Il 14 ottobre voterò per Veltroni, anche se non smetto di stimare e voler bene a Rosy Bindi e Enrico Letta con cui ho condiviso tante battaglie, nella Dc e nel Ppi, per rinnovare metodi e qualità della politica. Lo voto per le ragioni che avevo detto ad entrambi quando ho provato, senza fortuna, a convincerli di non candidarsi.Non mi sfuggiva allora e non mi sfugge oggi il valore etico ed estetico di una gara gareggiata. Ma ci sono momenti e situazioni in cui l’unità ha un non minore valore etico ed estetico. Sono i momenti in cui la scommessa dell’impresa è aperta a ogni esito e il candidato a gestirla merita il sostegno di tutti.Veltroni quando ha deciso di assumere questa sfida l’ha obiettivamente valorizzata al punto da determinare una comprensibile apprensione nel centro destra: nessuno di noi può dimenticare il clima che accompagnava il Pd solo due mesi fa. E ha corrisposto a una chiamata molto forte e diffusa della “nostra gente”. Veltroni è stato infatti scelto dal popolo ulivista e democratico che ad ogni sondaggio lo indicava come candidato ideale.Non sono un adulatore né della prima né dell’ultima ora, ma conoscendo Walter da vicino per aver lavorato con lui negli anni in cui entrambi eravamo segretari di partiti alleati, ho tante ragioni per stimarlo. E’ risaputo poi, per diverse mie iniziative anche legislative, che sono tra i più critici della deriva leaderistica e “possessiva” nella vita dei partiti e, proprio per evitare che questo accada al nostro nuovo partito, voglio essergli al fianco per aiutarlo e vigilare in modo amichevole ed esigente.Vi è poi un ulteriore motivo: io sono molto preoccupato per il “fatto”, già verificatosi nelle ultime elezioni e che può ulteriormente consolidarsi, della progressiva separazione elettorale di parti importanti dell’area cattolica dal centrosinistra.
Lo sono per la chiesa che rischia oggettivamente, suo malgrado, di vedersi schiacciata su un polo del sistema politico – quello della destra – , e lo sono per il nostro partito e la nostra coalizione perché sono certo che senza quel consenso rischiamo un impoverimento gravissimo. Credo, pertanto, che il PD debba assumere come uno dei suoi obiettivi principali proprio quello di recuperare la fiducia di un’area sociale così importante come quella cattolica. Non sarà il solo obiettivo, ma sicuramente uno dei più importanti. E so che non lo si persegue con la pur meritoria testimonianza fedele e intransigente dei valori cristiani da parte di qualcuno dei credenti che aderiranno al partito. Né con una corrente di cattolici. Né con discorsi pur seri e importanti sul rimescolamento delle storie e delle identità. La fiducia di quel mondo, che fece la “differenza” a nostro vantaggio nelle elezioni del 1996, la si potrà recuperare solo se, nel suo complesso, il Pd saprà rappresentare una linea politica di qualità, sotto il profilo dei contenuti e dell’etica in particolare, che segni una reale alterità valoriale, anche nel comportamento virtuoso dei suoi dirigenti, rispetto al centro destra. Non c’è scampo: o siamo e siamo percepiti come il partito che di fronte alla complessità di questa stagione ha la capacità di proporre una nuova cultura “umanistica” e un nuovo codice etico, o siamo condannati a un destino elettorale non felice.Poiché affido a Veltroni e a Franceschini questa missione non facile sento il dovere di non far mancare loro il mio sostegno.Infine: perché non ho dichiarato subito questa mia scelta per le primarie?Perché mi sembrava giusto, nella mia qualità di ultimo segretario del Ppi e di presidente dell’Associazione che ne ha ereditato il patrimonio ideale, di non partecipare alla gara un po’ scomposta delle prime settimane, in cui ho sentito con amarezza ripetere da qualche parte quella minaccia che non sarebbero stati fatti prigionieri, che è rivelatrice di una inquietante sottovalutazione della durezza dei tempi e dei passaggi che attendono il nuovo partito, oltreché della natura dell’assemblea costituente (che andremo a eleggere insieme al segretario), la quale non sopporta la formazione pregiudiziale di maggioranze e opposizioni, ma – soprattutto – presuppone che il partito debba ancora essere costruito e alcuni nodi politici ancora essere sciolti.
Questo deve essere un dato chiaro per tutti.Ora che ho sentito Veltroni dire, rivolgendosi a Rosy e Enrico, che “dopo il 14 ottobre torneremo a lavorare insieme” mi sento rassicurato, nel senso che non dovrò impegnarmi a convincerlo a riunificare ciò che – temporaneamente – si è diviso. Dovremo lavorare insieme – nella assemblea costituente sicuramente ma, per quanto possibile, anche nello scorcio che resta di campagna per le primarie – per definire uno statuto ma soprattutto una prassi adeguati a un partito veramente pluralista, ricco cioè delle originalità culturali che lo generano e ne garantiscono la caratteristica di novità che il paese ci chiede.
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