Lettera di una socia LeG alla minoranza PD, in materia di riforme costituzionali

24 Set 2015


Leggo di “accordi raggiunti” e di “ritrovata unità del partito”; ascolto stranita Bersani che esulta, sottolineando il “bel successo del PD”.
Confidavo che almeno voi della minoranza PD non foste disposti a piegarvi, ad accettare questo “contentino” – peraltro scritto in modo farraginoso e confuso – che non migliora per nulla nei contenuti (anzi, direi, non li rende nemmeno digeribili) di quella che è e resta una pessima riforma costituzionale, pericolosa nella sua combinazione con l’Italicum e suscettibile di incidere sulla forma di governo parlamentare, come illustri costituzionalisti hanno con chiarezza spiegato.

Una riforma che è un mix di populismo (niente stipendi ai senatori, minori costi, ecc.) e di antiparlamentarismo, la cui idea di fondo è che il centro della vita politica non debba risiedere nella rappresentatività delle assemblee parlamentari, ma nell’agire degli esecutivi.
Il PD ha risposto con una “gentile e interessata concessione”, perché i voti determinanti di Verdini fanno un po’ arrossire anche chi ha un viso di bronzo. Ma questa  studiata mossa non può cancellare i mesi di spavalda arroganza, di disinvoltura nell’applicazione delle procedure, di umiliazione del dissenso che anche voi “minoranza” siete stati costretti a sopportare – fortunatamente non sempre silenti, ma spesso non sufficientemente tempestivi e incisivi – in un clima concitato di “emergenza permanente”, caratterizzato da aut-aut, minaccia di elezioni e da toni sprezzanti, che nulla hanno a che fare con la cautela e la ponderazione, con la promozione di un dibattito il più possibile ampio, aperto e diffuso sul tema delle riforme costituzionali; sempre ammesso e non concesso che per voi la Carta rappresenti  l’identità del Paese.

Un grande Padre Costituente – Piero Calamandrei – disse (e la nostra Bonsanti lo ha ricordato) : “nella preparazione della Costituzione, il Governo non deve avere alcuna ingerenza…quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del Governo dovranno essere vuoti”. Oggi, nella disattenzione generale, mentre si stava discutendo della riforma Renzi-Boschi, i banchi del Governo erano effettivamente vuoti (si riempiranno al momento del voto, per presidiare l’Aula); peccato che il ddl sia stato redatto dall’esecutivo; peccato sia stato scritto da un Governo che su quel testo ha messo la firma e poi ha portato via la penna. E prima aveva  tentato di cucire anche le bocche, provando a sostituire i “dissidenti” in Commissione Affari costituzionali e bollando sarcasticamente come “gufi e professoroni” coloro che avanzavano perplessità e critiche alla riforma.

Di fronte ai frequenti “colpi di mano” e alle forzature continue – dai “canguri” alle “tagliole” – mi illudevo non foste disposti a rinunciare alla vostra cultura e storia politica e confidavo nel fatto che non avreste accettato di rinnegare un’idea in cambio di un misero “tornaconto”, non necessariamente personale, ma declinato in chiave di agibilità politica, forse promessa a quella parte minoritaria del PD che vi trovate a rappresentare. Il tutto in un clima da congresso permanente, ormai trasferitosi persino nelle aule parlamentari, che avvelena e intacca anche il dibattito su una materia così delicata quale quella costituzionale.

Perché ormai in questa lotta per il potere fine a se stesso non si risparmia più nulla e nessuno.

Ero certa non avreste ferito, piegandovi a uno scenario in cui è il Governo a governare la propria maggioranza, lo spirito di una Costituzione conquistata con il sangue dei partigiani – uomini e donne – accettando un’elargizione non sanante, calata dall’alto all’ultimo minuto da un improvvisatore tanto intraprendente, quanto privo di cultura e sensibilità costituzionali; una figura che davvero poco ha a che fare con la parte più nobile della storia del vostro partito.

Dispiace dirlo, ma dagli eredi di alcune delle forze politiche che scrissero quella Carta ci si sarebbe aspettati di più.

Mi scuso per l’ingerenza, dettata principalmente dalla sofferenza che in questi giorni sto provando, rendendomi conto di quanto siano fragili e indifesi i frutti più belli lasciatici in dono dalla parte migliore dell’Italia, quella – minoritaria, ma straordinariamente coraggiosa – che in anni bui seppe opporsi alla dittatura fascista e alla follia nazista.
Mi sono augurata fino all’ultimo che un’altra minoranza salvasse ancora la democrazia e invece voi – questa volta con assai meno coraggio – avete scelto di stare dalla parte sbagliata.


(*) Francesca Parmigiani è socia del Circolo LeG di Brescia, vice presidente dell’Anpi provinciale e consigliere comunale 

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