Gli inspiegabili roghi estivi

02 Ago 2017

Provo a cimentarmi nell’ardua impresa di trovare non una spiegazione ma almeno un senso logico nei roghi boschivi di questo luglio, che hanno distrutto molte migliaia di ettari dalla Sicilia fino alla Toscana. Parto dal caso di Messina, dove in due riprese sono state inceneriti 2100 ettari di pinete, uliveti e macchia mediterranea, per milioni di euro di danni (sotto)stimati.

I fatti, per lo meno nel comune di Messina, escludono l’autocombustione, in quanto non può accadere che decine di focolai partano contemporaneamente, senza fulmini o altre cause naturali, e sempre in giornate in cui il vento favorisce il veloce dilagare del fuoco. Dall’otto al dodici luglio, oltre 100 ore di roghi continui, 850 ettari andati in fumo evidentemente con un disegno preciso, ritengo con una cabina di regia con agli ordini decine di appiccatori di fuoco (non chiamiamoli piromani): forse è questa una rilevante novità, rispetto agli anni precedenti. Focolai simultanei distanti chilometri, presuppongono che gli incendiarii siano in contatto telefonico o con walkie-talkie. Tre canadair, elicotteri, centinaia di vigili del fuoco, guardie forestali e volontari, a lottare eroicamente contro le asperità del territorio, il vento, temperature infernali: tutto INUTILE. Appena si domava un focolaio e canadair e vigili del fuoco si spostavano in un’altra zona, un nuovo focolaio partiva accanto alle zone appena salvate: c’è stato dunque metodo e organizzazione in questa follia. Organizzazione e, evidentemente, anche parecchi denari spesi per gli appiccatori, compreso il loro addestramento. Infatti, appiccare vari focolai in una situazione di forte vento, in sottoboschi infiammabili come benzina, in maniera coordinata e senza rischiare la vita (nessuno di questi criminali è stato ferito, e comunque ricoverato, che se ne sappia) richiede conoscenza del territorio e dello strumento fuoco. L’improvvisazione e la casualità vanno dunque escluse, a favore di una pianificazione e di una grande determinazione criminale.

Se quanto osservo sopra è vero, le accuse a regione, comuni, forestale, protezione civile, ecc. di non aver curato il territorio con interventi di prevenzione – che, va detto con chiarezza e forza, negli anni sono stati colpevolmente insufficienti – vanno ridimensionate: non c’è prevenzione che tenga di fronte alla volontà criminale di bruciare. A poco servono vie tagliafuoco, pulizia del sottobosco di fronte ad inneschi organizzati come quelli. Inoltre, a parte l’impossibilità materiale ed i costi enormi di raccolta delle foglie secche (il vero carburante degli incendi), il sottobosco ha una funzione insostituibile nel meraviglioso ciclo di vita dei boschi, preservando la fertilità del terreno: le sostanze carboniose ed azotate che contengono ritornano al terreno, dopo che le piante le hanno trasformate in foglie.

Ma la vera domanda è “Perché?”, e trovare una spiegazione logica è davvero arduo. Proviamo con il metodo delle successive esclusioni.

I)             Pastorizia. La Sicilia importa il 95% delle carni, e nel comune di Messina non ci sono né grandi aziende zootecniche, né grosse produzioni di latte e formaggi, da parte di pochi pecorai e bovari. Non convince.

II)            Speculazioni sui terreni. Il catasto degli incendi – colpevolmente non aggiornato – escluderebbe che sui terreni bruciati si possa costruire, per molti anni. E comunque speculazioni edilizie sarebbero soggette ai piani regolatori ed ai piani paesaggistici. Non convince.

III)           Vendette ed intimidazioni mafiose a privati. È vero che la gran parte dei terreni bruciati non sono demaniali ma privati e che la criminalità organizzata potrebbe usare i roghi come strumento di intimidazione o di estorsione. Ma nel caso di Messina si tratta di terreni estremamente impervi dove costruire ovvero sfruttarli per agricoltura e zootecnia non sembra un buon affare. Inoltre credo sia difficile pensare che questo ragionamento sia applicabile in tutta l’Italia meridionale e centrale. Convince poco.

IV)           Guardie forestali. La Sicilia ne ha un numero grande, e c’è chi accusa i forestali di incendiare, per costringere la regione ad assumere sempre più operatori stagionali. Ma questa è una spiegazione sensata solo per Sicilia e Calabria, e ritengo sia improponibile per la Toscana. Non convince.

V)            Ostacolare la creazione di parchi, ovvero dimostrarne l’inutilità. Se mai i roghi dovrebbero dimostrarne l’utilità, per la prevenzione del territorio. Non convince.

VI)           Messaggi subliminali alle istituzioni. Troppo complottista, perché prevederebbe una nuova stagione di patti stato-mafia, dopo le stragi del 92. Non convince.

VII)          Affermazione di dominio sul territorio, da parte della mafia. Forse, ma può essere davvero possibile in tutta l’Italia? Poco credibile.

Se tutto ciò non convince, allora non resta che chiedersi “Dove stanno i soldi?”, se ce ne sono in gioco. Il costo di intervento di un canadair è €15.000 l’ora, e di un elicottero di €5000, a parte l’acquisto dei mezzi. Alla regione Sicilia i roghi di luglio sono costati finora ben €13 milioni. Inoltre il numero dei roghi e la loro virulenza – ben più importante del numero che sembra cali lentamente negli anni – spingono a pensare che canadair ed elicotteri siano troppo pochi. Così come pochi, sotto organico e sotto pagati sono i vigili del fuoco. Non sarei sorpreso se a qualcuno venisse in mente la seguente idea: “Le istituzioni pubbliche non sono in grado di fronteggiare l’emergenza incendi, perché diseconomiche, inefficienti e disorganizzate. Il servizio antincendi boschivi deve essere privatizzato, in modo da consentire l’aumento dei mezzi aerei e della managerialità della gestione di uomini e mezzi.”. Convince, onestamente, poco benché mi sembra che un senso logico ci sia.

I roghi estivi sono pura follia umana, ma l’imponente organizzazione che c’è dietro deve avere un filo logico, una ragione economica. Io non ne so trovare altre, al momento. Quindi chiedo alle persone di buona volontà di contribuire alla ricerca di convincenti spiegazioni agli inspiegabili roghi.

(*) L’autore, ordinatio di Fisica Generale all’Università di Messina, è presidente di Zero Waste Sicilia.

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