Buscar el levante por el ponente!

20 Lug 2018

Cristoforo Colombo, studiando le antiche mappe, si era giustamente convinto che la terra non poteva essere piatta ma più o meno rotonda, e che quindi, andando per mare verso occidente si poteva raggiungere l’oriente più facilmente che navigando direttamente verso “le Indie”.

Sostenne allora che si poteva “buscar el levante por el ponente”, e, dopo avere fatto il giro delle sette chiese, riuscì a convincere i regnanti spagnoli a finanziarlo, forse anche con l’avallo del papa genovese Innocenzo VIII°, al secolo Giovan Battista Cybo, cui si deve la denominazione della prima grande isola scoperta da Colombo.

Ho la sensazione che, mutatis mutandis, qualcosa del genere stiano facendo oggi i nostri rumorosi governanti, il cui reale intento sembra quello di sottrarsi alle strettoie finanziarie dell’UE, ma senza dirlo, anzi affermando il contrario, e poi di fatto provando a raggiungere quel risultato per diversa via.

Non si apre la discussione sull’euro, che preoccupa l’opinione pubblica e in particolare i risparmiatori italiani, e invece si prova a raggiungere lo scopo enfatizzando la questione dei migranti, su cui è agevole trovare la solidarietà del Paese, nella previsione che l’assenza di una ragionevole soluzione europea finisca per fungere da detonatore di un’esplosione destinata a coinvolgere anche l’euro, e con esso l’UE.

Che poi mi sembra essere la vera ragione sociale su cui si è saldata l’alleanza del governo pentaleghista, che, per fare anche solo alcune delle cose promesse, avrebbe bisogno di utilizzare un mare di risorse economiche che gli attuali vincoli interni ed europei non potrebbero mai liberare.

Insomma, il sospetto è che per raggiungere egualmente lo scopo, sia meglio vellicare la pancia degli elettori sulla materia sensibile delle migrazioni, facendo guardare da una parte mentre si prova ad andare un’altra.

Solo così si può spiegare lo sguardo amoroso che il nostro Governo lancia, mal ricambiato, agli europei dell’est e del nord, e il ghigno feroce con cui si rivolge, per la verità ben ricambiato, alla Germania di Merkel, alla Francia di Macron e alla Spagna di Sanchez, quando invece con questi ultimi avremmo interesse a marciare di concerto, perché, in un modo o nell’altro, abbiamo gli stessi problemi.

Con la Germania perché è il più grande paese importatore di migranti (sono circa dieci milioni, quasi il 12% della popolazione), e con Spagna e Francia perché già oggi ne hanno più dell’Italia e, essendo paesi rivieraschi, rischiano di subire la stessa pressione migratoria che l’Italia ha dovuto affrontare almeno sino al 2016, e che, dallo scorso anno, grazie al ministro Minniti e senza gli strepiti di oggi, si è drasticamente ridotta, anche se gli italiani pare che non se ne siano accorti.

Invece, coi paesi sovranisti del nord e dell’est, il c. d. blocco di Visegràd (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia), guidati dal “democratico-illiberale” Orban, avremmo tutto l’interesse di scontrarci duramente, perché sono proprio quelli che renderanno sempre più difficile qualsiasi protocollo innovativo nella ricollocazione dei migranti che ci sono già e che, in gran parte, muoiono dalla voglia di superare le Alpi.

Dal summit europeo dei giorni scorsi il nostro Paese ha solo ricavato, per i movimenti primari, un’affermazione ovvia (chi sbarca in Italia, sbarca in Europa, e se no, dove altro?) e un programma impossibile (centri di raccolta a cura di chi ci sta, cioè nessuno), ferma restando la responsabilità del paese di primo approdo (cioè l’Italia) in forza dell’immodificato Trattato di Dublino III°, mentre per i movimenti secondari dovremo accettare i rimpatri di decine di migliaia di migranti che sono riusciti a superare le nostre frontiere e che ci verranno graziosamente restituiti.

Insomma, un risultato che non risolve alcun nostro problema e che sembra fatto apposta per suscitare nuove ondate di protesta contro l’Europa, che i nostri governanti si affretteranno a cavalcare gridando a più non posso per fare crescere il malcontento e sperando che la corda, a furia di strattoni, finisca per rompersi col consenso inconsapevole degli italiani.

Se si fosse voluto assumere una posizione difficilmente contestabile dai grandi paesi europei che pure l’hanno votata, occorreva invece difendere a spada tratta la risoluzione approvata lo scorso novembre dall’Assemblea Plenaria del Parlamento Europeo (che condivide col Consiglio e con la Commissione la potestà legislativa dell’UE), su proposta dalla deputata liberale svedese Cecilia Wikstrom, che mira a superare il regolamento di Dublino III°, eliminando il criterio del primo paese di accesso e sostituendolo con meccanismo permanente ed automatico di ricollocamento e di ricongiunzione familiare, che tutti i paesi dell’UE dovrebbero accettare sotto pena di perdere i fondi strutturali.

Ovviamente, quella risoluzione (approvata con 390 voti favorevoli, 175 contrari e 44 astenuti) ha visto la contrarietà dei paesi di Visegràd, cioè quelli che, pur essendo i nostri naturali avversari, sono stranamente diventati il riferimento ideologico dei partiti che compongono il nostro governo.

Ed è significativo che in quell’occasione gli europarlamentari della Lega si siano astenuti, e quelli del M5S abbiano addirittura votato contro, sostenendo paradossalmente che la proposta era insufficiente, quando invece il documento ora uscito da Bruxelles è ben più arretrato.

Se facciamo proprio l’esatto contrario di quello che dovremmo fare per corrispondere all’interesse del Paese, allora gatta ci cova, e viene naturale il sospetto che si voglia proprio “buscar al levante por el ponente”, come dire puntare a Schengen per arrivare a Francoforte, e poi, magari a Mosca.

Solo che, a differenza di Colombo, che gridava ai quattro venti quel che voleva fare, i nostri governanti ce lo tengono ben nascosto, parlando di una cosa e cercando di farne un’altra.

Un po’ come Machiavelli e Guicciardini suggerivano di fare al Principe e ai suoi consiglieri, invitandoli a dissimulare i veri intendimenti nelle importanti pratiche di governo, dopo essersi preoccupati di apparire affidabili nelle cose di minore importanza.

Il sospetto è quindi che sulla questione dei migranti si voglia lasciare irrisolto il problema sino a quando, giunto sulla soglia della rottura, il governo sembrerà costretto a fare l’ultimo passo col sostegno di un consenso popolare che non riuscirebbe ad avere se mettesse oggi in discussione l’Euro e l’UE.

E a quel punto, le rotative del Poligrafico dello Stato potranno cominciare a stampare tutta la moneta virtuale che servirà per attuare le mirabolanti promesse elettorali del programma di governo, con l’inevitabile inflazione che in breve falcidierà, e questa volta col loro consenso, i risparmi degli italiani, che così saranno contenti e gabbati!

(*) L’avvocato Enzo Palumbo è tra i fondatori del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale.

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