Intervista al giudice di Bolzaneto “Nel 2001 eventi terrificanti, la legge sulla tortura deve far paura”

11 Giu 2015

’atto conclusivo della sua carriera è stato quello di scrivere le motivazioni del processo d’appello relativo alla prigione lager di Bolzaneto, luogo di tortura nel G8 genovese del 2001. Un’esperienza che lo ha segnato, un abisso di «non senso» che lo ha spinto a scrivere un libro su quei fatti “Gridavano e piangevano. La tortura in Italia: ciò che ci insegna Bolzaneto”.
Dottor Settembre, da un lato l’attacco al pm Zucca, dall’altro una forte opposizione della polizia alla legge sulla tortura. E’ questo l’insegnamento?

L’atto conclusivo della sua carriera è stato quello di scrivere le motivazioni del processo d’appello relativo alla prigione lager di Bolzaneto, luogo di tortura nel G8 genovese del 2001. Un’esperienza che lo ha segnato, un abisso di «non senso» che lo ha spinto a scrivere un libro su quei fatti “Gridavano e piangevano. La tortura in Italia: ciò che ci insegna Bolzaneto”.
Dottor Settembre, da un lato l’attacco al pm Zucca, dall’altro una forte opposizione della polizia alla legge sulla tortura. E’ questo l’insegnamento?
«Quattordici anni fa accaddero a Genova delle cose terrificanti. Esplose una malattia, un tumore che in questi anni non è stato curato e le metastasi sono ancora in giro. Proprio come gli agenti e i funzionari che picchiarono alla Diaz o falsificarono le prove, o come poliziotti e guardie penitenziarie mai individuate che a Bolzaneto si macchiarono di tecniche di tortura create dalla Gestapo, dal Kgb e affinate ad Abu Ghraib ».
Ma chi lo dice secondo Pansa offende l’onorabilità della polizia.
«E’ sbalorditivo che ci si possa indignare per come vengano stigmatizzati certi comportamenti dalla sentenza Cedu e invece non ci si indigni per ciò che viene stigmatizzato. La decisione di Pansa è abnorme e assurda perché evidenzia la volontà di non confrontarsi e aggredire la malattia.Vuol dire non capire che la polizia è si democratica, e lo dico io che con la polizia ho a lungo lavorato sapendone apprezzare anche l’eroismo civico, ma che all’interno ci sono ancora germi oscuri. L’orgoglio dell’agente che su Facebook rivendicava la Diaz dovrebbe insegnare qualcosa. I rimedi ci sono e non sono la caccia alle streghe».
Quali?
«Scuole di formazione che affrontino il tema del rapporto empatico tra cittadino e polizia. Deve scomparire la paura ed essere sostituito dalla fiducia. Ma prima di questo ci deve essere la totale adesione del personale di polizia ai valori e allo spirito dei principi costituzionali e ai diritti fissati da convenzioni internazionali. A quel punto saranno gli stessi poliziotti a volere una legge sulla tortura che sia talmente severa da scoraggiare anche chi potrebbe avere una semplice inclinazione ».
Invece cosa sta accadendo?
«Agitando lo spauracchio di una raffica di denunce per tortura sembra quasi che la polizia abbia così poca fiducia nei cittadini italiani da pensare che la maggior parte di loro approfitterebbe di una legge per accusarli ingiustamente. Però, vede, questa è un’ipotesi di scuola, invece Diaz e Bolzaneto sono fatti reali, sono accadute. Mi chiedo come sia possibile che le forze politiche non vogliano tutte assieme una legge che si rifà a principi e diritti europei in cui tutti dovremmo riconoscerci ».
Non crede che i cittadini siano disposti, in questi tempi segnati da molte paure, a concedere parte dei loro diritti in cambio di una presunta maggior sicurezza?
«Credo che molto dipenda dall’informazione, che contribuisce a plasmare le posizioni della collettività».
La Repubblica, 11 giugno 2015
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DIAZ, 2001 l’irruzione della polizia alla Diaz, molti fermati vennero portati a Bolzaneto

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