«Il listino facoltativo? Che errore»

01 Ago 2014

Il giudizio di Enzo Cheli, costituzionalista, è severo sul Toscanellum. La soluzione scelta per le preferenze, così come sta scritta, è incostituzionale, dice senza giri di parole.
Professore, che ne pensa dell’introduzione del listino flessibile? C’è il listino, ma anche no… Dipende dai partiti.
«Non conosco nei dettagli il Toscanellum, ma solo attraverso le notizie che ne ha riportato la stampa, quindi esprimo un giudizio con qualche cautela. Per quanto riguarda la filosofia complessiva dell’impianto molto simile a quella dell’Italicum penso che la linea di fondo diretta a rafforzare governabilità ed efficienza nel governo regionale sia da condividere. Forti perplessità sul piano costituzionale suscita invece la soluzione che vedo adottata per il problema delle preferenze. Il rischio sul terreno costituzionale riguarda la violazione, molto evidente, del principio di eguaglianza. Le leggi elettorali devono offrire agli elettori pari condizioni nello svolgimento del voto. Non può essere rimessa a una scelta del partito la variazione di un aspetto importante come quello delle preferenze, che cambia le condizioni degli elettori a seconda del partito prescelto».
Invece che giudizio dà sull’Italicum?
«Io ho sempre condiviso, e ho avuto più occasione per affermarlo, l’impostazione di fondo della legge, che prevede una prima fase proporzionale e un secondo turno di ballottaggio tra le due maggiori forze in campo se nessun partito raggiunge una determinata soglia. Detto questo, bisogna anche riconoscere che ci sono aspetti di cui si sta discutendo e che sarebbe opportuno correggere. Mi riferisco a due aspetti in particolare. L’aumento della soglia di ingresso al premio di maggioranza, che andrebbe quanto mento portata al 40 per cento, per non alterare troppo il principio di rappresentatività, e l’unificazione delle soglie di ingresso alla ripartizione dei seggi; tutte le forze maggiori e minori dovrebbero essere messe in una situazione di pari trattamento. Resta poi aperto il tema delle preferenze, che ha mia avviso andrebbe aggirato, introducendo come passaggio obbligatorio del procedimento le primarie per la scelta dei candidati».
Italicum e riforma del Senato vanno di pari passo, si tengono insieme. Il governo è in una fase di stallo. Secondo lei Renzi può fare per sbloccare la situazione?
«I due temi, legge elettorale e riforma del Senato, sono strettamente collegati, e le difficoltà in atto, espresse attraverso un pesante ostruzionismo non potranno trovare soluzione altro che sul terreno della trattiva politica complessiva. Dal punto di vista tecnico, il regolamento del senato offre gli strumenti per superare l’ostruzionismo che lo stesso regolamento consente. Mi riferisco in particolare alla cosiddetta tecnica del canguro, che non è una invenzione giornalistica, ma la definizione giornalistica di un preciso articolo del regolamento del Senato. È l’articolo 100, ottavo comma, che affida al presidente dello stesso Senato la decisione inappellabile per dichiarare inammissibili quegli “emendamenti che siano privi di ogni reale portata modificativa”».
Invece del nuovo Senato che ne pensa?
«La riforma va fatta, il bicameralismo paritario nei 28 paesi dell’Unione Europea è solo presente in Italia e questo è un dato significativo. È indubbio che va superato e la riforma è necessaria. Sul come fare la riforma, le opinioni possono essere varie, come vediamo. A mio avviso, è essenziale differenziare le funzioni delle due camere, ma non degradare il Senato a un livello inferiore quello naturale di un organo costituzionale. Ove il Senato diventasse un organo superfluo e privo di poteri reali meglio allora puntare sul monocameralismo».

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