Lo speciale di LeG sul Partito democratico // Tiriamo le somme: cosa è accaduto realmente ad Orvieto? Oltre la retorica delle promesse del tipo ”non si torna indietro”, del sogno che si avvera, dell’atto di amore che accompagna la nascita, della risposta di nuova democrazia che metta fine alla lunga crisi dei partiti…oltre tutto, cosa resta, cosa è scomparso, cosa è realistico che avvenga?Si potrebbe forse dire che è stato tagliato il nastro di partenza di una corsa ad ostacoli, ma gli ostacoli restano tutti e forse sono emersi in maniera più evidente. Prima di Orvieto infatti chi parlava di difficoltà veniva subito tacciato di non voler arrivare all’obiettivo finale. Ora che su quell’obiettivo i leader delle forze politiche e Romano Prodi hanno firmato una sorta di patto con gli elettori i problemi balzano agli occhi. Vediamo di riassumere cosa è stato deciso e cosa rimane ancora da superare nel cammino che entro il 2008 dovrebbe portare alla nascita del Partito Democratico, che noi di LeG seguiamo con attenzione in quanto pensiamo che sia una rara, forse unica, occasione di rinnovamento della politica italiana. Se rinunciamo anche a questa idea che pur rispecchiando le profonde debolezze delle due principali forze di centro sinistra può alla fine rappresentare un progetto importante di modernizzazione e ringiovanimento dell’assetto politico, non c’è sul tavolo della politica niente di nuovo, niente di appetibile, niente di realistico e importante.A Orvieto è stato deciso:1) che Prodi indicherà un gruppo di garanti o esperti che prepareranno il manifesto di nascita del Pd.
Quanti saranno? 15, forse di più. I nomi che circolano sono quelli di Scoppola, Salvati, Gualtieri, Vassallo, ma anche Rodotà, Elia, Reichlin e altri. Questo è un primo passo ma assai importante perché già quei nomi ci diranno quanto alto il nuovo partito potrebbe volare. Il manifesto, appena pronto sarà sottoposto ad una approvazione.2) essa dovrebbe avvenire a gennaio 2007 nel corso di una Orvieto 2. Da lì sarebbe sottoposto alla discussione fra i cittadini.3) da subito Ds e Margherita si impegnano a creare nelle amministrazioni locali e regionali gruppi unici dell’Ulivo.4) dalle prossime elezioni (amministrative del 2007) i due partiti si impegnano a presentarsi insieme in liste dell’Ulivo.5) Primavera del 2007: congressi di Ds e Margherita che sanciscano lo scioglimento. 6) aprile del 2008 Assemblea costituente del Pd.Nasce, nel frattempo, anche una rivista che accompagna la discussione.E’ molto? E’ poco?Queste decisioni rispecchiano comunque la decisione di andare avanti. E’ sul COME, sul chi debba partecipare a questo processo che cominciano i dubbi. Perché è chiaro che se questo processo dovesse esser rinchiuso all’interno delle due segreterie, allora sarebbe difficile sostenere che due debolezze generano una forza. Che due chiusure generano una apertura. In effetti quello che è risultato evidente ad Orvieto è la lontananza tra il senso della tre relazioni introduttive (Scoppola, Gualtieri e Vassallo) e le tesi fatte proprie negli interventi di D’Alema, Rutelli, Fassino e forse anche Prodi.
La macchina del futuro Pd deve esser rodata, per ora si procede a sbalzi.Il presidente dei Ds ha chiarito che la sua preoccupazione (più che legittima e comprensbile) è quella di portare tutti i Ds (possibilmente) nel nuovo partito. Non solo per motivi ideali, ma anche perché ha spiegato con nettezza che nella prima fase (dove si conclude?) i voti si pesano e non si contano: i delegati per l’assemblea costituente dovrebbero esser scelti dunque dalle forze politiche e tra le forze politiche, non da cittadini non iscritti. In maniera esclusiva? Oppure si pensa di lasciare qualcosa ai non iscritti? Chissà.C’è stato dunque ad Orvieto un forte recupero dell’identità di partito in vista degli equilibri interni che se dovesse portare a quella che è stata anche chiamata “fusione fredda” dei due vertici, non porterebbe sicuramente a novità di sorta oppure potrebbe far rientrare dalla porta chiusa ma non sbarrata l’idea di puntare ad una federazione fra Ds e Margherita e non ad un unico partito. Mi pare invece che almeno a parole si sia superato il punto dell’abbarbicamento alle singole radici in nome di uno sguardo volto avanti e non al passato, ma anche su questo non metterei la mano sul fuoco.Concludendo: la macchina è partita ed è inutile dire quali guasti potrebbe provocare se si inceppasse. Provo a citarne alcuni: crescita del discredito della politica presso l’elettorato, un progressivo distacco fra società e partiti, inaridimento del dibattito politico, nuovo rigurgito di conflittualità, accuse reciproche, credibilità a livelli infimi.E tutto questo mentre il governo è impegnato nella difficilissima arte di governare questa situazione al limite del collasso.
Prodi ha voluto essere lui il vero artefice del progetto PD-Ulivo. Deve adesso essere anche il garante che esso, arenandosi, non metta a rischio il progetto Italia.
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