dei media, da tutti i soggetti economici beneficiati dagli appalti (spesso senza gara) di Expo e perfino da diversi assessori della sua giunta. Magari Sala sarà un bravissimo sindaco, chi può dirlo. La ragione per la quale si può dire con certezza che la speranza civile finisce qui è molto semplice. A cercarli bene, nonostante il livello zero di informazione prodotto dai giornali filogovernativi, i dati relativi all’operato dell’ex-commissario Expo si trovano eccome, e sono sconcertanti. Sconcertanti perché la visibilità l’ha guadagnata spendendo oltre 50 milioni di soldi pubblici per garantire sostegno e “massima visibilità” a Expo:  centinaia di migliaia di euro solo alla grande e piccola stampa, milioni addirittura alla Rai. E allora ci si aspetterebbe che i cittadini, o almeno gli avversari politici, proprio dell’opera che gli ha dato tanta visibilità gli chiedessero conto, se presenta aspetti tali da far apparire in una luce interrogativa il suo profilo come possibile sindaco di Milano. La gran parte degli appalti di Expo è stata affidata senza gara, e chissà, forse è stata bravura vedere che il codice degli appalti è tanto farraginoso che, secondo le parole di Raffaele Cantone, “ha giustificato, nella pratica, il ricorso frequente a normative speciali con la previsione di deroghe ….le ordinanze del presidente del Consiglio e successivamente una legge ad hoc hanno introdotto la possibilità di derogare a ben 85 articoli del codice!”. Ma è un tipo di bravura che non accende in cuore la speranza che Milano aiuterà l’Italia a combattere il cancro della corruzione. E pazienza per Farinetti, che finanzia l’amico Renzi e ne viene in cambio ripagato dal Commissario con un abbuono del 7%, rispetto agli altri ristoratori, di percentuale degli incassi da rendere a Expo sull’enorme fatturato del “ristorante più grande del mondo”. Pazienza per i favori resi alla Mantovani che la Magistratura ha definito “gruppo economico criminale”, il quale si è intascato i due terzi della spesa per la fornitura e piantumazione di seimila alberi, pagandone solo un terzo sulla somma complessiva di 716 euro per albero all’impresa subappaltante. Pazienza anche per la“piastra”, l’infrastruttura di base dell’area, affidata sempre alla Mantovani con  lavori per ben 34 milioni, più del triplo di quello che era consentito (e la fonte è l’Audit, l’organismo di controllo, non un avversario politico). Ma perché, caro Sindaco Uscente, il suo probabile successore ha rifiutato la proposta che lei gli aveva fatto, sulla base “Protocollo di legalità” firmato da Expo, di escludere la Maltauro dall’appalto che aveva vinto in modo irregolare? Pazienza, avrà avuto le sue ragioni. Ma perché nessuno, né i cittadini che lo ascoltano, né i competitors che lo affrontano, e men che meno i giornalisti che lo intervistano, gliele chiedono, queste ragioni? E poi, scusi caro Sindaco Uscente: come mai il suo probabile successore non sente il benché minimo bisogno di giustificarsi in quanto candidato sindaco dell’esser rimasto solo e muto come un palo, mentre tutti i suoi più stretti collaboratori incorrevano in guai giudiziari? (Nell’ordine: Antonio Rognoni, Angelo Paris, Antonio Acerbo, Pietro Galli, Christian Malangone). Mi rispondo da me: naturalmente, perché nessuno glielo chiede. Non gliene importa niente a nessuno. Con l’eccezione dei pochissimi bravi giornalisti cui siamo debitori di queste notizie, peraltro pubbliche: ma sono uno su mille. Grazie (a quell’uno).

Ecco, è proprio e solo questa,  la ragione per cui ogni speranza è perduta. Che non importa niente a nessuno, che nessuno chiede: perché? Per chi? Per noi? Per la Città? Per l’avvenire dei nostri figli?

E allora io lo chiedo a lei, caro Sindaco Uscente: ma perché, infine, se ne va così, anche lei? Senza dire proprio niente, di tutto questo? Ma quell’arcobaleno, se lo ricorda ancora?

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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