Parlamentari milanesi, nè pressioni né diktat

25 Lug 2013

Caro Giunti,
Ho ricevuto la sua lettera e credo che le sue riflessioni meritino attenzione e non sarebbe giusto lasciarle cadere senza rispondere. Tanto più che lei oggi coordina un circolo, come quello milanese di Libertà e Giustizia, con cui in questi anni mi sono spesso trovato a collaborare e condividere battaglie e che esprime valori e principi in cui mi riconosco.

Detto questo le scrivo da senatore del PD, che ha fatto, come tanti miei colleghi, scelte sofferte in questi mesi, ma senza subire ne’ pressioni ne’ diktat di alcun tipo.
Credo che dopo il risultato elettorale e il rifiuto del Movimento Cinque Stelle di sostenere un governo di cambiamento fossimo davanti ad un bivio tra tornare al voto o dar vita ad un governo di larghe intese per far fronte alle emergenze sociali ed economiche che stanno rendendo difficile la vita a tanti italiani. Abbiamo scelto questa strada, quella di dar vita ad un governo con coloro che sono stati e sono i nostri avversari politici perché abbiamo ritenuto giusto mettere al primo posto il Paese, perché pensavamo e pensiamo di poter fare cose utili e perché andare al voto, non avrebbe cambiato nulla, ma certamente avrebbe fatto perdere altro tempo alla soluzione dei tanti concreti problemi degli italiani e avrebbe ulteriormente allontanato i cittadini dalla politica, dalle istituzioni e dalla democrazia: una politica che appaia distante dai problemi quotidiani e spesso autoreferenziale discredita se stessa e le istituzioni e, su questo, in Italia abbiamo già raggiunto il livello di guardia.

Queste sono le ragioni per cui sostengo il governo, perché penso possa fare e stia facendo per mettere in campo politiche necessarie per il lavoro, le imprese, per affrontare le emergenze sociali. So che non potrà fare ciò che speravamo di poter fare in campagna elettorale, ma penso che, questo governo andrà giudicato dai fatti e, come ha detto Letta, se non sarà in grado di fare saremo i primi a spegnere la luce. Ma i sei decreti fatti finora e le proposte di legge in discussione e in via di approvazione: dalla legge sul voto di scambio, a quella contro l’omofobia, fino alla riforma del finanziamento ai partiti, dicono che questo governo che non avremmo voluto, retto da una maggioranza innaturale, può fare cose utili. Rileggendo questi provvedimenti di una cosa sono convinto: sono tutti concreti e guardano all’interesse generale e soprattutto in essi non esiste nessun cedimento sui principi e i valori che abbiamo rappresentato.

La vicenda Kazaka, in questo quadro, e’ gravissima, nessuno di noi l’ha nascosto, abbiamo preteso subito chiarezza su ciò che era avvenuto, non abbiamo sottovalutato nulla, abbiamo richiamato i ministri competenti alle proprie responsabilità, chiesto e ottenuto una riorganizzazione degli apparati che hanno consentito questa umiliazione per il Paese. Certo abbiamo votato contro la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni prima ancora di ascoltare la , pur insoddisfacente, relazione del capo della polizia sugli avvenimenti, con un evidente intento politico. Ma abbiamo anche detto, presidente Letta in testa, che la vicenda non è’ chiusa, serve fare piena luce, serve farsi carico del destino delle due donne espulse e non abbiamo nascosto le responsabilità di Alfano invitandolo più volte, anche in aula, alle dimissioni. Con tutto questo, mi permetta caro Giunti, richiamare la storia della nipote di Mubarak e’ sbagliato e ingeneroso. Comunque la si pensi nessuno qui ha raccontato favole, e, tanto meno, il parlamento ha assolto qualcuno dalle proprie responsabilità, se fosse stato così avrebbe ragione lei ma, credo, che molti di noi non avrebbero, in coscienza, coperto una vicenda inaccettabile.

Chiedendo scusa per la lunghezza e rispettando molto le sue opinioni e il ruolo che Liberta’ e Giustizia ha sempre avuto nel richiamare tutti al rispetto della legalità e dei valori costituzionali, le chiedo di essere certo che quello che facciamo, anche sostenendo questo governo, lo facciamo convinti di poter così fare l’interesse delle persone e delle famiglie che vivono condizioni difficili e del Paese. Possiamo sbagliare ma il riconoscimento delle ragioni reciproche e’ alla base di ogni confronto e di ogni costruzione comune.

Cari Saluti
* Franco Mirabelli è senatore Pd

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