Quale futuro per l’Europa. Mazzoli presenta l’incontro di “Libertà e Giustizia”

04 Marzo 2014

Mercoledì 5 marzo, il circolo di “Libertà e giustizia” di Piacenza, coordinato da Pierluigi Petrini, ha organizzato un dibattito intitolato “Istituzioni Europee e Politiche Economiche Europee”, che si terrà alle 21 all’ex Circoscrizione III, in via Martiri della Resistenza 8. Marco Mazzoli insieme ai colleghi docenti di Economia Francesco Timpano e Enrico Ciciotti, discuterà di provvedimenti utili a migliorare la crisi economica del paese.

pIACENZA Istituzioni europeeLa crisi e le politiche economiche europee: un dibattito il 5 marzo all’ex Circoscrizione III – intervento del professor Marco Mazzoli

Mercoledì 5 marzo, il circolo di “Libertà e giustizia” di Piacenza, presieduto da Pierluigi Petrini, ha organizzato un dibattito intitolato “Istituzioni Europee e Politiche Economiche Europee”, che si terrà alle 21 all’ex Circoscrizione III, in via Martiri della Resistenza 8, con la partecipazione mia e di altri due colleghi e amici, il Prof. Enrico Ciciotti (ex Preside della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Piacenza e Presidente del LEL – Laboratorio di Economia Locale) e il Prof. Francesco Timpano (ex Direttore del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università Cattolica di Piacenza, direttore del CESPEM “Mario Arcelli” e vicesindaco della nostra città). A parte la conoscenza e amicizia di vecchia data, abbiamo idee diverse in fatto di politica economica e questa sarà una buona occasione per confrontarsi e approfondire, con pacatezza e senza demagogia, temi molto importanti per la nostra vita quotidiana, ma di cui si parla veramente molto poco. Basta sfogliare i nostri quotidiani nazionali per rendersi conto che, spesso, viene dato molto più spazio a ciò che accade nel consiglio comunale di Roma o di Milano che alle decisioni degli organi di governo europei. Eppure sono questi ultimi che condizionano ed influenzano di più la nostra vita quotidiana… E di questo ci accorgiamo solo quando il nostro governo di turno è costretto a correre ai ripari con provvedimenti a volte, nel passato recente, improvvisati e raffazzonati, per non subire procedure di infrazione comunitarie. Stiamo per votare per il Parlamento Europeo, ma i cittadini sanno quali sono esattamente i poteri del Parlamento Europeo? Saprebbero menzionare, ad esempio, anche solo due decisioni importanti prese dagli organi europei negli ultimi tre mesi? Sanno che il Consiglio dell’Unione Europea approva la legislazione dell’UE e che la Commissione Europea propone atti legislativi al Parlamento Europeo? Sanno come funzionano la Commissione Europea e il Consiglio dell’Unione Europea? Sanno che il Parlamento Europeo non è investito del potere legislativo nello stesso modo in cui lo sono i parlamenti nazionali? Nel mio piccolo, da una dozzina di anni e in tempi non sospetti ho sostenuto (con articoli ed interventi pubblici) che l’architettura istituzionale dell’Unione Europea, con una Banca Centrale ma senza una Politica Fiscale Europea, senza un Governo eletto direttamente dai cittadini, che risponda direttamente ai cittadini non può intervenire con efficaci politiche fiscali attive e con politiche di welfare per combattere la crisi e difendere le fasce sociali più deboli. Forse questo poteva star bene all’ideologia (perché di ideologia si tratta) ultraliberista estrema, che ha influenzato il clima culturale dagli Anni Ottanta fino alla crisi attuale. Forse negli anni della creazione dell’Unione Europea, anche i partiti socialisti e socialdemocratici sono stati succubi di questa ideologia e non si sono battuti con sufficiente determinazione per creare un modello di welfare europeo, con dispositivi economici e fiscali per la tutela delle fasce più deboli.Forse l’Europa è stata troppo timorosa nel tassare i grandi capitali finanziari e troppo latitante nel consentire la “concorrenza fiscale” tra paesi europei, che, all’interno della stessa UE, ha consentito ad alcuni paesi (In cui i lavoratori sono sottopagati), di regalare letteralmente denaro alle imprese che “delocalizzano” per aprire impianti nelle loro frontiere, gettando sul lastrico milioni di persone in altri paesi UE. Nessuno parla di politiche economiche redistributive. Nel mio piccolo, fin dall’inizio della crisi, ho sostenuto la necessità di una patrimoniale e di politiche economiche redistributive, con articoli su vari giornali (anche su un giornale locale con il quale ho cessato la mia collaborazione). Per alcuni partiti di governo la “patrimoniale” è una bestemmia. Si dimentica che Keynes (economista Liberale, non leninista) così come molti economisti keynesiani contemporanei, aveva evidenziato che le classi sociali più povere tendono a spendere una percentuale più alta del loro reddito (tecnicamente hanno una “propensione al consumo” più alta) e che gli individui estremamente ricchi tendono a spendere una percentuale più bassa del loro reddito.L’implicazione logica è che una patrimoniale aiuterebbe a risolvere i problemi del debito senza ridurre la domanda. L’implicazione logica è che fin dal 2007, non da adesso, erano necessari sussidi e interventi urgenti per sostenere il reddito (e la domanda) di chi ha perso il lavoro. Perché sostenendo la domanda si aiutano anche le imprese a vendere. Forse, anziché gli slogan ad effetto (ad esempio il “job act”) sarebbe bene parlare di patrimoniale e politiche economiche redistributive. E aggregare le forze politiche su questi semplici e concreti provvedimenti.

Marco Mazzoli è socio LeG Piacenza e docente di Economia all’Università di Genova

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