Bersani tenga duro, e ci libereremo di questo “fascistume manettaro”

22 Ago 2012

Sandra Bonsanti, giornalista ed ex parlamentare, nonché promotrice dell’associazione Libertà e Giustizia, prende le difese di Gustavo Zagrebelsky lamentando la violenza (?) delle critiche a lui rivolte e contemporaneamente, con grande sobrietà, sostiene che i critici dell’ex presidente emerito della Corte sono tutti stalinisti. Stalinista Violante, stalinista Macaluso, stalinista il giovane Claudio Sardo, direttore dell’”Unità”. Con altrettanta sobrietà Di Pietro, sempre sul “Corriere”, sostiene che gli ex amici del Pd sono traditori.

Questo accade nei giorni in cui è in pieno svolgimento una campagna stampa con raccolta di firme per sostenere che il capo dello Stato attacca la magistratura di Palermo e che nasconde la verità sulla trattativa stato-mafia. La situazione è ormai fuori controllo e predomina il sospetto. I difensori del Quirinale vedono nell’attacco a Napolitano un progetto politico ambizioso costruito dalla galassia giustizialista. Questi ultimi vedono connivenza con il malaffare da parte dei sostenitori del Presidente. Un giornale si è spaccato, “La Repubblica”, il mondo che ruotava attorno al cosiddetto partito dei giudizi è andato in frantumi, il centro-sinistra ha perso un pezzo, Di Pietro. Sono volate parole grosse.

Le abbiamo lette anche nei post di questo giornale in cui ho scoperto che c’è gente che vorrebbe usare la maniera forte verso chi la pensa diversamente o ha un’età diversa da quella dei finti giovani che fanno i pasdaran della procura di Palermo. Questo scontro finirà quando le parti in causa prenderanno laicamente atto che non c’è più possibilità di dialogo e che da “conviventi” si è passati allo statuto di “avversari”.

Un avversario lo si può persino stimare, ma resta un avversario. C’è stato un pezzo di sinistra che ha pensato a lungo di fare le nozze con i fichi secchi mettendo assieme la sinistra con i giustizialisti in nome del nuovismo palingenetico. L’anti-berlusconismo è stato il collante di tutto questo. Oggi sul “Corriere” Di Pietro, per rinverdire l’antica battaglia, sostiene che “Monti è un Berlusconi rivestito a festa”. Ridicolo! È del tutto evidente che per questo mondo è difficile staccarsi dal passato e soprattutto dalla tentazione di descrivere il nuovo avversario (il centro-sinistra, Monti, Napolitano e tutti quelli che non pensano che Ingroia sia un genio), con gli stessi epiteti e la stessa violenza dedicata al Cavaliere. Quest’ultimo si crogiolò nella guerra civile orale. È un tempo, appena passato, che andrebbe dimenticato.

Io non ho partecipato a quella rissa e fatico a trattenermi in questa. A chi non sa rinunciare a questo clima di guerra bisognerebbe dire: “volete la guerra? Fatevela da soli”. Un po’ come per il grande amore. Lasciato il mondo giustizialista ai suoi fantasmi, alle sue contumelie, ai suoi riti, l’altro mondo politico, finalmente liberato dal fascistume manettaro, potrebbe dedicarsi ai problemi dell’Italia sapendo di avare all’opposizione un’area politico-parlamentare- giornalistica agguerrita senza essere un santuario morale. La pensano diversamente da noi, ma non hanno particolari meriti né per quello che hanno fatto né per quello che dicono.

Il caro Michele Fusco può rammaricarsi per questa mia posizione. Ma se dedicherà un po’ di attenzione alle cose che scrivo scoprirà che nell’avversione radicale verso il mondo giustizialista, che vedo ricambiato da post ingiuriosi e tecnicamente fascisti, c’è un rispetto verso chi ha saputo costruire prodotti giornalistici, carriere e ora fortune elettorali. Solo che preferisco pensare al fatto che noi e loro siamo mondi distanti. La lettura dei periodi di crisi delle nostre democrazie mi offre tanti elementi per scoprire analogie di linguaggio fra chi esalta la giovinezza, la pulizia etnica contro i comunisti, neo o post, i proclami dei magistrati e mondi di destra. Se Bersani tiene duro, questa volta si volterà pagina rispetto agli anni confusi del post 89.

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