Un cammino con molte ombre e poca chiarezza

16 Giu 2015

E’ piena la saletta al piano terra della Domus mazziniana. Semplici cittadini venuti qui a capire cosa sta succedendo o potrebbe succedere alla nostra Costituzione. Al profumo dei vecchi libri di argomento risorgimentale, che tappezzano le pareti, si mescolano le parole chiare e precise del prof. Saulle Panizza. Ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Pisa, autore di numerose pubblicazioni volte alla divulgazione e spiegazione della nostra Carta costituzionale,

incontro_Pisa_su_costituzioneE’ piena la saletta al piano terra della Domus mazziniana. Semplici cittadini venuti qui a capire cosa sta succedendo o potrebbe succedere alla nostra Costituzione. Al profumo dei vecchi libri di argomento risorgimentale, che tappezzano le pareti, si mescolano le parole chiare e precise del prof. Saulle Panizza. Ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Pisa, autore di numerose pubblicazioni volte alla divulgazione e spiegazione della nostra Carta costituzionale, con particolare riguardo ai più giovani, il prof. Panizza ci presenta il quadro del progetto “Boschi-Renzi” che con cammino lungo ma in corso (già una prima approvazione vi è stata nell’agosto 2014 e una seconda nel marzo 2015) ha intenzione di cambiare oltre 40 articoli della Costituzione Italiana. Parla da tecnico il prof. Panizza, il giudizio politico scaturisce da sé.

La riforma non irrobustisce la rappresentanza democratica. Perché?

Con l’abbandono del bicameralismo la Camera dei Deputati rimane identica mentre il Senato si trasforma in 100 membri non eletti ma rappresentanti di secondo grado delle Istituzioni territoriali (95) più 5 nominati dal presidente della Repubblica (e gli ex presidenti della Repubblica, solo una disattenzione non averli inseriti nei 100?). I senatori pertanto non rappresenterebbero più la nazione e perderebbero la possibilità di esprimere la fiducia al governo (eppure siamo in un sistema parlamentare!). Un Senato “fluido” quindi, che cambierebbe composizione nel corso della stessa legislatura di pari passo con le elezioni regionali o locali (e quindi anche in corso di approvazione di una legge) con componenti non retribuiti ma dotati di immunità parlamentare.

Passano da 50.000 a 150.000 le firme necessarie per farsi promotori di un disegno di legge di iniziativa popolare.

Nascono nuove forme di referendum: per quello abrogativo, se i richiedenti superano le 800.000 firme, il quorum di validità si abbassa tenendo conto della percentuale dei votanti alle ultime elezioni. Il meccanismo dà sicuramente maggiori garanzia di successo ma rischia di abbassare troppo i termini di validità democratica.

Soppressione definitiva delle Provincie: il termine viene eliminato da tutti gli articoli della Costituzione.

La riforma non incrementa il ruolo delle garanzie. Perché?

Il cuore di una Costituzione, come è stata intesa e concepita negli ultimi secoli, è quello di rappresentare un freno al potere. Nell’attuale ordinamento italiano questi bilanciamenti sono costituiti dal Presidente della Repubblica, dalla Corte costituzionale e dalla Magistratura. Quest’ultima non viene toccata dalla riforma, benché la recente approvazione della responsabilità civile dei magistrati non rappresenti di certo un suo rafforzamento.

Riguardo al Presidente della Repubblica, vi è certamente un indebolimento riguardo alla sua elezione. Dal procedimento attuale, che vuole dopo il terzo scrutinio almeno una maggioranza assoluta dell’assemblea (di circa 1000 componenti), si passerebbe ad un’assemblea senza delegati regionali e con soli 100 senatori (quindi 730 componenti) che dal settimo scrutinio in poi può eleggerlo con i 3/5 dei votanti (non dei componenti). E’ chiaro il rischio che, anche alla luce del premio di maggioranza dato dalla nuova legge elettorale ad un solo partito, questo sia in grado di avere largamente i numeri per eleggersi il proprio Presidente.

Il supplente del Presidente della Repubblica sarà il Presidente della Camera, il quale però non potrà, in caso di supplenza in corso, presiedere le camere in seduta comune; in questo caso la presidenza delle camere sarà tenuta dal Presidente del Senato ma attuando le procedure parlamentari della Camera, delle quali potrebbe non essere perfettamente a conoscenza.

L’impressione che alcuni punti della riforma siano frutto di redazione affrettata si insinua sempre più tra i presenti..

La Corte costituzionale potrà esprimere un giudizio sulle leggi mentre ora è solo un giudice ex post. Che male c’è? Potrebbe ridursi a consigliere del potere con fenomeni di cortocircuiti istituzionali allorquando, per esempio, si dovesse esprimere in maniera preventiva sulla legge elettorale!

Tiriamo un respiro, ci accomodiamo meglio sulla sedia e ci chiediamo: se non fa certe cose la riforma, ma allora cosa fa?

Esce rafforzato il potere dell’esecutivo. Il governo ottiene la fiducia da una sola camera per giunta eletta secondo le regole dell’Italicum.

Un disegno di legge che sta particolarmente a cuore al Governo avrà la priorità sull’ordine del giorno dei lavori parlamentari. Il potere d’inchiesta del Senato sarà ridotto.

Su proposta del Governo la legge dello Stato potrà intervenire anche in materie normalmente non riservate alla legislazione statale con pregiudizio dell’autonomia legislativa delle Regioni.

Non sono previste, per contro, forme di rafforzamento del controllo sull’operato del Governo.

Questo è quanto ci viene servito, il dibattito in sala sgorga di conseguenza spontaneo, lungo, fragoroso.

E’ opinione di molti presenti che la riforma, benché non dichiarato apertamente, vada nella direzione di cambiare l’attuale forma di governo. Il potere legislativo ne esce fortemente indebolito a vantaggio di quello esecutivo. Si può certamente osservare che tale crisi è in parte colpa delle stesse assemblee legislative, se è vero che ogni anno almeno trenta leggi sono dichiarate incostituzionali, che spesso la stessa fine la fanno le leggi regionali e che la vita media delle leggi è ad oggi di gran lunga inferiore ad una volta, spesso con continue revisioni e proliferazioni.

Certamente la soluzione avrebbe potuto andare in direzione diversa, considerando che il processo legislativo attuale non è così lento (solo un quarto delle leggi vengono approvate con più di un doppio passaggio) e di frequente ciò è servito a migliorarle. Con il nuovo Senato l’iter di approvazione si arricchirà di nuove combinazioni perché alcune leggi saranno approvate da entrambe le camere, altre dalla sola Camera ma il Senato potrà chiedere di intervenire e altre ancora seguiranno nuove modalità, che nell’attuale agone politico potrebbero dare luogo a non poche complicazioni.

Abbiamo finito. Qualcuno si alza e dice: ora è tutto chiaro ma potevano dircelo prima!

Il pensiero corre subito agli organi di informazione che spesso preferiscono il commento politico, magari urlato, ad una informazione chiara sulla quale poi ciascuno possa, politico e non, fare il suo commento. Ed anche alla politica non sempre attenta ai tecnici, al valore delle parole, al senso di responsabilità di ciò che fa.

 

 

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