Stefano Rodotà risponde a Matteo Renzi: “È solo un insicuro non ci rottamerà”

01 Apr 2014

Un vero e proprio botta e risposta senza esclusione di colpi. Protagonisti? Matteo Renzi e Stefano Rodotà (e altri colleghi professori e costituzionalisti). Da una parte chi (il Premier), sul tema riforme costituzionali e abolizione del Senato, va dritto per la sua strada convinto che sia la migliore dall’altra chi (l’ex garante della privacy) firma appelli per evitare – si legge – una svolta che con questa riforma – ammonisce – rischierebbe di avere una deriva autoritaria.

Ebbene i due non sembrano affatto amarsi, ieri Renzi al Corriere diceva: “Ho giurato sulla costituzione non su Rodotà e Zagrebelsky” rispondendo alle critiche. Oggi il professore al Fatto Quotidiano ribatte ancor più duramente: “Dietro l’atteggiamento sprezzante di Renzi c’è una profonda insicurezza” E aggiunge: “Altrimenti il confronto non gli farebbe paura”. Al professore proprio non è andata giù l’assenza di confronto su temi così importanti: “Direttamente – dice – si interviene su un terzo della costituzione, indirettamente su tutto il sistema di garanzie. Per i cittadini esprimere la propria opinione è un diritto, per chi si occupa di questi temi un dovere”.

Rodotà definisce i toni di Renzi “ultimativi” e disprezzanti nei confronti della critica: “Non è la prima volta – dice – anche sulla legge elettorale aveva parlato di manipolo di studiosi con tono di disprezzo”. Secondo il candidato al Quirinale, il Premier non riuscirà a rottamarli: “La cultura critica- dice – non si rottama: è un pezzo della democrazia. Le reazione – aggiunge – che ci sono state a questo appello dimostrano che la nostra non è una posizione minoritaria: è una rottamazione difficile”.

Il professore di diritto costituzionale è ovviamente contrario alla riforma Renzi sul Senato e usa parole forti per esprimere dissenso: “C’è stata – dice – una regressione culturale profonda. Si cancella il Senato, si compone la Camera con un sistema iper maggioritario, il sistema di garanzie salta. Il risultato – conclude – sarebbe un’alterazione in senso autoritario della logica della Repubblica parlamentare che sta in Costituzione. E dovremmo – si chiede Rodotà – stare zitti?”.

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