Il tempo della corruzione

03 Giugno 2015

Gustavo Zagrebelsky Presidente Onorario Libertà e Giustizia

Corruzione non è semplicemente: violazione di regole, comportamenti illegali, “malaffare”. La corruzione è un sistema. I corrotti stabiliscono rapporti tra di loro; questi rapporti tendono a espandersi, secondo la logica della connivenza, dell’omertà. E a che cosa mira la corruzione? La corruzione mira all’accaparramento di due beni, che sono il potere e il danaro. E come sappiamo, per poco che si conosca l’animo umano, di potere e di danaro non ce ne è mai abbastanza. Per questo mi pare che sarebbe giusto prendere atto che i sistemi di corruzione sono espansivi.

_DSB8914 copiaInnanzitutto, desidero scusarmi per non essere presente lì con voi tutti ; come avrei, peraltro, desiderato. Ma colgo l’occasione di questa breve ripresa, per condividere alcune riflessioni insieme agli amici di Libertà e Giustizia, agli importanti relatori che mi hanno preceduto e che parleranno dopo di me, ai ragazzi dei licei coinvolti nei nostri progetti sulla Costituzione, a tutti i cittadini che hanno scelto di festeggiare insieme a noi la Repubblica e la Costituzione nata a suo fondamento.
La prima considerazione è sul tempo, sul problema predominante, così come a me pare che sia, del tempo che stiamo vivendo: ed è il tempo della corruzione. E vorrei richiamare l’attenzione sul significato della corruzione. Corruzione non è semplicemente: violazione di regole, comportamenti illegali, “malaffare”. La corruzione è un sistema. I corrotti stabiliscono rapporti tra di loro; questi rapporti tendono a espandersi, secondo la logica della connivenza, dell’omertà. E a che cosa mira la corruzione? La corruzione mira all’accaparramento di due beni, che sono il potere e il danaro. E come sappiamo, per poco che si conosca l’animo umano, di potere e di danaro non ce ne è mai abbastanza. Per questo mi pare che sarebbe giusto prendere atto che i sistemi di corruzione sono espansivi.
“Omnis corruptio” – potremmo dire così – “diffusiva sui”: è come una ragnatela, come una piovra che si diffonde e che mina dall’interno il sistema della convivenza sociale, così come noi vorremmo che fosse, così come è scritto, per esempio, nella nostra Costituzione.
La parola corruzione contiene dentro di sé la desinenza “azione”: tutte le parole che hanno una desinenza di questo genere sono delle parole che indicano un’aggressione. Quando noi diciamo che una persona è corrotta, vuol dire che dentro di sé ha un forza che distrugge qualche cosa di corretto, di degno. La corruzione, dunque, ha a che fare con la degenerazione: di nuovo, un’altra parola con la medesima desinenza. In grande, la corruzione è qualcosa che scava dall’interno il sistema legale, il sistema ufficiale.
E noi viviamo in un tempo in cui il nostro paese, ma non solo il nostro paese, il mondo intero è invaso dalla corruzione. Questa ricerca spasmodica di danaro e potere si è inserita all’interno delle istituzioni legali e le sta svuotando di significato. La conseguenza è davanti agli occhi di tutti: le regole formali, le regole della democrazia, sempre più ci appaiono prive di contenuto e sempre di più appaiono prive di significato e di valore o addirittura odiose agli occhi di chi coloro che sono sfruttati dalla corruzione. E proprio qui emerge il secondo significato della corruzione: questa ricerca spasmodica di potere e danaro, alleati l’uno con l’altro, crea disuguaglianza. Crea disuguaglianza tra chi si approfitta del potere del danaro per averne sempre di più, a danno di chi ha sempre di meno.
Quando noi guardiamo la nostra società o il mondo nel suo complesso ci accorgiamo – e come sarebbe possibile non vederlo – che le differenze, le discriminazioni, le disuguaglianze, crescono in maniera impressionante. Il mondo è oggi pervaso da “corruzione globalizzata” egli scandali di questi giorni sono lì a dimostrarlo. E non è solo appropriazione di danaro e di potere, ma è appropriazione anche di Natura. Il sistema corruttivo, lo vediamo all’opera, divora le risorse della Terra, risorse ambientali, beni comuni che vengono ridotti a proprietà di pochi. Noi dobbiamo reagire. Un mondo costruito su questo è un mondo che non sta più in piedi.
E qui ci possiamo rivolgere alla Costituzione! Alla Costituzione nel nome della quale siamo riuniti per festeggiare quest’oggi. Perché la Costituzione ci da della vita sociale, della vita comune un’idea completamente diversa. Noi abbiamo sottovalutato norme come quelle che impongono la solidarietà: la solidarietà è un valore che implica il divieto di appropriazione particolare di beni che devono essere di tutti. La nostra Costituzione vuole legalità. La nostra Costituzione vuole rispetto della Natura; delle risorse naturali; dell’ambiente; della storia; della tradizione. Sono tutte cose che noi dobbiamo considerare patrimonio di noi stessi.
Per questo il ritorno alla Costituzione. Possiamo dire: tanto più la Costituzione è ignorata, tanto più c’è bisogno di riscoprirla. Sia questa la festa della Costituzione insieme alla festa della Repubblica; per ritrovare le ragioni per cui si è scritta quella Carta che chiede da noi impegno e responsabilità.
In questa prospettiva, Libertà e Giustizia propone un testo, una Carta che, in maniera alquanto innovativa, è intitolata non “Carta dei Diritti”, ma “Carta dei Doveri”. E chiede ai cittadini che condividono le preoccupazioni che hanno mosso coloro che hanno scritto questo documento di rendersi conto che i diritti, che sono la meta alla quale noi guardiamo – i diritti di tutti, non i diritti dei più forti che sono invece privilegi, ma i diritti di tutti, specialmente dei meno forti, di quelli che stanno in basso nella piramide sociale – questi diritti non si possono garantire se non c’è una corresponsabilità dell’osservanza dei doveri comuni. Non ci sono diritti se non ci sono doveri. Se non ci sono doveri, c’è la caccia illimitata dei più forti per accumulare privilegi e i privilegi sono in contrasto con l’idea di società giusta. Per questo Libertà e Giustizia ha pensato che fosse opportuno oggi proporre o, se si vuole, riproporre questo tema dei doveri; doveri non fini a sé stessi, ma come premessa per i diritti di tutti.
Buon lavoro e “ad majora”!

Nato a San Germano Chisone (To) il 1° giugno 1943. Laureato a Torino, Facoltà di Giurisprudenza, nel 1966, in diritto costituzionale, col professor Leopoldo Elia.

  • Professore di diritto costituzionale e diritto costituzionale comparato alla Facoltà di Giurisprudenza e alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Sassari dal 1969 a 1975.
  • Professore di diritto costituzionale comparato alla Facoltà di scienze politiche dell’Università di Torino dal 1975.
  • Professore di diritto costituzionale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dal 1980 al 1995.

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