Si porterà a casa la legge dissipando però il patrimonio accumulato

Travestita da prova di forza, ieri è andata in scena alla Camera la prima, pubblica e plateale prova di debolezza di Matteo Renzi. Mettere la fiducia sulla legge elettorale è sbagliato sul piano del metodo, perché dimostra l’’incapacità di costruire un ampio e sicuro consenso politico su una regola fondamentale, ed è sbagliato soprattutto nel merito perché come diceva lo stesso premier a gennaio — per far accettare l’’lleanza con Berlusconi — non si cambia il sistema di voto a colpi di maggioranza, tanto più se quella maggioranza riottosa è tenuta insieme dalla minaccia del voto anticipato.
Perso per strada Berlusconi, Renzi sembra aver perso anche la politica, sostituita da una continua prova muscolare. Che non può però nascondere la rottura evidente tra la sinistra del Pd e il presidente del Consiglio, che è anche segretario del partito.
È contro la minoranza interna, infatti, quel voto di fiducia: che diventa così un attestato di sfiducia reciproca tra Renzi e la sinistra Pd, una sfiducia così forte da finire fuori controllo, fino a una decisione che sfida il Parlamento, ma soprattutto il buon senso. Renzi ha il diritto di portare avanti le sue riforme, anche la legge elettorale, e il Paese ha bisogno di cambiamento. In politica però non conta solo il «quanto», cioè il saldo del voto finale, ma anche il come, vale a dire il percorso, le alleanze, il consenso che si sa costruire.
Qui si porterà a casa la legge, dissipando però il patrimonio accumulato col metodo seguito per l’’elezione di Mattarella, che ha fatto per un breve momento del Pd non solo il partito di maggioranza relativa, ma la spina dorsale del sistema politico e istituzionale. Tutto gettato al vento, perché la minoranza continua a considerare Renzi abusivo (mentre ha vinto legittimamente le ultime primarie, così come aveva perso le precedenti) e perché il leader preferisce comandare il suo partito piuttosto che rappresentarlo nel suo insieme.
Così non si va lontano, prigionieri di due mentalità minoritarie. Ma come leader e premier, Renzi ha oggi una responsabilità in più. Può avere i numeri: ma dovrà capire che senza il Pd nel suo insieme, il governo è nudo di fronte a se stesso, perché i partiti sono cultura, valori, storia e tradizione: quel che fa muovere le bandiere.
A patto di non usarli come un tram.

Repubblica, 29 aprile 2015

3 commenti

  • Forse però “Repubblica” dovrebbe interrogarsi sulle sue responsabilità. Quante cose che, presentate da Berlusconi, il quotidiano giustamente attaccava, fatte da Renzi le sono sembrate ottime e abbondanti? E’ il motivo per cui dall’anno scorso non lo compro più, dopo anni di affezionata lettura.
    Le riforme di Renzi sono di gran lunga peggiori di quella, pur molto negativa, presentata dal centrodestra nel 2006, dove almeno c’era un Senato elettivo e numericamente significativo.
    Ezio Mauro parla del “come”, ma è anche la sostanza delle riforme a essere profondamente sbagliata. Altra precisazione: Renzi non ha nessun “diritto” a fare le riforme, che sono prerogativa del Parlamento. E’ ora di ricominciare a chiamare le cose con il loro nome.

  • Bravo Antonio, ti sottoscrivo in toto.
    mai tradimento è bruciato di più. tanto per rinfrescare la memoria: all’indomani dell’avviso da parte di LeG della “deriva autoritaria” con annessa raccolta firme il Sig. Direttore di Repubblica on line, Zucconi, scrisse un post nel suo blog “mia suocera, costituzionalista” 2 aprile 2014-
    da cui copio/incollo solo poche righe
    “[.....]ora si alzano vecchi e nuovi conservatori, inaspettate vestali, sciamani custodi del sacro fuoco del bicameralismo per metterci in guardia, con immancabile raccolta di firme inutili, contro la catastrofe del monocameralismo, che è il sistema utilizzato da tutte le altre nazioni occidentali, esclusi gli USA nei quali l’Esecutivo non è esposto alla fiducia del Congresso e non è espressione del Parlamento.”

    e ora Ezio mauro fa questa arrampicata sugli specchi, con distinguo, sospensioni e via cantando? ? madai, non ci crede più nessuno tant’è che neanche oggi chiamano le cose con il loro nome, come sottolinei giustamente tu. ciao

  • Perfettamente d’accordo con Antonio e con Anna. Repubblica è la colonna della svolta autoritaria e ho smesso di comprarlo anche da prima, rallegrandomi della mia scelta quando ho visto il sostegno a spada tratta dato al governo Renzi a livelli che quasi nemmeno il Giornale ha dato a Berlusconi. Concordo pienamente sull’insistere sul linguaggio anti-dittatura. Renzi non fa riforme, le riforme le fa il parlamento; vogliono costringerci a pensare in maniera dittatoriale e autoritaria. Risbattiamogli in faccia questa mentalità.

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