Il Tribunale di Milano si ferma nel processo Unipol contro Berlusconi per non emettere la sentenza (prevista per il 7 febbraio) in campagna elettorale. Se ne riparla dopo le elezioni, perché per i giudici c’è l’esigenza di rispettare le “condizioni di uguaglianza del diritto di voto previste dall’art. 51 della Costituzione”. Mentre sul caso Mediaset il processo va avanti, nonostante lo slittamento chiesto dagli avvocati del Cavaliere.
Il Tribunale di Milano si ferma nel processo Unipol contro Berlusconi per non emettere la sentenza (prevista per il 7 febbraio) in campagna elettorale .
Se ne riparla dopo le elezioni, perché per i giudici c’è l’esigenza di rispettare le “condizioni di uguaglianza del diritto di voto previste dall’art. 51 della Costituzione”.
Cioè, se non abbiamo capito male, una condanna di Berlusconi potrebbe danneggiarlo nella sua “uguaglianza” rispetto agli altri candidati, perché lui sarebbe condannato e gli altri no. Ma è un ragionamento serio? No, non lo è.
Perché priva gli elettori di un importante elemento di valutazione (la sentenza) di un imputato-candidato, minando il principio di “libertà di voto” . nella sua accezione di piena consapevolezza dell’elettore, sancito dall’art. 48 della Carta.
Abbiamo sempre difeso la Magistratura e lo continueremo a fare.
Ma con la stessa trasparenza dobbiamo segnalare casi – come questo – dove il potenziale “danno elettorale” di una sentenza per un candidato viene impropriamente ritenuto di rilevanza processuale, quando non lo è affatto.
Semplicemente perché la legge è uguale per tutti.
E tutti devono sottostare alle conseguenza di una condanna, senza che agli imputati-candidati sia concesso il privilegio di scegliersi il momento meno “elettoralmente dannoso” per risponderne.
Come cittadini rivendichiamo il diritto di sapere, capire, giudicare.
Sempre.